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Caso Moro | Vittime di via Fani: ricordo e giustizia

Il 16 marzo del ’78 il presidente della Dc, Aldo Moro, veniva sequestrato da un commando armato delle Br. Ancora oggi, nonostante siano passati 40 anni dall’eccidio, ci sono troppi misteri da scoprire, tanto da classificare la strage e il sequestro come uno dei vari “misteri d’Italia”.

Purtroppo la storia repubblicana ha tanti segreti a cominciare dall’eccidio di Portella della Ginestra, avvenuto il 1 maggio del ’48, fino alle bombe del 1992-93. Una strategia di destabilizzazione che, secondo alcuni, serviva per “stabilizzare” il quadro politico italiano mediante accordi e patti segreti occulti.

Il sequestro Moro accadeva alla vigilia del voto di fiducia al IV governo Andreotti con l’appoggio politico del Partito comunista. Si trattava del “compromesso storico”, tra il segretario del Partito Comunista Berlinguer e Moro presidente della Democrazia Cristiana. Un accordo che vedeva l’opposizione sia interna ai due partiti, dovute alle diverse correnti, che esterna al quadro politico italiano.

Gli interessi, le strategie, gli equilibrismi dello schema rigido delle divisioni dei blocchi in Est – Ovest (Unione Sovietica e Stati Uniti) non appoggiavano il compromesso storico: non riconoscevano l’importanza politica della democrazia compiuta con l’ “alternanza” della gestione del governo. E’ in questo contesto che la mattina del 16 marzo, in via Fani, avveniva la strage con l’uccisione di cinque agenti di scorta, Oreste Leonardi, Domenico Ricci, Raffaele Iozzino, Giulio Rivera, Francesco Zizzi, e il sequestro di Aldo Moro.

Un’azione da commando scelto, addestrato e militarmente organizzato. Un’azione che vede oltre le verità di comodo, una verità per parecchi anni “occultata e inquietante”. I lavori della Commissione d’inchiesta, che ha proceduto con rigore e imparzialità ha analizzato e rivisto tutte le testimonianze e le documentazioni passate, nonché ha acquisito nuovi e importanti documenti e rivelazioni, hanno portato al varo di una importante relazione nel dicembre 2017. 

Va dato atto del denso lavoro della Commissione e in particolare della tenacia, passione e costante ricerca della verità da parte del Vice-presidente Gero Grassi, il quale ha girato in lungo e in largo l’intero paese per far conoscere la verità sull’ affaire Moro. 

Il quadro che emerge dalla relazione è di “convergenze parallele” tra poteri apparentemente contrapposti, di ambiguità istituzionali dell’epoca e pesanti interferenze esterne. Molte verità ufficiali iniziano a scricchiolare: dalla dinamica dell’azione in via Fani alla presenza di appartenenti ai servizi segreti; dal ruolo del Bar Olivetti alla scoperta di nuovi covi appartenenti alle Brigate Rosse vicino al luogo della strage; dal ruolo della mafia, ndrangheta e banda della Magliana durante e dopo il sequestro; dalla perizia sulla dinamica dell’uccisione di Aldo Moro ai depistaggi per nascondere prove e complicità.

Oggi emerge una realtà o almeno una parte di essa, visto ancora le reticenze, i silenzi e la scomparsa di diversi personaggi che hanno avuto un ruolo all’epoca dei fatti, che ci ricorda il sacrificio delle vittime. Una verità essenziale per rendere giustizia ai martiri che hanno difeso la democrazia e per capire la storia d’Italia.  

Salvatore Falzone

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