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Castello Sforza Italia

Ancora una volta il querulo gerontocrate si è esibito, nella cornice del Castello Sforzesco, in un monologo d’altri tempi.

L’immagine è la solita: un’Italia immobile, ancorata al sempreverde scontro ideologico, condannata al quotidiano regresso politico, sociale, morale e culturale.

Una storia italiana ferma all’epoca della “discesa in campo”. L’autore e interprete, per sua stessa ammissione, non ha cambiato una parola.

Il capopopolo (delle libertà) ha enunciato i suoi proclami, more solito, al pubblico in visibilio (Visibilia per la Santanchè): tema principale l’esaltazione del governo del fare (quamquam).

Come sempre unico ottimista in un paese virtuale che fa scomparire, dai discorsi, dall’agenda politica, dall’informazione, quello reale: il calo occupazionale, le imprese che cessano l’attività o che delocalizzano, il lavoro che non c’è, la disoccupazione vecchia e nuova, lo sviluppo economico che manca (di ministro e di ritrovate opportunità) e la crisi economica ancor vigente.

Altro tema dominante, oltre l’esaltazione di sé e il promettere mirabilia, la solita, infuocata querelle tra politica e magistratura: déjà-vu.

Il Presidente del Consiglio, anche lui di lotta e di governo, continua ad imputare tutti i mali dell’Italia alla longa manus sinistra.

Nella sua veste da imbonitore – è innegabile – ha un certo fascino ed un innegabile seguito. Un consenso che, da più parti, è stato equiparato al populismo. A onor del vero si tratta d’una capacità che non si concretizza nell’assecondare le aspettative del popolo o farsi carico delle istanze e delle necessità collettive. E’ qualcosa di diverso: sono le personalissime urgenze individuali che si proiettano come bisogno unanimemente condiviso.

Dal nostro punto di vista siamo oltre quella democrazia che impone il rispetto delle regole, l’equilibrio dei poteri e la loro inalterabilità (se non attraverso un processo ed un’elaborazione largamente partecipati e non a colpi di maggioranza).

E noi, oggi, dovremmo retrocedere di 16 anni, come se nulla fosse capitato nel frattempo?

No! Andiamo avanti su un’altra strada: la ragionevolezza e, perché no, il costruttivo confronto, non più preda dello sfascio politico-istituzionale desideroso di fare tabula rasa.

E, allora, in attesa dell’ulteriore e ormai indomabile furia montante (che potrà riguardare, per esempio, la reiterata richiesta di dimissioni del Presidente della Camera, subito dopo la formalizzazione del nuovo partito o la contestazione della Corte Costituzionale, a seguito di eventuali decisioni sfavorevoli) facciamo nostra la recente analisi di Massimo Cacciari.

Diamo ascolto e priorità a tutto il resto, non alla visione privata della giustizia destinata a restare vexata quaestio.

C’è un’Italia che aspetta risposte ed auspica certezze più solide e non ha più voglia di proclami.

Commenti all'articolo

  • Di pv21 (---.---.---.197) 5 ottobre 2010 19:58

    Si fa, ma non si dice > Il 9 ottobre entra in vigore il DL 15.3.2010 voluto dalla coppia Calderoli-LaRussa. Il DL prevede anche la depenalizzazione del reato di promozione, costituzione, organizzazione e direzione di "associazioni di carattere militare che perseguano, anche indirettamente, scopi politici". Guarda caso a Verona è in corso da alcuni anni il processo sulla formazione paramilitare Guardia Nazionale Padana (Camicie Verdi) organizzata nel 1996 dagli attuali massimi esponenti della Lega Nord. Troppa foga nella "semplificazione" di norme inutili? Prima di andare a elezioni è meglio pulire gli armadi? La storia insegna che la Febbre del Tribuno non rinucia a dettare sue regole e interessi finchè può contare su una casta di Primi Super Cives attenta a privilegi e immunità ... 

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