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Concordato: un’intesa da annullare

Interessante il dibattito che si è acceso in merito alla ventilata intesa Stato-UAAR, a seguito di un’importante sentenza della Cassazione, di cui ha parlato recentemente proprio l’Unione degli Atei Agnostici Razionalisti

L’intesa, se dovesse ricalcare quella che lo Stato italiano ha sottoscritto con le varie confessioni religiose non cattoliche (l’intesa con la religione cattolica è definita dal Concordato), prevederebbe una parità di diritti in merito al riconoscimento, ad esempio, dei matrimoni celebrati da un umanista o all’insegnamento di materia non religiosa nelle scuole.

Ma, ovviamente, il punto cruciale sarebbe l’otto per mille e la possibilità per un’associazione dichiaratamente atea di accedere al finanziamento gestito dallo Stato.

L’ipotesi di intesa fra Stato e UAAR avrebbe il merito di equiparare la categoria dei cittadini non credenti, attraverso questa associazione privata, a quelli credenti; la richiesta dell’UAAR è quindi un’iniziativa meritevole tendente ad ampliare i diritti, a cui pare che abbiano risposto seccamente alcuni quotidiani di area cattolica, come l’Avvenire, che si chiede inopinatamente “l'ateismo è una religione o un'areligione?”. Non si capisce cosa volevano dire, comunque l’astio è palese.

A monte di tutto ciò resta la domanda sul perché mai lo Stato - che è l’organizzazione giuridico-amministrativa di tutti i cittadini, senza alcuna differenza religiosa, culturale, sociale, etnica o di genere fra di loro - debba essere chiamato ad elaborare e sottoscrivere accordi più o meno complessi con singole, per quanto socialmente rilevanti, associazioni private.

Diverso il caso della Chiesa cattolica che sarebbe l’estensione in sede nazionale della multiforme e tentacolare presenza globale di un singolo stato sovrano, riconosciuto internazionalmente (anche se all’ONU condivide lo status di osservatore “non membro”, come la Palestina).

Di fatto l’intesa con la Chiesa è un atto di accordo internazionale fra due Stati sovrani, atto finalizzato (secondo la definizione data dall’enciclopedia Treccani) a regolare i rapporti fra i contraenti, “per provvedere alla regolamentazione generale della situazione giuridica della Chiesa in un determinato paese”, seguendo la prassi di rinunciarea pretese fondate esclusivamente sul diritto canonico o sul diritto statale”.

Non si capisce bene perché lo Stato debba rinunciare a “pretese fondate sul diritto statale”, ma sappiamo che le esigenze del neonato stato fascista aveva bisogno dell’appoggio politico della Santa Sede per rafforzarsi. Il Concordato nacque lì, per un banale tornaconto delle camicie nere.

Già più comprensibile l’aggiornamento craxiano del 1984 che introdusse il meccanismo dell'8xmille al posto della "congrua". Ma del tutto inspiegabile oggi lasciare spazi di diritto pubblico ad una Chiesa platealmente priva di qualsiasi autorità morale dopo i casi eclatanti delle manfrine dello IOR, caso più unico che raro di banca tuttora non in regola con le norme europee antiriciclaggio, delle lobby potentissime di ricattati/ricattatori omo o etero che siano, del devastante caso dei numerosi preti pedofili trasferiti di parrocchia in parrocchia a diffondere come untori la loro peste anziché assicurarli, come dovuto, alle patrie galere.

Con un’organizzazione simile perché mai lo Stato italiano debba sottoscrivere accordi (e regalare miliardi) non si riesce a capire; se i “requisiti morali” sono necessari per una qualsiasi attività commerciale, perfino per un'impresa di pulizie, o anche per partecipare a concorsi pubblici, non si vede perché il Concordato non debba essere quantomeno “a tempo” e rinnovabile solo in presenza di tali “requisiti morali” del contraente vaticano. Niente requisiti morali niente ottopermille, tanto per dirne una; oppure niente stipendio agli insegnanti di religione. E così via. Se lo si pretende da un bidello, perché non da un Papa ?

Naturalmente la vecchia manfrina che l’ottopermille serva alle opere di bene è notoriamente manipolata per rendere suadenti gli spot pubblicitari; solo una piccola percentuale, il 23%, meno di un quarto di quanto incassato viene effettivamente spesa in opere di carità, il resto va in ciccia per gatti nonostante i risibili richiami del Papa nuovo ad una povertà della Chiesa che non è mai esistita se non nella favoleggiata età dell'oro precostantiniana; e nulla vieta che queste attività caritatevoli vengano finanziate da quella parte dell’ottopermille effettivamente dedicata volontariamente dai cittadini attraverso la loro libera scelta.

Ma non quella delle opzioni “non espresse” che è uno scandalosa truffa capace di raddoppiare le entrate della Chiesa cattolica, grazie al meccanismo perverso di suddividere quanto “non esplicitamente indicato” dai cittadini in modo proporzionale alle quote “espresse”. Un cittadino che non ha nemmeno pensato se destinare il suo 8xmille a qualcuno, partecipa così direttamete (ma a sua insaputa) all’arricchimento delle varie chiese o comunità religiose (meccanismo a cui si sottraggono - per rinuncia volontaria - solo la Chiesa Battista e le Assemblee di Dio, che non so chi siano, ma sia dato loro merito).

Come cittadini ci troviamo quindi di fronte a una serie di inutili intese tra il nostro stato e una serie di associazioni private, che sarebbero, appunto, inutili se non fosse necessario e logico che si cercassero di equiparare i loro diritti con quelli concordati con la Chiesa in virtù dei Patti Lateranensi. Inutile aggiungere che in alcuni stati come gli USA o la Francia le rispettive Costituzioni vietano esplicitamente che lo Stato sottoscriva concordati. E che noi potremmo fare altrettanto, visto che nessuno ci pensa due volte a mettere mano alla Costituzione (come stiamo vedendo in questi giorni).

Ma, dal momento che proporre di abolire il Concordato non appare fattibile con l'aria che tira, data la inverosimile quantità di baciapile ovunque insediatisi, meglio se anche l’UAAR partecipa alla divisione della torta, piuttosto che a farlo siano solo i religiosi.

Che però si dia almeno visibilità e corso ad uno degli ultimi referendum proposti dai Radicali: «Vogliamo che la quota relativa alle scelte non espresse sull’8 per mille (attualmente più del 50% del totale, circa 600 milioni di euro l’anno) rimanga in capo al bilancio generale dello Stato». Almeno qualcosa torni in cassa.

Il testo completo è qui. Si prega di accorrere numerosi.

Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.20) 6 luglio 2013 17:31

    La mia personale opinione è che non si tratta tanto di abolire una cosa o riformarne un’altra: occorre ripensare il sodalizio sociale nella sua interezza a partire dai suoi stessi fondamenti, perché molti aspetti della vita collettiva non sono singoli e isolati compartimenti stagni, ma realtà interconnesse, strettamente correlate ed interdipendenti; esattamente come avviene in un organismo vivente, che non è un mero agglomerato di elementi chimici (un po’ di minerali, un po’ di composti organici e un po’ d’acqua per riempire il tutto), ma un insieme armoniosamente organizzato e sottomesso a precise e severe leggi, che stabiliscono l’ordine necessario alla realizzazione del suo scopo ultimo: la Vita.

    Premesso ciò, non me ne vogliano gli amici credenti se, da credente a mia volta, mi dichiaro sostanzialmente d’accordo con quanto espresso in questo articolo, ma non me ne vogliano neanche l’Autore e gli amici non credenti se mi permetto di muovere qualche specifica obiezione.

    L’Autore si interroga, giustamente, su quale principio o motivo ci sia perché uno Stato debba stabilire accordi con associazioni private. E aggiungerei: perché la ricerca contro il cancro (come tanti altri possibili esempi) deve dipendere dal "buon cuore" del cittadino (che poi dovrebbe "scegliere" chi salvare, tra un malato ed un emarginato, posto che preferire l’uno implica automaticamente sacrificare l’altro), mentre il finanziamento di attività editoriali, culturali e via dicendo (che per quanto nobili anch’esse non sono certo altrettanto importanti), è invece obbligatorio senza nessuna possibilità di discussione?

    Condivido quanto esposto sul Concordato, però mi permetterei di osservare che oltre agli interessi contingenti delle "camicie nere", esso aveva anche una ragione storica, perché nei secoli precedenti il potere "religioso" coincideva con quello politico e questo avveniva in una società in cui il Cristianesimo era diventato, ormai, parte integrante dell’identità culturale del popolo; ma anche una ragione sociale, direi quasi "umanitaria", perché se da una parte poteva rappresentare un interesse della Chiesa Cattolica a conservare una "fetta di potere", dall’altra questo costituiva anche un tentativo di non consegnare il potere stesso completamente ed esclusivamente nelle mani del solo regime fascista, che ormai era impossibile contrastare direttamente.

    Per quanto riguarda, invece l’8x1000, il 5x1000 et similia, ritengo che si tratti, sì, di una scandalosa truffa, ma non solo per la parte non espressa, bensì nella sua interezza: primo, perché stabilire una facoltà di scelta in un contesto di obbligo è semplicemente una contraddizione in termini; secondo, perché i soldi della parte non espressa appartengono ai cittadini e non allo Stato, quindi nelle loro tasche dovrebbero tornare, anzi, restare, giacché la non preferenza dovrebbe consentire anche la scelta di NON versare; scelta che invece non è contemplata e questo, a mio avviso, costituisce una violazione di un diritto (sebbene "solo" morale"), perché se tale versamento non è dovuto allo Stato, non si capisce a che titolo esso rientri tra le imposte; viceversa, se dovuto allo Stato, allora da questo dovrebbe essere amministrato, direttamente e non da enti privati, per le stesse finalità sociali che lo giustificano. In teoria (e nelle intenzioni) potrebbe essere una soluzione che permette di sopperire alle carenze dello Stato lasciando che organizzazioni esterne se ne accollino l’onere logistico ed operativo; e in parte credo che sia anche così. Ma in pratica è diventato anche un comodo pretesto per lo Stato, per venire meno a buona parte dei suoi doveri e delle sue responsabilità, soprattutto riguardo al disagio sociale, che finisce per essere maliziosamente reinterpretato come una sorta di "calamità naturale", anziché riconosciuto come la conseguenza diretta della malagestione della Cosa Pubblica.

    Per non parlare delle migliaia di enti, fondazioni e associazioni varie, tra le quali a fianco di molte indiscutibilmente meritorie, ve ne sono anche molte altre completamente fasulle, costituite al solo scopo di permettere ad una schiera di falliti di proclamarsi "Presidenti" di qualcosa e di campare da parassiti intascando immeritati proventi, e la cui "nobile" finalità nominale è solo una copertura. Male ha fatto, a mio modesto parere, la Chiesa Cattolica ad accettare un tale ignobile, "diabolico" meccanismo (che ormai rischia anche di ritorcersi contro la sua stessa immagine pubblica), e male sta facendo l’UAAR a ricalcarne le impronte, fornendogliene a sua volta un ulteriore avallo.

    In conclusione preferirei che il tutto fosse radicalmente sostituito da un nuovo assetto dello Stato, che lo veda laico ed imparziale, pur ammettendo (perché no?) di offrire ai cittadini la possibilità di effettuare versamenti volontari tramite l’Agenzia delle Entrate, purché rigorosamente extrafiscali.

    Manny

    • Di Fabio Della Pergola (---.---.---.93) 7 luglio 2013 13:54
      Fabio Della Pergola

      Il Concordato derivò dal "vulnus" patito dallo Stato della Chiesa con la conquista di Roma da parte dei Savoia. La ferita derivante dalla perdita del potere temporale di cui la Chiesa si era appropriata con il falso "lascito di Costantino" fu "compensata" dallo stato facsista in cambio di un solerte e volonteroso appoggio al regime. Naturalmente lo Stato italiano non doveva compensare alcunché allo Stato della Chiesa come non ha mai compensato alcunché, per quel che ne so, all’Impero austro-ungarico per la conquista del lombardo-veneto. Ma è andata così. Oggi mi sembra legittimo chiedersi per quale motivo i cittadini italiani debbano volontariamente/obbligatoriamente sostenere l’apparato gerarchico della Chiesa, i suoi edifici, la sua struttura eccetera con il 77% del prelievo fiscale - che lo Stato (a spese sue) incassa, conteggia e poi devolve alla Chiesa - di cui solo meno della metà è consapevolmente devoluta a questo scopo (benché sempre con l’inganno della pietas pubblicizzata).

      E’ noto invece che la ricerca sul cancro non è a carico dei cittadini, ma come tutta la ricerca medico scientifica, si svolge negli ospedali, nelle case farmaceutiche e nelle università. Poi utilizza "anche" i contributi volontari dei cittadini raccolti con il contributo della televisione di stato. E la ricerca medica va ovviamente a vantaggio di tutti i cittadini indistintamente. Così come i contributi pubblici all’editoria sono devoluti (anche ai periodici cattolici) in funzione di una proposta culturale multiforme di cui tutti i cittadini possono avvantaggiarsi (esclusi quelli che leggono e ascoltano solo le parole di un unico Capo, ma sono affari loro).

      Quanto all’imposizione dell’8xmille non sono un fiscalista, ma direi che è una tassa obbligatoria che i cittadini possono però legittimamente "dirottare" su chi vogliono. Non mi pare perciò che si ponga il problema del rientro nelle tasche proprie, ma solo dell’effettiva destinazione che deve essere specificata dalla volontà del contribuente. Se questa specifica volontà non è espressa, la tassa - come ogni altra tassa - deve essere incamerata dallo Stato.
      La Chiesa avrebbe fatto più bella figura se avesse rinunciato di sua spontanea volontà al 50% derivante dal "non espresso" come hanno fatto le due organizzazioni citate. Ma l’ingordigia delle gerarchie vaticane è troppo nota per perderci sopra altro tempo.

  • Di (---.---.---.193) 7 luglio 2013 17:00

    Egr.Dott. Della Pergola, non vorrei tornare su quanto ho già espresso e che confermo, ma forse ci sono alcuni punti da precisare. Tanto per cominciare, l’8x1000 è una quota dell’IRPEF, che è una imposta e non una tassa; inizialmente è stato finalizzato al sostentamento del clero cattolico, poi esteso anche ad altre confessioni religiose; di conseguenza l’UAAR non vi può accedere perché NON è una comunità religiosa. Ma proprio trattandosi di una imposta, affermo: "se dovuto allo Stato, allora da questo dovrebbe essere amministrato, direttamente e non da enti privati". E nella Sua replica leggo: "Se questa specifica volontà non è espressa, la tassa - come ogni altra tassa - deve essere incamerata dallo Stato", il che è QUASI la stessa cosa, ma bisogna tener presente che tale gettito è finalizzato integralmente, cioè anche per la parte non espressa, il che significa, appunto, che dovrebbe essere gestito dallo Stato, ma solo per perseguire le stesse finalità, proprio perché non può essere incamerato e sommato a quello delle altre imposte. Ma essendo tale soluzione antieconomica per lo Stato stesso, si è preferito redistribuire la parte non espressa agli stessi enti titolari e a questo punto il criterio della proporzionalità è stato inevitabile.

    Ribadisco che concordo sul fatto che "sembra legittimo chiedersi per quale motivo i cittadini italiani debbano volontariamente/obbligatoriamente sostenere l’apparato gerarchico della Chiesa"; ma a parte che forse una spiegazione ci potrebbe anche essere, tale interrogativo dovrebbe riguardare, eventualmente, anche tutti gli altri enti interessati (incluso l’UAAR, a maggior ragione) e non solo la Chiesa Cattolica. Il criterio dei requisiti morali, poi, non è applicabile così come espresso, per due motivi: 1) la condizione per usufruire dell’8x1000 non riguarda l’integrità morale di singoli individui, ma l’utilità sociale delle attività svolte dai vari enti; 2) fermo restando lo sdegno per i casi di pedofilia o altro, questi non potrebbero comunque costituire un motivo di perdita di requisiti da parte della Chiesa, perché la sua finalità NON è di commettere alcun tipo di delitti, per cui tali comportamenti sono una contraddizione personale di chi li commette e non riguardano l’ente di appartenenza (sarebbe come abolire tutte le Forze dell’Ordine perché alcuni poliziotti hanno commesso un furto).

    E’ vero che la ricerca sul cancro "si svolge negli ospedali, nelle case farmaceutiche e nelle università", ma questo non vuol dire che non sia a carico dei cittadini: non lo è direttamente, ma gli ospedali, le case farmaceutiche e le università, chi le mantiene? Per quanto riguarda i contributi all’editoria, sapevo già di cosa si tratta: il senso non era di metterli in discussione se non, eventualmente, per quell’aspetto che non riguarda tanto il vantaggio dei cittadini di poter fruire di proposte culturali multiformi, quanto quello di cui godono alcuni speculatori travestiti da intellettuali, che stampano e distribuiscono senza vendere nulla al solo scopo di intascare contributi. Se la cultura fosse questa... Cordialmente.

    Manny

    • Di Fabio Della Pergola (---.---.---.93) 7 luglio 2013 18:18
      Fabio Della Pergola

      Caro Manny,

      non mi pare il caso di fare un trattato differenziale tra tasse e imposte. D’accordo con lei, l’8xmille è un’imposta. Finalizzato inizialmente per il sostentamento del clero (infatti ha preso il posto della congrua, come ho scritto). Poi allargato alle altre confessioni religiose, ma - e qui sta il bello - che potrebbe anche essere allargato ulteriormente alle associazioni degli atei, come da notizie di stampa. Per analogia ? Perché un’associazione religiosa e una areligiosa sono equiparabili ai fini del finanziamento pubblico ? Non lo so e nemmeno mi interessa tanto. Sta di fatto che la cosa pare verosimile. Prima era così poi potrà essere diverso.

      Quanto al fatto che la quota non espressa sia stata redistribuita proporzionalmente alle quote espresse perché la soluzione sarebbe stata "antieconomica" per lo Stato, mi permetta di avanzare qualche dubbio; la parte non espressa, anche di un anticlericale convinto, ma magari distratto, non può andare al sostentamento di una gerarchia ecclesiastica solo perché è "antieconomico" per lo Stato, ma al contempo regala mezzo miliardo di euro alla Chiesa. Spero che la sua sia solo una simpatica battuta.

      Quanto al sostentamento pubblico, credo anch’io che ogni organizzazione debba mantenersi da sé in virtù della propria credibilità, ma se proprio si volessero applicare criteri di finanziamento privato gestito dallo Stato, potrei anche non essere contrario, alla fine. Se io voglio che i miei 100 euro vadano all’associazione ecologista della val brembana meridionale e lo Stato si occupa di raccogliere questi soldi e distribuirli non ho obiezioni. Quello che ritengo inaccettabile è, lo ripeto ancora, che dei miei soldi si faccia quello che si vuole per favorire alcune organizzazioni a me poco simpatiche e contrariamente alla mia volontà, proprio quando si parla di contributi "volontari".

      La ricerca scientifica: come qualsiasi altra attività di interesse pubblico deve essere finanziata dallo Stato. Se poi vogliono organizzare delle riffe per aumentare le entrate non vedo cosa ci sia di male. Sul finanziamento pubblico all’editoria mi sono già espresso. Ma è ovvio che gli speculatori del settore dovrebbero essere depennati e puniti.

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