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Coronavirus, l’ennesima emergenza

In questo periodo di “emergenza Coronavirus” e di quarantena di massa siamo subissati da un profluvio mediatico monotematico che ci riversa addosso valanghe di numeri, discutibili e interpretabili, e pareri di “esperti”, altrettanto discutibili che, in coro ci dicono che dobbiamo assolutamente rispettare le scelte governative. Un pensiero unico che ci garantisce la bontà di tali scelte (“contenimento”) e del dovere di essere “responsabili”, obbedendo ai decreti e alle ordinanze di emergenza.

 

Per il bene supremo della vita della popolazione. Lo story telling mediatico pretenderebbe che la “emergenza Coronavirus” sia una novità assoluta, una cosa mai vista prima e, probabilmente il virus in se, il cosiddetto Covid19 lo è. Un po' meno nuovo è invece l’uso politico che si sta facendo in molti paesi del mondo, tra cui (per non dire in primis) l’Italia, dellemergenza sanitaria e del suo uso eminentemente politico ed in subordine economico. Ci riferiamo alla limitazione delle libertà fondamentali e allo stato di emergenza. Stiamo dichiaratamente seguendo il “modello cinese”.

Sì, perché, nel rutilante caleidoscopio mediatico, si potrebbe anche dimenticare il contesto politico. La democrazia. Proviamo, molto sommariamente, a tratteggiarlo. Perché l’Italia è un Paese dove la repressione e l’autoritarismo sono parti integranti della sua storia. Anche recente.

Nel Paese nato da una guerra di conquista , si sperimentò la prima legge speciale del neonato regno d’Italia: la Legge Pica. Leggi speciali che, sia detto per inciso, sarebbero sopravvissute a fascismo e repubblica, giungendo sino a noi ulteriormente perfezionate e rinforzate. come per esempio i famigerati “reati associativi” art.270cp che in epoca repubblicana hanno conosciuto una bulimia sconosciuta in precedenza. E sono solo un esempio.

Un paese che ha avuto l’Inquisizione (motivata dalla difesa della chiesa dalle eresie)

Un paese che nella prima metà del 900 ha avuto le leggi razziali, (a sostenerle un’altra motivazione “forte”: la difesa della razza) e che nella seconda metà del 900 è stato vittima della strategia della tensione, delle stragi di stato e delle bombe nelle piazze e sui treni (per combattere il virus del comunismo). E di conseguenza: leggi speciali, carceri speciali, il 41bis, fino a configurare quello che alcuni cominciano a definire il “Diritto penale del nemico”

Fino ad arrivare ai recentissimi “pacchetti sicurezza” di Minniti e poi Salvini, che creano non pochi dubbi di costituzionalità.

Istituzioni, leggi e apparati degli stati che, con la nobile scusa della difesa e della protezione da qualcuno o da qualcosa, hanno dapprima derogato alla normalità (emergenza) e poi si sono abbandonati alle più abbiette nefandezze. Sempre, ovviamente, coi più nobili motivi. Per la difesa delle istituzioni e dello stato si diceva. E si dice ancora, talvolta con l’aggiunta dell’aggettivo “democratico”. E, sia detto di passata, anche le SS erano “squadre di protezione”

Volendo allungare un po' lo sguardo noteremmo che, noi occidentali, sono almeno 5 secoli che organizziamo invasioni, guerre e genocidi invocando sempre i più nobili motivi e, sempre, la difesa di qualcosa, che sia la religione, la razza, la civiltà, la pace, i motivi umanitari , più recentemente, l’esportazione della democrazia.

Storicamente abbiamo sempre dovuto proteggerci da qualche terribile minaccia: i barbari, gli stati nemici, le religioni sbagliate, le streghe, gli eretici, gli ebrei, gli anarchici, i socialisti, il comunismo e quant’altro. E sempre il genere umano ha ritenuto giusto e doveroso lo sterminio purificatore con ordalie, esecuzioni, torture roghi e guerre di cui è piena la storia.

Senza dimenticare le istituzioni totali contro i diversi, i pazzi, i poveri, gli oziosi e via dicendo, visto che tali meccanismi di esclusione e violenza si manifestano anche nella società “esterna”. E anche nel recente passato i mostri, i nemici, gli spauracchi non sono mancati. Al contrario, sono aumentati, così come è aumentato il potere dei media.

I “mostri” hanno cambiato nome, così come i motivi, ma i pericoli e la paura sono sempre gli stessi. Per giustificare, per esempio, le bombe contro Saddam, e poi le “guerre umanitarie contro Milosevic, e le bombe “democratiche contro Geddafi.

E sono state di nuovo altre paure a giustificare la “guerra infinita” contro il terrorismo islamico. Dimenticando le responsabilità del colonialismo e la geopolitica del petrolio, militarizzando ulteriormente l’Occidente e erodendo ulteriormente la democrazia e i diritti. E poi ancora la paura dello “spread” per condizionare il comportamento di masse e governi. Una trappola ideologica per fomentare paura e quindi giustificare le misure shok per distruggere il welfare dei popoli dell’Europa.

Il panico (razzista) fomentato ad arte per farci odiare gli immigrati e renderli eterni capri espiatori dalla droga alla delinquenza. E adesso è giunta l’emergenza Coronavirus. Vi erano già state altre emergenze sanitarie , ma mai erano state prese, specie in alcuni paesi, misure così liberticide e autoritarie.

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E ora focalizziamoci su di noi. In Italia.

Viviamo in un paese in cui, negli ultimi decenni le leggi speciali, e la decretazione d’urgenza sono divenute pratica di governo normalizzata e accettata.

Un paese che pochi anni or sono è stato condannato per tortura da una corte internazionale e poi anche per la gestione (“inumana”) delle carceri.

Viviamo in un paese dove il dissenso viene tradizionalmente, da secoli, criminalizzato e perseguito e dove, ancora nel presente, possono essere perseguiti gli attivisti, persino quelli che cercano unicamente di salvare vite umane. Possono essere perseguiti i giornalisti, anche quelli molto famosi, gli insegnanti, gli scrittori, gli artisti premi nobel (che in Italia la polizia talvolta irrompe a teatro e li arresta in scena), i professori dissidenti, che vengono denunciati (e talvolta anche condannati, alla multa e alla galera) e anche i giornalisti .

Un paese dove persino i semplici cittadini, illustri signor nessuno, se osano criticare un politico vengono “attenzionati” dalle forze dell’ordine, e dove i siti di informazione indipendente vengono minacciati di oscuramento, come recentemente accaduto al sito Byoblu .

Un paese dove gli avvocati possono finire (come già accaduto) in galera e dove i teoremi accusatori basati sul niente possono provocare massive denunce, perquisizioni, carcerazioni preventive e processi. Paradigmatico il caso del “processo 7 Aprile” . Ma è solo uno tra i tanti.

Un paese dove siamo arrivati al punto che, contro la stretta repressiva degli ultimi anni si è levata perfino, tra le numerose altre, la voce di un presidente emerito della Corte Costituzionale, e dove gli analisti parlano apertamente di un “diritto di polizia” giustificato (si fa per dire) dalla continua, reiterata emergenza.

Un’emergenza infinita, come osserva qualcuno, e che artisti come Elio Petri e Gian Maria Volontè hanno magistralmente trasposto nella settima arte. Insomma un paese in cui qualsiasi tipo di dissenso, anche minimo, può essere perseguito dal potere e dove in un futuro non troppo lontano l’unica informazione possibile potrebbe essere quella “certificata” dallo stato, e più precisamente dalla sua polizia

Una polizia sempre più onnipotente a causa dell’emergenza.

 

Un paese la cui democrazia è nata dalle bombe e dalla guerra civile della II GM, poi la strage di Portella della Ginestra, poi gli anni di piombo, poi la lotta alla mafia, poi tangentopoli, poi l’emergenza terrorismo globale post 11 settembre,con pesanti ricadute anche in Italia, poi l’emergenza anarco insurrezionalista (un sempreverde), poi l’emergenza migranti. Il tutto, tanto per non annoiarsi, inframezzato da varie psicosi mediatiche globali eterodirette dai media come per esempio l’invasione dell’Iraq per il petrolio mascherata da “esportazione della democrazia” oppure lo spauracchio dello spread per far obbedire o cambiare un paio di governi europei (quello Greco e italiano) all’epoca dell’ultima crisi finanziaria.

Insomma, in Italia abbiamo una “emergenza” che dura da almeno 40 anni senza soluzione di continuità http://www.osservatoriorepressione.info/italia-in-emergenza-da-quarantanni/

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Questo, molto sommariamente, il contesto.

Poi arriva lui: il terribile virus. La dichiarazione di “pandemia”! Planetaria, dice l’OMS, seguito a ruota dal governo. E si crea una situazione (politica) che stravolge completamente ogni ordine precedente. Ha inizio un vortice di accadimenti di proporzioni inimmaginabili fino a poco prima.

Dalla sera alla mattina, un decreto d’urgenza impone una specie di coprifuoco di massa e l’esercito per le strade.

La paura è tangibile. I motivi, ci ripete il circuito informativo mainstream, sono di vita o di morte . Il pericolo di contagio è altissimo. I toni sono sempre esasperati. Assalti ai supermercati, mascherine e alcol introvabili. Posti di blocco ovunque. La nuova parola d’ordine è “Coronavirus”( l’OMS la definisce “pandemia” e potrebbe causare milioni di morti in tutto l’orbe terracqueo).

All’inizio di aprile peraltro, le vittime globali del Coronavirus, fortunatamente, non sono che poche decine di migliaia (circa 43 mila al 1 aprile) e in prevalenza anziani e/o con gravi patologie pregresse. I decreti invece si susseguono a ritmo incalzante, addirittura annunciati prima che si promulghino. Parallelamente a ciò, da settimane, ininterrottamente, h24, tv, radio e giornali, ci bombardano con una valanga di numeri, pareri di esperti, dichiarazioni di politici e immagini di polizia ed esercito, così da far scivolare tutta la popolazione nel panico per in contagio e nella paura di morire o di perdere i propri cari.

Si può dire che oggi in Italia (e non solo) si vive nella dimensione della paura. Coronavirus. Non si parla e non si pensa ad altro. Ossessivamente, come forse mai successo, per qualsiasi cosa, in qualunque altra epoca storica. Qualsiasi altra cosa viene dopo. Una paura come mai prima. Paralizzante, nel vero senso della parola.

Uscire di casa è sostanzialmente vietato, sebbene nella pioggia di decreti soprattutto nei primi, tale parola non compaia mai espressamente; piuttosto si “invita”, la cittadinanza, con un eufemismo affettatamente gentile ed educato, a non uscire di casa, sotto pena, qualche parola più avanti, di arresto e 200 euro di multa, elevata poi, con successiva decretazione d’urgenza, fino a 3mila.

Ma sembra che la paura sia sufficiente a indirizzare i comportamenti verso quell’ “agire responsabile” che viene richiesto dal governo. E peraltro c’è chi invoca addirittura una maggiore durezza.

Un altro gentile invito a comportarsi “responsabilmente” viene dai controlli a tappeto di polizia ed esercito schierati h 24 nelle strade, multe e denunce, negozi chiusi, strade deserte, auto della polizia che pattugliano lentamente, passanti che si muovono solitari e masche(rina)ti. File all’inglese rispettose di precedenze e distanze come in Italia non si erano mai viste. Sembra un film anche se non ci è ancora ben chiaro il genere.

In Italia si contano, a causa del coronavirus, al 1 aprile, circa 12500 vittime, quasi tutti in età molto avanzata. Ma il paese, per “contenere” il contagio, viene bloccato per decreto e posto in stato di emergenza. Dal 31 gennaio e per sei mesi. Prorogabili. L’economia rischia il disastro.

Il parlamento è praticamente chiuso. L’opposizione politica non osa criticare più di tanto la linea dell’esecutivo, il presidente della repubblica si rivolge a Italia ed Europa e invita all’unità nazionale, come fossimo in guerra. L’ Unione Europea, d’altro canto, è divisa e manifesta ben poca solidarietà tra gli stati.

Anche nel discorso pubblico la metafora bellica è usata ed abusata. “Siamo in guerra”, ci ripetono. Anche se il nemico è invisibile, mutante e difficilmente conoscibile. La sola cosa certa è che dobbiamo chiuderci in casa e uscire il meno possibile. Non si sa per quanto. Forse una “guerra infinita”, (G. Chiesa) come quella al terrorismo iniziata l’11 settembre.

In questa nuova guerra al virus la parola d’ordine “contenimento”. Per settimane. Forse mesi. Di anni non si è ancora parlato. Ma cosa non saremmo disposti ad accettare, vista la paura quotidiana in cui viviamo.

 

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La paura è la più forte leva per condizionare il comportamento delle persone. Lo disse Goring a Norimberga, e ce lo ricordò Cossiga, per non voler scomodare Machiavelli o Hobbes. Paura che viene utilizzata ancor oggi dai governi di tutto il mondo, e che può essere facilmente indotta dai moderni enormi apparati comunicativi, sia di stato che delle multinazionali globali e che secondo alcuni analisti più che paura di un’epidemia è la paura dello spettacolo di un’epidemia.

Uno spettacolo e una paura da cui invece dovremmo tenerci alla larga. «L'unica cosa di cui aver paura è la paura stessa», disse Franklin D. Roosevelt nel pieno della grande Depressione. Ma purtroppo essa giova agli esecutivi, specie a quelli deboli e in cattiva salute, come era il nostro il nostro, e che invece, grazie alla pandemia, ritrova piena salute. Essi salgono nei sondaggi (con il premier addirittura oltre il 60% di gradimento) e ricevono attestati di stima da altri campioni di democrazia come per esempio Trump, e possono quindi ulteriormente farsi forti di misure apertamente populiste come sussidi a pioggia, tessere per la spesa dei più indigenti, “helicopter money” e quant’altro.

Passeggiare da soli nel parco è vietato ma ci danno i soldi o i buoni per fare la spesa.

Una specie di moderna versione di quel “paternalismo autoritario” magistralmente descritto oltre un secolo e mezzo fa da Alexis de Tocqueville.

E senza, tra l’altro, spiegare dove esattamente prenderanno tutta questa montagna di miliardi di cui parlano.

Magari nel modo più classico e semplice ovvero aumentando il già enorme debito pubblico. E magari per il tramite del MES, con le conseguenti condizionalità della Troika, come vorrebbe qualcuno nel governo e precipitando così il paese dal disastro direttamente all’inferno. Come la Grecia e il “grande successo dell’euro”, nelle indimenticabili agiografiche parole di Mario Monti.

E tutto ciò mentre si annuncia il disastro economico e presumibilmente il crollo del gettito fiscale.

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E non è solo l’esecutivo italiano a rinvigorirsi con l’emergenza/guerra al coronavirus.

Anche altri leader europei, seppure con metodi più rispettosi delle forme democratiche (ovvero il passaggio parlamentare, che qui non c’è stato), adottano i pieni poteri.

E’ il caso dell’Ungheria di Orban dove, come scrive Internazionale, “c’è chi ne approfitta, nascondendosi dietro il coronavirus per rafforzare il proprio potere in modo inquietante”.

E’ il solito doppio standard che ci impedisce di essere obiettivi.

Quando sono gli “altri” a comportarsi come noi, allora si che c’è libertà di stigma e di indignazione e si può apertamente parlare di “dittatura” e autoritarismo. Quando invece è il “nostro” esecutivo ad arrogarsi il diritto di proclamare e gestire lo stato d’emergenza per decreto, senza minimamente coinvolgere il parlamento, nonché limitare, sempre per decreto, alcune libertà fondamentali, allora non c’è problema democratico perché la suprema legge dello stato è la salute pubblica, il cosiddetto “contenimento” del contagio.

Così dice il nostro mainstream informativo, per esempio Ezio Mauro (La Repubblica 1 aprile) dove il timore di uscire di casa e rischiare 3mila euro di multa viene definito “soggezione volontara” e dove, relativamente al presente stato di eccezione, si sostiene che “nessuno da noi teme un abuso di potere”.

Ecco, su questa frase messa li come un’ovvietà, nell’elzeviro di uno dei maggiori quotidiani italiani, noi ci permettiamo di avanzare qualche serio dubbio. E nutriamo la speranza, anche in questo silenzio assordante di pensiero unico e monotematico, di non essere i soli.

E’ una speranza forse disperata ma, come ebbe a scrivere Walter Benjamin, “è solo a favore dei disperati che ci è data la speranza”. E quei disperati oggi siamo noi. Oggi come ieri. Come sempre.

(tutto scritto minuscolo, anche se non sono riuscito a modificare i caratteri)

 

 

 

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