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Come trasformare il debito privato in debito pubblico

Prendete un paese con un’altissima evasione fiscale, uno a caso, per esempio l’Italia. Collocatevi in uno spazio temporale preso anch’esso a caso, ad esempio all’inizio degli anni 80. Cosa abbiamo, quindi? L’Italia all’inizio degli anni 80.

Periodo di craxismo trionfante, sostenuto dal consenso elettorale dei nuovi ceti medi emergenti e rampanti, il famoso popolo delle partite Iva. A questi aggiungete l’esercito di piccoli negozianti, elettricisti, idraulici, padroncini di micro imprese familiari, ecc. Ottenete così una larga fetta della società dove - come dicono le statistiche - si annida la maggior parte dell’evasione fiscale di massa dei nuovi e tradizionali ceti medi.

 

Per avere le risorse per mantenere e aumentare il vostro consenso basato sull’illegalità diffusa scegliete di non perseguire seriamente l’evasione fiscale, ma di farvi prestare soldi, tanti soldi. Da chi? Ma dagli evasori di cui sopra. “Elementare, Watson!” avrebbe detto Sherlock Holmes. Scegliete cioè di emettere in misura crescente Bot e titoli di stato vari che gli evasori acquisteranno con i soldi sottratti al fisco. Nuove figure miste, evasori/investitori, attirate da tassi di interesse a due cifre.
A questo punto il gioco è fatto.

Il debito privato si è trasformato come per incanto in debito pubblico, e non a caso l’Italia è diventata, nei quarant’anni successivi, il paese con la più alta evasione fiscale da sempre ma anche con il più alto debito pubblico. Naturalmente, nel tempo, alcune condizioni sono cambiate. Ad esempio ad oggi i tassi di interesse dei titoli di stato sono quasi azzerati, ma le aste dei Bot segnano sempre il tutto venduto. In un periodo di grandi incertezze si preferisce comunque mettere al sicuro i propri “risparmi”. E fra le partite Iva si sono formate grandi sacche di povertà, costituite da finti professionisti e consulenti che in realtà sono lavoratori precari. Quelli che - come dice il vice ministro Fassina - praticano l’evasione fiscale “per necessità”.

Per l’establishment - cioè per chi mena la danza - i vantaggi di un debito pubblico che supera i 2.000 miliardi sono notevoli. Questi 2.000 miliardi sono quello che ci vuole per spaventare e ricattare gli italiani e spingerli alla rassegnazione. Il debito va assolutamente ridotto, dicono - “ce lo chiede l’Europa” - e quindi i sacrifici sono inevitabili: cancellazione dei diritti sociali (sanità e pensioni), distruzione di milioni di posti di lavoro, passività di fronte alla devastazione del territorio, assalto alla scuola pubblica, ricorrenti privatizzazioni dei beni della collettività (la svendita dei gioielli di famiglia).

Tutto questo colpisce non solo i lavoratori dipendenti e i contribuenti onesti, ma anche - ironia della sorte - le folte schiere degli evasori/investitori di cui sopra. Queste scelte sono state adottate per oltre quarant’anni da tutti i governi, di centro destra e di centro sinistra, senza nessuna distinzione. Ma, ad oggi, gli italiani non ne hanno ancora tratto le debite conseguenze politiche.

 

Foto: Wikimedia
 

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