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Casa Bianca: dopo Obama un ebreo o una donna?

La corsa delle primarie oggi affronta il New Hampshire.

E in America un brivido corre lungo la schiena dei benpensanti tradizionalisti di area wasp (white, anglo-saxon, protestant), cioè della classica élite sociale ed economica abituata a gestire il potere negli States barcamenandosi un po’ nella abituale altalena fra repubblicani e democratici.

Le primarie in corsa sembrano favorire, ma siamo solo ai primi passi, le ale estreme dei due storici schieramenti.

Da una parte l’outsider Bernie Sanders, un vecchio ebreo newyorkese dichiaratamente socialista (davvero uno dei pochi che hanno il coraggio di definirsi tale nell’ambito della sinistra americana) capace di entusiasmare i giovani americani ricordando che "con Obama abbiamo avuto sette anni di crescita economica ma i suoi frutti sono andati per i due terzi all'un per cento dei più ricchi...".

Mettendo il dito nella piaga delle questioni globali da cambiare: una bella utopia (che è meglio non abbandonare mai), ma pur sempre un'utopia allo stato attuale delle cose. Per questo la gran dama della famiglia Clinton, una ultrapragmatica Hillary molto battagliera e determinata, resta la grande favorita alla successione di Barack Obama alla Casa Bianca (e però per ora rosica: "Piacerebbe anche a me, trascinare i giovani come sta facendo il senatore Sanders").

Sul fronte opposto, un grossolano buzzurro arrogante e politicamente scorretto, dalla battuta greve e la capigliatura decisamente improbabile (quasi peggio del bitume berlusconiano).

Fra i litiganti si affaccia sempre più pressante il tycoon dell’informazione e miliardario bostoniano Michael Bloomberg, anche lui di origini ebraiche, ex sindaco di New York ed ex repubblicano (oggi indipendente) per quanto molto vicino alle idee democratiche in merito ai diritti civili. Capacissimo quindi di raccogliere voti sia nel bacino elettorale di una sinistra intimorita dal “radicalismo” di Sanders (il tam tam antiradicale si è già scatenato), sia in una destra inorridita da Trump, ma molto perplessa anche sul muscolare Marco Rubio ("In un mondo multilaterale l’America deve poter continuare ad agire unilateralmente, se serve") o, peggio, sul fanatico oltranzista Ted Cruz (“limitare le immigrazioni ai soli cristiani”), entrambi di origini cubane; cioè scelti apposta per limitare i danni in un paese sempre più multietnico (in senso latino).

Insomma gli Stati Uniti esistono dal 1776 e forse ora eleggeranno un presidente di origini ebraiche (Bloomberg, non Sanders) o una donna, dopo un nero; le cose cambiano quindi al di là dell’Atlantico, forse nel tentativo di lasciare che rimangano, in fondo, sempre le stesse: assuefatte alla solita predominanza wasp.

Sanders a parte, sia chiaro.

Commenti all'articolo

  • Di Persio Flacco (---.---.---.2) 17 febbraio 2016 22:15

    L’aspetto notevole della possibile candidatura di Bloomberg non deriva dal suo essere ebreo, deriva dal suo definirsi "ardente sionista", cioé entusiasticamente aderente, lui cittadino americano, ad una ideologia nazionalista riferita ad uno Stato estero di nome Israele.
    La prima ovvia questione é: se Bloomberg diventasse presidente degli Stati Uniti, e se gli interessi degli Stati Uniti si trovassero a divergere da quelli di Israele, quale dei due assumerebbe come prevalenti? Prevarrebbe il nazionalismo statunitense o il nazionalismo israeliano?
    La seconda questione è che il cosiddetto sionismo è rappresentato negli USA, e non solo, da organizzazioni che hanno condotto, e ancora conducono, battaglie tendenti a influenzare le sue scelte di politica estera in direzioni piuttosto radicali, sponsorizzando la guerra all’Iraq, alla Libia, alla Siria, all’Iran: tutti soggetti che la lobby giudica o ha giudicato nemici di Israele. Se il Bloomberg presidente aderisse a queste linee di indirizzo, e da ardente sionista quale dice di essere non c’è da dubitare che lo farebbe, dovremmo aspettarci disastri peggiori di quelli fatti da Bush Jr.
    Perché una cosa NON si può dire dell’ideologia sionista e di quelli che la rappresentano: che abbia idee moderate e pluraliste.
    Ora, è vero che i mass media sono molto attenti a coprire certe punte taglienti del sionismo facendole passare per una liscia pelliccia, ma il rischio che l’opinione pubblica ne venga ferita e attribuisca al Bloomberg ebreo piuttosto che al Bloomberg sionista la responsabilità dei danni conseguenti a certe scelte è molto alto.

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