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Chikungunya nel Lazio: l’Italia e le malattie neglette

Sono 27 i casi accertati, sei dei quali a Roma. Ma non è la prima volta che vediamo questa malattia tropicale: furono oltre 200 i casi in Emilia Romagna nel 2007.

di Eleonora Degano 

Arrivati al 14 settembre sono 27 i casi di Chikungunya accertati in Lazio, sei dei quali a Roma, nell’area Sud-Est della capitale. In un comunicato ufficiale si legge che di questi 27, 10 casi sono persone residenti nel Comune di Anzio, cittadina del litorale laziale, o che vi sono state nell’ultimo periodo. Sette tra queste persone non hanno viaggiato né in Italia né all’estero nei 15 giorni che hanno preceduto l’insorgenza dei sintomi.

La Chikungunya è una malattia virale diffusa soprattutto in Asia e Africa, che si presenta con sintomi simili a quelli di una forte influenza: dopo 3-12 giorni di incubazione compaiono febbre acuta, brividi, nausea e vomito, rash cutaneo, cefalea e soprattutto lancinanti dolori muscolari e alle articolazioni, che possono costringere il malato all’assoluta immobilità. Il nome stesso Chikungunya deriva proprio da qui: nella lingua Kimakonde della Tanzania (dove nel 1952 fu descritta la prima epidemia) significa “contorcersi”. Questi intensi dolori possono protrarsi per giorni, settimane o mesi e dare così origine a patologie croniche.

Il virus viene trasmesso da persona a persona attraverso la puntura di zanzare femmine infette del genere Aedes, soprattutto le specie Aedes aegypti (zanzara della febbre gialla) e Aedes albopictus (la famosa zanzara tigre), che veicolano altre patologie come dengue, zika e febbre gialla. Come riporta l’Organizzazione Mondiale della Sanità, non è raro che la Chikungunya venga confusa con altre malattie, specialmente dove è diffusa anche la dengue. Al momento non esistono né un vaccino commerciale né una vera e propria “cura”: il trattamento agisce sui sintomi e prevede l’utilizzo di antipiretici e analgesici soprattutto per lenire gli intensi dolori alle articolazioni.

Per far fronte alla diffusione della Chikungunya nel Lazio sono già stati presi i primi provvedimenti: la Regione ha convocato un tavolo con il Campidoglio per sollecitare la disinfestazione dalle zanzare dal territorio comunale, e due giorni fa la ASL Roma 2 ha bloccato le donazioni di sangue ed emocomponenti. La ministra Beatrice Lorenzin si è detta molto preoccupata e ha sollecitato il comune di Roma a “procedere subito alle disinfestazioni”, perché “è passato troppo tempo dalla prima richiesta di intervento da parte della Asl che risale al 7 settembre”.

Anche a livello nazionale i donatori che hanno soggiornato nei comuni interessati saranno sospesi per 28 giorni, ma il presidente del Lazio Nicola Zingaretti ha garantito che non ci sarà alcuna emergenza per la rete sanitaria. Inizialmente si era parlato di una carenza di 200-250 sacche, un quantitativo che normalmente sarebbe rientrato nella definizione di maxi-emergenza. Ma il Centro Nazionale sangue ha già garantito una fornitura tale da compensare le donazioni mancate: 849 le unità di sangue già messe a disposizione da dieci Regioni. L’obiettivo è raccogliere almeno 500 unità a settimana da destinare interamente alla capitale, per tutto il periodo dell’emergenza.

Anche nella provincia di Modena è stato confermato un caso, il primo fuori dal Lazio. Il Comune di Formigine ha attivato il piano di emergenza sanitaria con disinfestazione della zona interessata.

“Quando ci sono focolai abbastanza maturi come quello di Anzio è possibile che ci siano diffusioni in altre zone, una situazione abbastanza prevista come quella che si verificò dieci anni fa in Romagna, con la segnalazione di alcuni casi a Bologna, alcuni a Ravenna e a Rimini” ha spiegato in un comunicato Giovanni Rezza, direttore del dipartimento di Malattie Infettive dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS). Gli interventi in atto, a partire dalla disinfestazione, in associazione anche al termine della stagione calda pongono le condizioni per il controllo dei focolai esistenti dell’infezione”.

Per quanto continui a suonare come una malattia tropicale, come ha ricordato Rezza non è la prima volta che vediamo la Chikungunya in Italia: appena nel 2007 furono notificati i primi casi autoctoni della penisola, nella regione Emilia Romagna. Prima di allora in molti Paesi europei come Francia, Germania, Svizzera, Norvegia, Germania e anche Italia la Chikungunya era stata diagnosticata in viaggiatori rientrati da aree epidemiche, ma la trasmissione in loco da parte delle zanzare non era mai stata riportata.

Nell’agosto 2007 un numero elevato di casi di malattie febbrili attirò l’attenzione nella provincia di Ravenna, tra le cittadine di Castiglione di Ravenna e Castiglione di Cervia, dove sono stati registrati e confermati 142 casi. Le analisi hanno confermato la diagnosi di Chikungunya e il virus è stato poi trovato nelle zanzare Aedes albopictus. Come riporta un documento dell’Avis Lombardia, in quel caso la diffusione fu resa possibile dalla massiccia presenza degli insetti vettori sul territorio e dal rientro in Italia, dall’India, di un paziente affetto da Chikungunya.

In totale, i casi confermati in Emilia Romagna nell’epidemia del 2007 sono stati 217 ed epidemiologi e infettivologi già prendevano posizione: “Probabilmente, come ha suggerito il CDC [Centers for Disease Control and Prevention], l’Italia sta assumendo le caratteristiche di un Paese tropicale”, si legge nel documento Avis. “La lotta ai vettori deve essere quindi intensificata, cercando di ridurne il numero. È indispensabile che si incominci a ritenere che le zanzare non sono solo fastidiose, ma anche pericolose”.

Un approccio che dovrebbero abbracciare tutti: istituzioni, professionisti della salute e viaggiatori, che nell’era dei tour operator e dei voli low costcorrono il rischio di sottovalutare i pericoli di un viaggio nei Paesi in cui le patologie tropicali sono all’ordine del giorno. È importante informarsi bene, prendere le dovute precauzioni tra zanzariere e repellenti, e quando possibile – per esempio nel caso della malaria – fare la profilassi per viaggiare in sicurezza e non portare a casa una malattia insieme ai souvenir.

Quel che è certo è che i patogeni e i loro vettori non conoscono barriere, ma non vale solo per la Chikungunya: a maggio il Ministero della Salute riportava che nei primi mesi del 2017 si è assistito ad un aumento dei casi importati di dengue rispetto al 2016. Dal 1° gennaio al 3 aprile sono stati notificati 25 casi, circa la metà di quelli segnalati nel corso di tutto il 2016. L’infezione si è manifestata in viaggiatori italiani di ritorno da Paesi infetti o in persone ivi residenti che sono venute in Italia. La dengue è endemica in almeno 100 Paesi in Asia, Pacifico, Americhe, Africa e Caraibi: circa 2,5 miliardi di persone, ovvero il 40% della popolazione mondiale, vive in aree a rischio di trasmissione di dengue.

@Eleonoraseeing

Questo articolo è stato pubblicato qui

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