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Chi ha paura della storia?

La vita, a volte, ci offre dei piccoli segnali, ai quali dovremmo prestare più attenzione di quanto non facciamo di solito. 

Uno di quei segnali, da tenere sempre sotto controllo, penso sia lo spazio che viene dato alla conoscenza della storia nei sistemi formativi e scolastici di ogni tipo.

Soprattutto perché c’è uno strano fenomeno che periodicamente si ripresenta nella vita delle società e che di solito viene spiegato con argomenti apparentemente razionali oppure pragmatici. Si tratta della pretesa di riscrivere o cancellare o spingere verso l’oblio la memoria storica. A volte con la presunzione di dare inizio all’Anno Zero

Pretese e progetti di questo genere non sono sempre evidenti, dichiarati e brutali come nel caso, per esempio, di Pol Pot o dei nazisti o dei giacobini francesi. No, spesso, soprattutto nei regimi democratici contemporanei, il fenomeno si annuncia con lo sdoganamento di parole e linguaggi fino allora nell’ombra, o con qualche atto amministrativo apparentemente innocuo e neutrale, come capita da qualche tempo anche in Italia: tagliare un’ora di storia qua o una là, nei curricoli scolastici, o abolire l’esercitazione su tematiche storiche agli esami di maturità, magari con l’argomentazione che sono pochi gli alunni che scelgono di svolgere il tema storico. Come se bastasse il fatto ormai palese, che sono sempre di meno le persone che si comportano in modo educato e civile per abolire le regole galateo!

In realtà occorrerebbe cominciare a monitorare con più attenzione anche questi piccoli fenomeni a prima vista insignificanti, perché come sanno bene gli alpinisti e gli amanti dei sentieri di montagna, a volte un piccolo masso che si stacca da un costone e un piccolo smottamento possono annunciare eventi futuri molto più estesi e pericolosi.

Certo, qualcosa oggi si avverte nell’aria, non solo in Italia, se una famosa serie tv statunitense, The Man in the High Castle, basata su un romanzo ucronico distopico del grande scrittore visionario Philip K. Dick, pone al centro della trama la caccia, da parte del regime dominante, a film-documentari clandestini che tentano di diffondere narrazioni della storia diverse da quella ufficiale.

Perché la storia fa paura ai regimi assolutistici, autoritari e illiberali di ogni epoca, e anche alle svariate parodie contemporanee del millenarismo, pur sgangherate e boriose?

Il fatto è che la storia è una opportunità, che sta lì anche se magari sono pochi quelli che ne usufruiscono, ma in ogni caso rimane lì, a disposizione, come possibilità sempre attuale di “uscita dalla caverna”; una possibilità in grado di darci la sveglia! 

La storia, i nostri “passati”, sono l’alterità, l’altra dimensione che ci costringe a guardarci “da fuori, da lontano e ci rivela qualcos’altro di noi stessi.

La memoria e la conoscenza della storia ci aiutano a non considerarenaturalee normale il nostro presente. Anche quando ci ricordano le atrocità e le sofferenze che gli umani sono stati capaci di infliggere ai loro simili, ci aiutano a riconoscerle nel nostro presente.

La conoscenza della storia, il continuo ri-raccontarci la storia e le storie, mette noi stessi nelle nostre mani e ci invita a osare altro!

La paura della storia o la messa in ombra della memoria storica, da parte di regimi repressivi, tendenzialmente violenti e autoritari, è forse il tentativo di far dimenticare che ci sono stati anche momenti della storia dell’umanità, in cui è emersa, con forza, la consapevolezza che era ora di prendere posizione riguardo a un progetto di umanità, o a una forma di civiltà e di valori, da cui sarebbe dipeso, in ogni caso, il destino della comunità umana. . 

Per fortuna la storia non sempre è adatta a confermare o abbellire il nostro presente, ma ci ricorda piuttosto speranze o terrori, vissuti molto tempo fa e poi ammutoliti o repressi, che risorgono improvvisamente, in mezzo al mondo unidimensionale della nostra vita quotidiana. Per qualche istante quei ricordi, se non ammutoliti o oscurati, mettono in luce, dura e stridente, la problematicità di ciò a cui ci siamo apparentemente abituati e conciliati e la banalità del nostro presunto ‘realismo’

Abbiamo bisogno, tutti, soprattutto oggi, di più storia non di meno storia. Ne abbiamo bisogno tutti: non solo chi ha scelto studi letterari o umanistici, ma anche chi segue percorsi di studi scientifici, tecnici o professionali o artigianali. Ne abbiamo bisogno, anche se lo studio della storia per la sua connaturata complessità non è sempre divertente.

“Prima di tutto vennero a prendere gli zingari, e fui contento, perché rubacchiavano. Poi vennero a prendere gli ebrei, e stetti zitto, perché mi stavano antipatici. Poi vennero a prendere gli omosessuali, e fui sollevato, perché mi erano fastidiosi. Poi vennero a prendere i comunisti, e io non dissi niente, perché non ero comunista. Un giorno vennero a prendere me, e non c’era rimasto nessuno a protestare (Martin Niemöller, citato da G.B.Zorzoli su Alfabeta2, 21 ottobre 2018.

Vuoi sapere chi ha paura della storia, caro lettore?

Ebbene sono tutti quelli che non vogliono che tu conosca questo racconto del pastore Martin Niemöller. O altri racconti simili. E soprattutto non vogliono che tu sia in grado di raccontarlo ad altri.

Sia chiaro, però, che le cose non cominciano quando “quelli” vengono a prenderti. No! Cominciano molto prima: con parole apparentemente innocue, con mezze verità fatte scivolare lì quasi per caso, con discorsi che paiono di buon senso

O con piccoli gesti che accadono tra l’indifferenza dei più.

 

Commenti all'articolo

  • Di Un italiano (---.---.---.163) 2 novembre 2018 15:34

    E va bene! Sta rinascendo il fascismo.

  • Di Marina Serafini (---.---.---.33) 2 novembre 2018 17:25
    Marina Serafini

    Carissimo,

    piacere di reincontrarla tra i suoi scritti! Mi spiace notare che l’animo Un italiano commentatore qui sopra, abbia banalizzato il senso di questo bell’articolo. Giannulli, in un recente articolo ha sostenuto una posizione molto radicale in merito: in sintesi si dichiarava favorevole alla riduzione delle ore di insegnamento di storia in scuole statali (non in quelle pubbliche, ci tiene a sottolinearlo), in quanto necessarie solo a svilirne il valore e a far sbiadire l’interesse verso di esso da parte delle giovani menti. Una provocazione la sua, quella dello storico che rifiuta il surrogato di una gemma che si sostituisce ad essa con arroganza e con malcelata malversazione. La chiosa esasperata dichiara che almeno così, forse, qualcuno potrà iniziare di nuovo ad interessarsi alla storia, e magari inizierà davvero a studiarla.

    Lei cita il nazismo ed io la seguo: a lungo si è detto e scritto sul fenomeno descrivendolo come una atrocità incresciosa, come un evento unico e vergognoso, come Un Evento, appunto. Lo si è messo nei musei, questo evento, lo si è tinto col sangue raggrumato e lo si è coperto con la polvere della memoria su cui soffiare di tanto in tanto, durante gli anniversari e le inaugurazioni, e le manifestazioni politiche. Qualcosa che è accaduto e che è fuori di noi e non ci tocca più. Non è del ritorno del fascismo, caro commentatore anonimo, che qui si sta disquisendo, ma sul fatto che noi viviamo la storia che contribuiamo a fare sull’eredità di quella da cui proveniamo, e se poi, superficialmente, ce ne dimentichiamo, finisce che iniziamo ad etichettare eventi e inserirli nelle griglie cronologiche che tanto fanno comodo alle menti pigre.

    Quanto è accaduto in quel fenomeno indicato come nazismo non è altro da noi: ci coinvolge tutti e ci appartiene, e deve ammonirci, e deve gridarci contro ogni giorno in cui respiriamo. Perchè quanto è accaduto non è semplicemente accaduto: lo abbiamo fatto accadere noi e noi lo abbiamo subito. E così per altri accadimenti, che sian drammatici o creativi, o rivoluzionari, che siano serviti ad ottenere riconoscimenti o a perderli. cancellare la storia è cancellare la vita.

    Qui si parla di uomini e della loro vita reale, signor commentatore anonimo, non di ideologie e di banali ping pong da talk show . Per quelli ci sono molti programmi televisivi da fruire in beata passività...

  • Di Pino Mario De Stefano (---.---.---.92) 5 novembre 2018 14:18

    Cara Marina Serafini non posso che condividere il suo bello e argomentato commento....vorrei pure incorniciare le ultime righe, a partire da “cancellare la storia è cancellare la vita....”ecc. fino alla fine. Pino Mario De Stefano

  • Di Antonello Laiso (---.---.---.213) 7 febbraio 2019 19:29

    Condivido in Totò,cara Marina,talk show,paranoia,la classe non è acqua,"non ti curar di loro ma guarda e passa". La.noncuranza è la.miglior risposta al nulla.

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