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Contro l’insegnamento della religione cattolica nella scuola pubblica

Argomentare in difesa dell’insegnamento della religione cattolica nei licei è impresa disperata. Ogni tanto qualcuno ci si dedica e merita rispetto. Si sostiene che l’Irc sia una materia come tutte le altre, senza spiegare perché allora sia facoltativa e priva di voti, riparazioni e bocciature. Si sostiene sia un’attività culturale, ma anche le credenze, i riti e i miti religiosi, in senso antropologico, sono cultura, eppure a scuola dovrebbero trovare posto solo come oggetto di distaccato studio critico. Si sostiene sia disciplina propedeutica allo studio delle altre materie, eppure chi insegna si accorge che è vero proprio il contrario e che quel poco che gli studenti sanno del pensiero e della storia religiosi lo devono spesso alle altre materie.

Si sostiene non sia catechismo (così, da ultimo, il direttore di “Avvenire” Tarquinio in risposta a mie diverse perplessità), ma non si capisce in che senso. Secondo i programmi ministeriali l’Irc “risponde all’esigenza di riconoscere… il contributo che i principi del cattolicesimo offrono alla formazione globale della persona e al patrimonio storico, culturale e civile del popolo italiano”. Ebbene, a rigore il catechismo è proprio “l’insieme dei princìpi della dottrina cattolica”: difficile pensare di affrontare i contributi storici ignorando i principi stessi. Piuttosto non è chiaro quali significativi elementi del patrimonio storico, culturale e civile non siano già oggetto di altre discipline scolastiche specialistiche e necessitino di questa singolare trattazione supplementare.

Si potrebbe obiettare che il catechismo tipicamente prevede programmi stabi­liti dalla gerarchia cattolica, insegnanti esclusi­vamente cattolici, formati, valutati e autorizzati dalle autorità cattoliche, talvolta anche alla luce della loro morigeratezza privata. Ma esattamente lo stesso si può dire dell’Irc. Si potrebbe precisare che il catechismo è tipicamente fideistico, apologetico e proselitistico. Ora, stando ai programmi ministeriali, sembra che anche l’Irc debba esserlo assolutamente. Vi si trattano “la relazione tra Dio e l’uomo”, “la persona e l’opera di Gesù Cristo”, “la sua relazione con Dio”, “l’evento centrale della nascita, morte e risurrezione di Gesù Cristo”. Mentre i contributi della religione, di quella cattolica in particolare, alla persona e alla collettività vi appaiono tutti positivi e vanno in direzione dello sviluppo, della comprensione, del dialogo, della pace e della tolleranza. Si prevede anche lo studio di qualche vicenda e testo storici ma, attenzione, solo “applicando i corretti criteri di interpretazione”.

I criteri consistono, a quanto pare, in faziosità, scelte arbitrarie, censure, dissimulazioni, interpretazioni creative, valutazioni interessate, giudizi devoti ecc. Facile capire come, lungi dall’aumentare le conoscenze degli studenti, l’Irc risponda allo scopo di blandire la suscettibilità di tanti credenti a qualsiasi approccio scientifico e documentato alla religione, e spesso non solo alla religione. In questo senso, ahimè, è senz’altro vero che contribuisce alla formazione civile del popolo italiano.

Andrea Atzeni
Docente e attivista del circolo UAAR di Varese

Questo articolo è stato pubblicato qui

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