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Carlos lo Sciacallo a processo. Profilo di un “rivoluzionario professionista”

E’ passato un mese da quando, ben scortato da quattro agenti di polizia e dai suoi avvocati (fra i quali troneggia impavida Isabelle Coutant-Peyre, diventata sua moglie con rito islamico nel 2001), Carlos, al secolo Ilich Ramirez Sanchez, si è presentato davanti alla Corte d’Assise di Parigi.

 
Col pugno chiuso rivolto alle telecamere ed un sorriso beffardo sotto la barba incolta, lo Sciacallo non ha perso il suo carisma, nonostante si presenti ormai come un anziano signore di 62 anni. Alla domanda di rito del giudice (“professione?”), l’ex terrorista risponde con studiata insolenza: “rivoluzionario!”. 
 
 RIVOLUZIONARIO DI PROFESSIONE
 
Venezuelano di nascita, ma nominato “cittadino palestinese onorario” da Yasser Arafat in persona - o almeno così dice lui nel suo francese dal forte accento sudamericano - Carlos è nato nel 1949 a Michelena, nella regione di Tachira, secondogenito di un avvocato (un “marxista fanatico”) che ha battezzato i suoi tre figli come il suo mito: rispettivamente Vladimir, Ilich e Lenin. 
 
Militante comunista da quando aveva quindici anni, il giovane Ilich viene spedito a studiare a Londra, poi in Russia, all’università Patrice Lumumba di Mosca, vera e propria fucina di guerriglieri in erba. Dei suoi rapporti con il Kgb non vi è traccia scritta, ma sono molto più che dei semplici illazioni. 
 
Nel 1970, a ventun’anni, viene reclutato dal Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina. Passa diversi mesi in un campo di addestramento di fedayyin in Giordania, dove si guadagna la stima di Wadi Haddad, capo delle operazioni esterne del FLP, che lo nomina comandante e lo incarica di condurre diverse azioni in Europa, tra Londra e Parigi. Ma è l’attentato alla sede dell’OPEC a Vienna, il 21 dicembre 1975, a rendere Carlos celebre in tutto il mondo. 
 
Alla guida di un piccolo commando, il venezuelano rapisce più di 60 ostaggi, tra i quali i ministri dell’energia e delle finanze dei 12 paesi esportatori di petrolio; si fa quindi consegnare un riscatto astronomico (tra i 20 ed i 50 milioni di euro dell’epoca) ed un aereo di linea col quale vola ad Algeri, dove ottiene asilo politico. 
 
 
Nonostante la spettacolare operazione, Carlos fallisce la sua missione: giustiziare i ministri di Iran ed Arabia Saudita. Viene per questo espulso dal FPLP, ma la sua stella di rivoluzionario è appena nata. Dal 1975 Carlos è in fuga, braccato dalle polizie di mezzo mondo, “celebrato” da giornali e televisioni, lo Sciacallo (soprannome affibbiatogli quando un romanzo di Forsyth, “Il giorno dello Sciacallo”, viene trovato tra i suoi effetti personali in una camera d’albergo) decide di mettersi in proprio. Fonda ORI, organizzazione rivoluzionaria internazionale che conta tra le sue fila numerosi fuoriusciti della RAF, delle BR, di Settembre Nero, con sede a Budapest, in Ungheria. 
 
Da lì coordina decine di operazioni sulle quali si sa ancora poco o nulla, dividendosi tra accoglienze regali nei paesi arabi, hotel a cinque stelle, belle donne e sparatorie. Una clandestinità durata quasi vent’anni che lo rende il nemico pubblico numero uno del controspionaggio francese, ma non solo. 
 
Arrestato in Sudan nel 1994 in circostanze ancora da chiarire, estradato in Francia pochi giorni dopo, Carlos è già stato condannato all’ergastolo nel 1997 per l’omicidio di due poliziotti della DST e di un informatore, Michel Moukarbal, in Rue Toullier, Parigi, a metà degli anni ’70. Ma è per accuse ancora più gravi che l’ex primula rossa del terrorismo internazionale deve rispondere davanti alla giustizia. 
 
 
Una vicenda che risale a trent’anni fa, ma che i pubblici ministeri parigini vogliono chiarire una volta per tutte. 
 
GLI ATTENTATI
 
Febbraio 1982. Magdalena Kopp, compagna di Carlos, e Bruno Bréguet, un ex membro della RAF, vengono arrestati non lontano dagli Champs-Elysées mentre viaggiano su un auto carica di armi, munizioni ed esplosivi. A cosa servisse quell’arsenale non si è mai saputo. 
 
Quello che è certo è che pochi giorni dopo venne recapitata una lettera anonima in cui si invita il ministro degli Interni a “liberare i prigionieri entro trenta giorni”. Se la richiesta non verrà esaurita vi saranno pesanti ritorsioni (“ça sera la guerre”, recita l’ultimatum). Ritorsioni che, puntualmente, avvengono. 
 
L’accusa mossa a Carlos è quella di complicità in quattro attentati dinamitardi che all’inizio degli anni ’80 hanno fatto 11 vittime e più di 150 feriti: quello contro il treno Capitole il 29 marzo 1982 (5 morti e 28 feriti); l’autobomba di Rue Marbeuf il 22 aprile 1982 (1 morto e 66 feriti) ; l’ordigno piazzato su un altro treno, il TGV “Le Valenciennes” da Marsiglia, il 31 dicembre 1983 (3 morti e 9 feriti) e, lo stesso giorno, quello esploso alla stazione Saint-Charles a Marsiglia (2 morti e 34 feriti). 
 
Carlos, insieme ad altri membri dell’ORI, in particolare Christa Margot Frohlich, Johannes Weinrich ed Ali Kamal al-Issawi, avrebbe organizzato gli attentati come rappresaglia alle condanne inflitte ai loro compagni. Accuse che Ramírez Sánchez, insieme agli altri imputati, respinge come “macchinazioni”. “E’ tutta una montatura del Mossad”, afferma. 
 
E si lancia in una serie di ricostruzioni storiche che ci parlano molto di quegli anni. Gli anni dello Sciacallo. 
 
...Continua
 
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