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Class action: contraddittoria ed innocua. Salverà Parmalat e Cirio?

La nuova norma

Da quando è possibile: dal primo gennaio 2010 è possibile esercitare l`azione collettiva di classe per sanare gli illeciti commessi dal 16 agosto 2009 in poi.

In che cosa consiste: l’azione di classe consiste in un`azione collettiva, promossa da uno o più consumatori/utenti, i quali agiscono in proprio oppure dando mandato ad un’associazione di tutela dei diritti dei consumatori. Gli altri consumatori interessati, titolari di una identica pretesa, possono scegliere di aderire all`azione di classe già promossa, senza dover ricorrere al patrocinio dell`avvocato. Resta salva, comunque, la possibilità di agire individualmente per la tutela dei propri diritti. Quest`ultima ipotesi è incompatibile con la scelta di aderire ad una class action.

Chi può farla: i consumatori/utenti che abbiano subito le conseguenze di condotte o pratiche commerciali scorrette; oppure che abbiano acquistato un prodotto difettoso o pericoloso; oppure ancora che versino in una medesima situazione di pregiudizio nei confronti di un`impresa, in conseguenza di un inadempimento contrattuale.

Come si fa: mediante ricorso al tribunale uno dei soggetti consumatori/utenti propone l`azione assistito da un avvocato, eventualmente dando mandato ad un’associazione di tutela dei consumatori. Tutti gli altri cointeressati possono aderire senza doversi rivolgere all`avvocato.

Le differenze rispetto a prima: rispetto alla precedente stesura della norma (mai entrata in vigore), la disciplina attuale in vigore dal 1 gennaio 2010 si caratterizza per la tutela di diritti di singoli aventi contenuto identico od omogeneo, con attribuzione della legittimazione in capo al consumatore/utente; mentre l`altra versione imputava questa facoltà solo in capo all`associazione. La nuova normativa inoltre si caratterizza per la semplificazione del meccanismo di liquidazione del danno.

I possibili benefici: se molte persone ricevono singolarmente un danno di portata economicamente modesta difficilmente decidono di sostenere individualmente le spese necessarie per sostenere e vincere la partita legale. Ma se l`azione, invece, è condotta collettivamente, le spese si abbattono e il singolo acquista maggiore forza nei confronti della grande impresa.

Il commento

Questa class action è una parente povera delle richieste collettive di risarcimento che caratterizzano le economie dei principali Paesi occidentali.

Scajola ci spieghi, ad esempio, perché il governo Berlusconi non ha introdotto la class action sui prodotti finanziari e sulle vicende riguardanti l’inquinamento ambientale dei grandi siti industriali

Il governo ha mutilato lo strumento della class action rispetto alla legge voluta dal Ministro Bersani.

Ha, infatti, reso enormemente più complicato e costoso per i cittadini-consumatori difendersi dagli abusi e dai disservizi e, inoltre, ha indebolito le possibilità d’intervento delle associazioni dei consumatori, a cominciare dalle iniziative contro le banche per le condizioni sul massimo scoperto.

Vi ricordata il crac Parmalat e Cirio? Il governo sembra aver deliberatamente inseguito l’obiettivo di impedire che le vittime dei due maggiori dissesti finanziari degli ultimi tempi potessero usare l’azione collettiva per essere risarciti dell’inganno patito.

Il sospetto diventa realtà pensando al cosiddetto processo breve che minaccia di far rapidamente decadere anche gli ordinari processi che riguardano, in tutto o in parte, anche quelle vicende Cirio e Parmalat di cui s’è detto.

Inoltre manca il pricipio di retroattività (si può ‘andare indietro solo fino a metà 2009). Non a caso sono stati tenuti fuori gli illeciti di massa come quelli sulle obbligazioni Argentina, Cirio e Parmalat.

Se poi si guarda a come è regolata la ‘class action’ nei confronti della Pubblica Amministrazione e delle aziende fornitrici di servizi pubblici essenziali (luce, gas, acqua, ecc.), le note diventano ancora più dolenti.

In questi casi specifici la via scelta dal governo Berlusconi suona davvero come una presa in giro nei confronti di coloro che volessero intentare un’azione collettiva.

Poniamo il caso della ingiustificata sospensione di una fornitura. Ebbene, una volta riconosciuta la propria ragione, i cittadini conculcati potranno sì ottenere il ripristino della prestazione dovuta, ma senza diritto ad alcun risarcimento del danno.

Insomma, allo Stato e alle imprese concessionarie dei pubblici servizi viene garantita piena e totale franchigia anche da quel secolare principio giuridico che si sostanzia nella formula del chi rompe paga.

Del resto quel genio di Renato Brunetta lo aveva annunciato: una versione dell’azione collettiva non indirizzata al risarcimento, ma al ripristino di standard di efficienza, da presentare nel solo settore pubblico.

Quindi niente previsione del commissariamento in caso di inottemperanza da parte dell’amministrazione.

Se alla fine dell’iter giudiziario i cittadini dovessero aver ragione, non succederebbe assolutamente niente, come esplicitamente ammesso su questo punto nel testo del decreto, licenziato dal CDM il 17 dicembre scorso «nessun onere a carico dello Stato», che tradotto significa: non c’è un euro per nessuno.

Anche il ricorso al giudice di pace sarà più problematico. Non solo per i ricorsi contro le multe ove è prevista una tassa di 40 euro, ma anche se si tratta di contratti assicurativi, contratti bancari e finanziari, condominio, salute. Per il ricorso di questi ultimi si è tracciata la strada della conciliazione obbligatoria presso gli organismi privati di conciliazione, come l’unica percorribile.

Ciò significa per il consumatore andare incontro ad un costo certo, ma a nessuna certezza di soluzione. Il consumatore dovrà sostenere, quindi, un doppio costo: prima nell’accesso privato alla giustizia tramite gli organismi di conciliazione e poi al giudice di pace.

La normativa é inef­fi­cace ed inu­ti­liz­za­bile, inoltre, sia nel caso della spe­cu­la­zione sulla pasta, che dei ritardi dei treni o degli adde­biti in bol­letta per ser­vizi non richie­sti, e nean­che nel caso degli aumenti delle com­mis­sioni venuti alla luce con l’indagine dell’Antitrust.
Essa, infatti, pre­sup­pone l’esistenza di inte­ressi iden­tici pre­vede costose spese di pub­bli­cità per chi l’attivadif­fi­coltà nel pre­sen­tare le pro­prie richie­ste di risar­ci­mento e soprat­tutto risar­ci­menti sim­bo­lici.
 
A que­sto punto per essere risar­citi meglio la tra­di­zio­nale strada del ricorso al giu­dice di pace o un ricorso plu­rimo.

 

Inoltre c’è una complicazione svelata dalla recente giurisprudenza che rende ancora più complessa contraddittorie e costosa l’attività giurisdizionale cui i cittadini dovrebbero far fronte , come ben chiarito dagli  interventi del prof. Andrea Giussani, dell’Università di Urbino, nei convegni tenutisi a Milano sulla entrata in vigore della Class Action.

Difatti alcune parti della normativa sembrano interpretabili nel senso di una disciplina parallela e quindi confliggente con la vecchia class action non formalmente abrogata: un vero pasticcio, uno dei tanti del governo dei pasticcioni…

Rosellina970
 
 
 
 

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