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Come il Coronavirus ha stravolto il calendario elettorale italiano

 
L’emergenza sanitaria legata al Covid-19 ha imposto il rinvio del referendum costituzionale e delle elezioni regionali, amministrative e suppletive.

L’emergenza Coronavirus in Italia ha stravolto non solo la nostra vita quotidiana, ma anche la politica e il calendario elettorale: sono infatti numerosi gli appuntamenti con le urne rimandati a causa del Covid-19. Vediamo quindi gli scenari che si profilano nelle varie tornate elettorali che dovevano tenersi questa primavera nel nostro Paese ma che, per cause di forza maggiore, sono state rimandate.

 

Le elezioni regionali

Il Consiglio dei Ministri ha ufficializzato il rinvio del voto regionale previsto in primavera per Campania, Liguria, Marche, Puglia, Toscana, Valle d’Aosta e Veneto. Nello specifico, il decreto-legge n. 26 del 20 aprile 2020 dispone che “gli organi elettivi regionali a statuto ordinario, il cui rinnovo è previsto entro il 2 agosto 2020, durino in carica 5 anni e 3 mesi e che le elezioni si svolgano nei 60 giorni successivi a tale termine o nella domenica compresa nei sei giorni ulteriori”. Per la Valle d’Aosta, invece, la data della nuova convocazione elettorale è rimessa a un successivo decreto da parte del Presidente della Regione, da emettersi entro il 31 luglio.

Quale sarà, quindi, la data del voto nelle sei Regioni a statuto ordinario che avrebbero dovuto rinnovare i propri organi questa primavera? Poiché il decreto ha prorogato i Consigli regionali fino al 31 agosto, in queste sei Regioni si dovrebbe votare – a meno di ulteriori rinvii – in una domenica compresa tra il 6 settembre e il 1° novembre. Nel caso in cui il Governo intenda far coincidere regionali e amministrative, questa finestra si ridurrebbe alle 7 domeniche comprese tra il 20 settembre e il 1° novembre.

Campania

In Campania, il governatore uscente Vincenzo De Luca potrebbe uscire rafforzato dal modo con cui sta affrontando l’emergenza sanitaria, e già dal 17 febbraio la sua candidatura per un secondo mandato è stata resa nota dal PD. Lo stesso giorno, la capogruppo M5S in Regione Valeria Ciarambino indicava il Ministro dell’Ambiente Sergio Costa come miglior candidato del Movimento. I due alleati nel Governo nazionale sembravano dunque decisi a correre separatamente prima che scoppiasse l’emergenza Covid-19: vedremo se lo slittamento delle elezioni e la stessa emergenza indurranno le due forze a individuare un candidato comune, oppure se si procederà con due candidature separate.

In casa centrodestra, invece, Forza Italia si era imposta per avere un suo candidato, salvo poi dividersi subito dopo sulla sua identità. Berlusconi aveva indicato l’ex governatore Stefano Caldoro, ma Mara Carfagna si era opposta, ritenendo certa la sconfitta se si fossero replicati gli stessi nomi del 2015 e del 2010. Anche la Lega, prima che le trattative andassero in stand-by causa Covid, sembrava piuttosto restia a convergere sulla candidatura di Caldoro.

 

Liguria

In Liguria, il Presidente uscente Giovanni Toti è pronto a ricandidarsi per lo schieramento di centrodestra. Superata l’esitazione iniziale di Forza Italia – che Toti aveva polemicamente lasciato l’anno scorso per fondare Cambiamo – l’alleanza attorno al suo nome sembrerebbe avere ottime chances di riconferma: un recente sondaggio del 7 aprile di SWG attribuirebbe all’area di centrodestra il 56% dei consensi.

Sul fronte opposto, il M5S si è detto favorevole ad un’alleanza con il centrosinistra: del resto, questo potrebbe rivelarsi l’unico modo per cercare di tenere aperta la corsa elettorale. Prima dell’emergenza erano diversi i nomi di esponenti civici che cirolavano nel PD, tra cui quelli del giornalista del Fatto Quotidiano Ferruccio Sansa e del rettore dell’Università di Genova Paolo Comanducci. Lo stesso sondaggio SWG, tuttavia, attribuirebbe alla somma delle liste di centrosinistra e del Movimento 5 Stelle il 37,5%, cioè quasi 20 punti in meno rispetto al blocco delle forze che appoggiano Toti.

 

Marche

Francesco Acquaroli, deputato di Fratelli d’Italia ed ex primo cittadino di Potenza Picena, dovrebbe correre per il centrodestra. Sul fronte avversario, il governatore uscente del PD Luca Ceriscioli ha rinunciato a ricandidarsi, cedendo il posto all’attuale sindaco di Senigallia Maurizio Mangialardi. Quest’ultimo, però, non piace al partito di Matteo Renzi, che potrebbe correre in solitaria, anche se il quadro è ancora in evoluzione. Il Movimento 5 Stelle sembra invece deciso a correre autonomamente con il suo candidato Gian Mario Mercorelli, ufficializzato l’11 marzo su Rousseau.

 

Puglia

Al momento, sembra che a contendersi il governo della Regione Puglia saranno la coalizione di centrosinistra, la consolidata alleanza di centrodestra, il Movimento 5 Stelle e un quarto polo centrista.

Il centrosinistra ricandida il Presidente uscente Michele Emiliano, mentre per i pentastellati corre la consigliera regionale Antonella Laricchia, già candidata nel 2015. Più incerti, invece, sono i nomi degli altri due candidati: se il centrodestra pareva ormai deciso sull’europarlamentare in quota FdI Raffaele Fitto, la Lega sembra frenare e reclamare un proprio candidato in questa Regione. Sul fronte centrista, invece, l’unica certezza è l’intesa sul non supportare Emiliano: la corsa autonoma di Italia Viva, Azione e +Europa potrebbe quindi rivelarsi determinante per l’esito elettorale.

 

Toscana

Regione rossa per eccellenza, è la sinistra a governare la Toscana dal 1970: una tradizione che rende questa elezione particolarmente delicata, tanto quanto quella dell’Emilia-Romagna.

Il centrosinistra cercherà di tenere questo suo feudo candidando l’attuale Presidente del Consiglio regionale Eugenio Giani, che già da qualche mese ha iniziato la sua campagna. Il Movimento 5 Stelle ha invece ufficializzato il nome della consigliera regionale Irene Galletti, mentre il centrodestra, in seguito alle trattative interne alla coalizione, avrebbe scelto l’europarlamentare leghista Susanna Ceccardi.

L’ultimo sondaggio sulla Toscana è stato condotto da EMG Acqua ed è del 24 febbraio: Giani risulterebbe in vantaggio di 10 punti percentuali, raggiungendo il 50% dei consensi contro il 40% della candidatura del centrodestra (al tempo c’era ancora una rosa di più nomi). Fuori dai giochi la candidata pentastellata, che si fermerebbe al 5,5%.

 

Veneto

Il leghista Luca Zaia si ricandiderà per un terzo mandato alla Presidenza del Veneto. Anche se non ci sono sondaggi ufficiali, la strada verso la sua riconferma appare al momento non incontrare particolari ostacoli: è uno dei governatori più apprezzati d’Italia e l’emergenza Covid-19 potrebbe aver ulteriormente rafforzato la sua popolarità. In più, il candidato scelto dal PD, e cioè il vicesindaco di Padova Arturo Lorenzoni, non ha entusiasmato Italia Viva e non avrà l’appoggio del Movimento 5 Stelle, deciso a correre in solitaria con Enrico Cappelletti.

 

Valle d’Aosta

A seguito delle dimissioni del Presidente della Regione Antonio Fosson, coinvolto in un’inchiesta per scambio elettorale politico mafioso, la Valle d’Aosta andrà a elezioni anticipate nell’autunno 2020: la 32a Giunta regionale, espressione di partiti autonomisti, si è infatti dimessa a dicembre 2019 dopo solo un anno dall’inizio del suo mandato.

 

Le elezioni amministrative

Per le elezioni amministrative nelle Regioni a statuto ordinario, il Governo ha disposto – sempre col decreto del 20 aprile – il rinvio a una domenica compresa tra il 20 settembre e il 13 dicembre: tuttavia, nel caso in cui il Governo intenda far coincidere la data delle amministrative con quella delle elezioni regionali, questa finestra si ridurrebbe – come detto – alle 7 domeniche comprese tra il 20 settembre e il 1° novembre.

Per quanto riguarda le 5 Regioni a statuto speciale, invece, in Sicilia l’intervallo va dall’11 ottobre al 6 novembre, in Friuli-Venezia Giulia dal 4 ottobre al 13 dicembre, mentre in Sardegna, Valle d’Aosta e Trentino-Alto Adige questo intervallo non è ancora stato fissato.

Ad oggi sono 1.145 i comuni chiamati al voto, ma potrebbero aumentare nel caso in cui, da qui al 27 luglio, si verifichino dei commissariamenti. Di questo migliaio di comuni, quelli cosiddetti “superiori” – in cui cioè è possibile il ballottaggio – sono 147: 111 hanno più di 15.000 abitanti, mentre i restanti 36 si trovano tutti in Provincia di Trento, dove la soglia per l’eventuale secondo turno è abbassata a 3.000 abitanti.

In ogni caso, sono 18 i capoluoghi che rinnoveranno i propri vertici comunali: si tratta di Agrigento, Andria, Aosta, Arezzo, Bolzano, Chieti, Crotone, Enna, Fermo, Lecco, Macerata, Mantova, Matera, Nuoro, Reggio Calabria, Trani, Trento e Venezia. Tre di questi (Aosta, Trento e Venezia) sono anche capoluoghi di Regione. Al momento, il centrosinistra ne governa la metà, cioè 9, mentre il centrodestra ha 5 sindaci e i restanti 4 sono espressione di liste civiche.

 

 

Le elezioni suppletive

In tre domeniche consecutive tra fine febbraio e inizio marzo, inoltre, si sono tenute tre elezioni suppletive per eleggere due nuovi senatori (a Napoli e in Umbria) e un nuovo deputato (a Roma centro) in altrettanti collegi rimasti vacanti. La bassa affluenza che ha caratterizzato tali suppletive, tuttavia, è tipica di questa tipologia di elezioni e non è semplicemente dovuta al Coronavirus che in quei giorni stava iniziando a diffondersi in Italia.

Il Covid-19 ha causato però il rinvio di un’altra suppletiva: quella relativa al collegio uninominale Sardegna-03 del Senato, vacante a causa della morte della pentastellata Vittoria Bogo Deledda il 17 marzo scorso. Il voto in questo collegio, che copre tutta la Provincia di Sassari e 14 comuni del nuorese, avrebbe dovuto tenersi entro 90 giorni dall’inizio della vacanza, ma sempre il decreto-legge n. 26 del 20 aprile scorso ha esteso questa finestra temporale a 240 giorni.

 

Il referendum costituzionale

Il lockdown in vigore ha, infine, impedito agli italiani di recarsi alle urne il 29 marzo, data in cui si sarebbe dovuto tenere il referendum costituzionale sul taglio del numero dei parlamentari.

Rinviato sine die, se ne riparlerà in autunno: con il decreto “Cura Italia” il termine ultimo per l’indizione del referendum è stato allungato a 240 giorni a partire dalla data in cui è stata emessa l’ordinanza che lo ha ammesso, rendendo il 22 novembre l’ultima data utile per tenere la consultazione

Proposta dal Movimento 5 Stelle, questa riforma prevede una riduzione dei deputati da 630 a 400 e dei senatori elettivi da 315 a 200, modificando gli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione. Il suo iter parlamentare si era concluso il 7 ottobre con il voto favorevole della Camera: tuttavia, trattandosi di una riforma costituzionale e non essendo stata raggiunta la maggioranza dei due terzi in entrambe le Camere, ai sensi dell’art. 138 Cost. era prevista la possibilità di richiedere un referendum confermativo qualora ne avessero fatto richiesta “1/5 dei membri di una Camera o 500.000 elettori o 5 Consigli regionali”. È stato al Senato che si sono raccolte le firme: ne erano sufficienti 64, ma alla fine in Cassazione ne sono state depositate 71.

Stando ad un sondaggio Demos&PI di dicembre, l’86% degli italiani approverebbe la riduzione del numero dei parlamentari, contro un 12% di contrari e un 2% di indecisi. Al momento, è difficile prevedere se il rinvio della consultazione in autunno possa avere un impatto. Sicuramente la scelta della data costituirà un passaggio cruciale: in caso di accorpamento con regionali e amministrative, infatti, l’affluenza sarebbe maggiore rispetto allo stabilire – come richiede il comitato del No – una data ad hoc per il referendum.

Alla luce di tutto ciò, è evidente la capacità del Coronavirus di sconvolgere non solo le nostre vite quotidiane e l’economia del Paese, ma anche il calendario elettorale e, quindi, gli equilibri politici.

 

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