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Contratto di Governo: luci e ombre

Al termine del tortuoso percorso di negoziazione seguito al voto del 4 marzo scorso la Lega e il Movimento Cinque Stelle hanno concluso il contratto di governo che si appresta a fungere da timone per il nascituro esecutivo.

di Andrea Muratore

Il contratto è il punto di incontro tra le visioni politiche di due partiti che buona parte dei media e dei commentatori, specie in campo internazionale, rubricano come “populisti” e “antisistema”, ma che di fatto sono portatori di istanze notevolmente diverse e hanno costruito un consenso espressione di due elettorati non omogenei al loro interno ma, sicuramente, difficilmente sovrapponibili.

Il radicamento della Lega è imperniato nel Nord Italia dei distretti industriali, specie tra la Lombardia, il Veneto e il Friuli roccaforti del Carroccio, dove ha prevalso la linea del centrodestra basata su pesanti agevolazioni fiscali (flat tax innanzitutto), più attenzione alla sicurezza e sostegni diretti alle famiglie, ma sta progressivamente prendendo piede anche nel resto d’Italia, con la Lega attenta a consolidarsi come attrattore del voto conservatore e più marcatamente di destra rimasto di fatto orfano dopo lo scioglimento di Alleanza Nazionale.

Il Movimento ha invece costruito un consenso che si è sviluppato sulla duplice direttrice del voto generazionale, basato primariamente sugli elettori di giovane età, e dell’egemonia nelle regioni meridionali ove è stata nettamente punita la classe politica espressione dei partiti tradizionali e garantita un’enorme opportunità ai pentastellati, che hanno prevalso a valanga in quasi tutti i collegi uninominali.
Con queste premesse, un accordo sui temi da implementare risultava a dir poco ostico: il “contratto” frutto di continue negoziazioni tra Matteo Salvini, Luigi Di Maio e i rispettivi staff rispecchia, nei suoi contenuti fondamentali, la sostanziale differenza tra le due formazioni che si accingono a divenire partner di governo.

Di seguito, analizzeremo in maniera oggettiva luci e ombre del “manifesto” gialloverde sotto il profilo della fattibilità politica ed economica: lungi dal voler adottare i toni allarmisti di una fetta importante del mondo informativo italiano, cercheremo di fare luce sulla fattibilità e sulla consistenza delle proposte inserite nel contratto di governo e analizzeremo la loro utilità per l’interesse generale di fondo del sistema Paese.

FORNERO, FLAT TAX E REDDITO DI CITTADINANZA: LA DIFFICILE COMPLEMENTARIETÀ
Per entrare subito nel vivo, è opportuno iniziare dall’analisi sinottica delle tre proposte fondamentali della politica economica del futuro governo: Lega e Movimento prevedono la coesistenza complementare delle loro proposte economiche maggiormente popolarizzate, la flat tax e il reddito di cittadinanza, e concordano sul superamento della cosiddetta “riforma Fornero” sul tema pensionistico. Partiamo dalle prime due misure.

Data la difficoltà di una stima ex ante, non vogliamo imbottigliarci nel gioco dei numeri e pronosticare i costi di un’implementazione ma preferiamo focalizzarci su un dato di natura pragmatica e politica: le due misure, infatti, rispondono a logiche contrastanti, dato che si punterebbe, da un lato, a ipotizzare il “ritiro” dello Stato nel campo dell’imposizione fiscale in modo tale da stimolare un accrescimento dell’attività d’impresa privata e, indirettamente, recuperare il gettito dell’evasione e, dall’altro, prendere atto della difficoltà insita nel sistema economico e provvedere con un sostegno alle carenze del mercato del lavoro. Ironia della sorte, per condurre in porto il loro progetto, Lega e Cinque Stelle hanno dovuto, fondamentalmente, snaturare le loro misure: la flat tax rimane di fatto tale solo di nome (in quanto strutturata su due aliquote al 15 e al 20%), mentre il reddito di cittadinanza si risolve in un generico impiego a rafforzare i centri per l’impiego e a un aggiornamento del sistema del sussidio di disoccupazione.

Lega e Movimento Cinque Stelle si muovono nel solco tracciato dall’ideologia neoliberista e seguono il suo approccio economico non garantendo l’adeguata centralità al tema del lavoro: giudichiamo positivamente, sotto questo punto di vista, la volontà di provvedere all’introduzione di una legge sul salario minimo ma constatiamo la scarsa volontà di procedere al superamento del Jobs Act, provvedimento che ha generato una vera e propria catastrofe occupazionale e una istituzionalizzazione del precariato e il cui smantellamento avrebbe dovuto rappresentare una priorità assoluta. Il distacco dal nuovo asse di governo di Pasquale Tridico, Ministro del Welfare previsto da Di Maio nel suo “governo ombra” e personalità assolutamente competente in materia di lavoro, segnala tutto il rammarico causato dalla mancanza di azioni incisive in materia di lavoro.

Sicuramente più fattibile (e auspicabile) del difficile connubio flat tax-reddito di cittadinanza è il previsto superamento della Legge Fornero sulle pensioni e l’introduzione della cosiddetta “quota 100”: le distorsioni nel sistema pensionistico nazionale sono evidenti, e una correzione è doverosa, non fosse altro che per le sue ripercussioni occupazionali. In ogni caso, nel programma di governo un tema tanto delicato avrebbe meritato garanzie e dettagli maggiori, e resta fortemente nel vago a cosa Salvini e Di Maio puntino laddove mettono per iscritto il loro auspicio di “separare previdenza e assistenza”.

L’ITALIA NEL MONDO: TUTTO COME PRIMA (O QUASI)


Sotto il profilo del posizionamento internazionale di Roma, invece, non ci saranno scossoni: l’Italia ribadirà la sua fedeltà all’Alleanza Atlantica, che lo stesso Di Maio ha espresso per il Movimento e l’onorevole Picchi sottolineato per la Lega, mentre in campo europeo sono previste azioni tanto complesse ad articolate da rendere quasi trascurabile il loro inserimento nel contratto. La revisione multilaterale dei trattati, regolamenti di Dublino in primis, rappresenta una procedura estremamente complessa che difficilmente potrebbe essere avviata da una coalizione di Paesi incentrata su un’Italia destinata ad essere guardata a vista nei prossimi anni.

Come scritto da Francesco Bechis su Formiche, inoltre, l’ambasciatore statunitense a Roma, Lewis Eisenberg, in un recente convegno a Villa Taverna ha voluto ammonire circa la prospettiva di un’Italia capofila dell’apertura politico-economica alla Russia contraddicendo nelle sue dichiarazioni la percezione generale circa l’impatto negativo delle sanzioni che Lega e Movimento puntano a rimuovere sull’economia italiana.
Sul fronte dei rapporti con l’altra grande potenza planetaria, la Cina, se da un lato è trasparsa la volontà di opporsi al riconoscimento dello status di economia di mercato per la Repubblica Popolare in campo europeo, dall’altro affiora lo stimolo di portare avanti adeguati investimenti infrastrutturali per potenziare la rete portuale e ferroviaria, puntando a valorizzare il ruolo strategico dell’Italia che “per la sua collocazione geografica al centro del Mediterraneo rappresenta la naturale cerniera di collegamento per i traffici provenienti dall’Estremo e Medio Oriente verso l’Europa”. La Nuova via della seta non è menzionata, ma la percezione esiste: gli ultimi governi hanno investito notevolmente nell’approfondimento della relazione con Pechino, e il prossimo esecutivo avrà il compito di promuovere un adeguato sviluppo infrastrutturale per accogliere un’opportunità storica. Attendiamo proposte e iniziative concrete per giudicare Lega e Movimento oltre le mere dichiarazioni d’intenti.

VINCOLO DI MANDATO: IL RISCHIO MAGGIORE LEGATO AL “CONTRATTO”
Vogliamo qui rivolgere una dura e incisiva critica a una proposta inserita nel contratto di governo che potrebbe causare ripercussioni notevoli sul sistema politico italiano nel lungo termine. La volontà dichiarata di inserimento del vincolo di mandato nel sistema istituzionale appare una scelta di rottura a dir poco criticabile. Il che significa modificare l’articolo 67 della Costituzione. Il che a sua volta comporta – in base all’articolo 138 della stessa – l’eventualità di un referendum confermativo in caso la legge di revisione costituzionale non venga approvata dalla maggioranza dei due terzi dei voti validi.

Il vincolo di mandato semplicemente non funziona come concezione in quanto non rappresenta una soluzione al “crescente fenomeno del trasformismo” evocato nel contratto, ma bensì il presupposto per un controllo ancora più capillare, verticistico e pervasivo dei vertici dei partiti sui gruppi parlamentari, che di fatto si ritroverebbero, quando già non lo fossero, a vere e proprie pedine. Uno stimolo alla riduzione dell’esecrabile fenomeno dei ripetuti “cambi di casacca” in Parlamento non può non passare, in primo luogo, attraverso un rafforzamento dei regolamenti di Camera e Senato. Salvini e Di Maio pensano ancora in ottica di “partito del leader” a vocazione maggioritaria: la Seconda Repubblica è finita, ma per ora la Terza può attendere.

ALCUNI SPUNTI POSITIVI
La principale debolezza dell’accordo di governo tra Lega e Movimento Cinque Stelle è la sua difficoltà ad inserirsi in un quadro politico più ampio e sfuggire alla dimensione contingente: impresa ardua, dato che, come detto, i due partner attuali guardano a elettorati, bacini di consenso e blocchi sociali completamente differenti.

Nel contesto del “contratto”, in ogni caso, si possono comunque cogliere alcuni spunti positivi per provvedimenti che, se messi in atto, potrebbero contribuire a miglioramenti non secondari in alcuni campi di elevata importanza sociale.
In primo luogo, fondamentale è la dichiarazione di intenti in materia scolastica che prevede il completo smantellamento della cosiddetta “Buona Scuola” e delle assurdità ad essa connesse, dall’incremento sproporzionato del potere dei dirigenti scolastici attraverso il meccanismo della “chiamata diretta” alla pratica, nel migliore dei casi ingombrante e nel peggiore deleteria, dell’alternanza scuola-lavoro.
Segnaliamo poi, in una materia contigua all’istruzione, il proposito di introdurre un Ministero per le Disabilità e rafforzare gli investimenti destinati alle strutture per le persone portatrici di handicap e alla loro inclusione sociale.

Di rilevanza non secondaria è anche la volonta del governo di calare la scure sul gioco d’azzardo, limitandone con decisione ogni possibile meccanismo di proliferazione, attraverso una strategia basata su: “divieto assoluto di pubblicità e sponsorizzazioni; trasparenza finanziaria per le società dell’azzardo; strategia d’uscita dal machines gambling (Slot machines, videolottery) e forti limitazioni alle forme di azzardo con puntate ripetute”.

Infine, la questione delle banche: ha fatto scalpore la dichiarazione contenuta nel contratto di governo di “provvedere alla ridefinizione della mission e degli obiettivi dell’istituto di credito in un’ottica di servizio” con riferimento al Monte dei Paschi di Siena. MPS, in altre parole, potrebbe restare in mano pubbliche e potrebbe assolvere senza difficoltà al ruolo della banca per gli investimenti e lo sviluppo dell’economia e delle imprese italiane che oggi è de facto portato avanti da Cassa Depositi e Prestiti ma che Salvini e Di Maio intenderebbero affidare ad un organismo terzo. Che MPS resti in mano pubbliche, in ogni caso, appare eventualità più che mai doverosa.

CONCLUSIONE
Concludendo, dopo aver analizzato luci e ombre del “contratto” di governo, non si può non rilevare un vulnus di fondo che rischia di pregiudicare l’azione del nascente esecutivo: questo contratto, di fatto, si basa su un accordo, decisamente ampio, di intenzioni, ma Lega e Movimento Cinque Stelle non hanno individuato una serie più ristretta di punti cardine su cui imperniare la loro azione concreta. Il contratto nasce debole e potenzialmente instabile, sia per le grandi differenze tra i due partiti sia per le (volute?) ambiguità nella sua elaborazione. I punti positivi sopra segnalati non bastano a garantire una solidità sistemica a un accordo fondamentale per la nascita di un esecutivo che mira a durare nel tempo. Il rischio, per Salvini e Di Maio, è che questo accordo possa finire, sul medio se non breve termine, vittima delle opportunità politiche tattiche di uno dei due contraenti o delle contingenze legate a determinate scadenze elettorali.

Andrea Muratore

Questo articolo è stato pubblicato qui

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