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Corea del Sud: McDonald’s caccia lavoratrice per la sua attività sindacale

Il 15 settembre 2014 è stato l’ultimo giorno di lavoro di Gahyun Lee. Impiegata nel punto vendita di Yeokgok, nella provincia di Gyeonggi (Corea del Sud), si è resa "colpevole" di aver solidarizzato con le lavoratrici ed i lavoratori delle imprese fast food

Che, al di là dell’Oceano Pacifico, avevano organizzato una giornata di protesta nazionale negli U.S.A., proprio nei primi giorni del mese di settembre.

I dirigenti del punto vendita già precedentemente l’avevano avvertita: qualche mese fa, infatti, aveva ricevuto una telefonata dal quartier generale della McDonald’s in cui le si contestava l’attività sindacale svolta nel mese di maggio, quando aveva denunciato i bassi salari, la manipolazione dei turni di lavoro e la scarsa attenzione alla sicurezza sul posto di lavoro. Gahyun Lee era intervenuta ad una manifestazione in sostegno ai lavoratori che in tutto il mondo lavorano per le catene del fast food.

Il 15 settembre ha così probabilmente pagato lo scotto della sua attività a tutela dei suoi colleghi e delle sue colleghe, indipendentemente da dove si trovi il punto vendita (che sia la Corea del Sud, gli U.S.A. o altro). I dirigenti, difatti, non hanno fornito alcuna spiegazione per l’interruzione del contratto. Invece, hanno preferito dire a Gayhun di fare nuovamente richiesta di assunzione. Ovviamente, la domanda è stata rifiutata.

Oggi, la storia è venuta alla ribalta poiché la Arbeit Workers’ Union, che organizza per lo più lavoratori "precari" sta promuovendo una campagna per la sua riassunzione (e non per il mero indennizzo economico, alla faccia di quelli che l’articolo 18 è roba solo per i "garantiti"!) e cerca di dare visibilità al suo caso. Ma, chiaramente, non si tratta solo della vicenda di Gahyun Lee: tra le rivendicazioni ci sono infatti il riconoscimento del diritto all’attività sindacale ed alla rappresentanza.

Questo articolo è stato pubblicato qui

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