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Cannes 2019. “Sorry we missed you”, il messaggio di Ken Loach: “Precari di tutto il mondo unitevi”

Poco importa se con “Sorry we missed you” Ken Loach non ha ricevuto a Cannes 72 nuova conferma sul valore della sua arte, probabilmente non interessava neanche a lui. Sarebbe stato un dejà vu per lui stesso come per i giurati.

di Bruna Alasia

 Il film è di un maestro che sa unire l’utile al “dilettevole”, aggettivo che va inteso nel senso di saper appassionare, perché Ken Loach racconta la vita sacrificata di due precari che di sollazzante ha poco.

Protagonista di “Sorry we missed you” è una famiglia di Newcastle – padre e madre con due figli, una di undici anni e l’altro in età liceale – la cui sopravvivenza è faticosamente garantita dal lavoro senza sicurezza dei genitori. La madre assiste diverse persone anziane, il padre nella ricerca di un posto più redditizio vende la loro automobile per comprare un furgone, con il quale diventare trasportatore in proprio: in pratica è un rider assunto in un’azienda che ha come obiettivo il solo profitto. Da quel momento tutto per lui è finalizzato alla velocità di consegna e anche la pipì deve essere scaricata in una bottiglia. Ogni lavoratore che accetti queste regole, dice Ken Loach, è perduto …

Nei titoli di coda del film si legge “Grazie a tutti quei trasportatori che ci hanno fornito informazioni sul loro lavoro ma non hanno voluto che i loro nomi comparissero”, postilla che la dice lunga sulla serietà del regista nel documentarsi e sul valore sociologico del film. Due volte Palma d’oro – nel 2006 con Il vento che accarezza l’erba e nel 2016 con I, Daniel Blake – alla vigilia del suo ottantatreesimo compleanno il regista inglese è tornato con un film che affronta i problemi legati alla precarizzazione e alla perdita dei diritti sindacali del nuovo mondo, e lo ha fatto non solo dal punto di vista delle responsabilità dell’azienda ma anche di quelle del lavoratore.

“Sorry we Missed you” ritrae la vita quotidiana di una coppia di persone semplici, che faticano dall’alba al tramonto senza potersi dedicare ai figli, con i quali i conflitti scoppiano anche per la disistima che genitori subordinati ispirano alla prole. Non è cioè sola denuncia delle condizioni socio-culturali di un capitalismo sempre più selvaggio, reso possibile negli anni da politiche di sinistra troppo remissive e poco lungimiranti, ma anche disamina di quel comportamento individuale e collettivo, che ha prodotto gli schiavi del nuovo millennio. La rincorsa a rendere sempre più e meglio, accettando i modelli imposti dalle aziende per poter sbarcare il lunario, è una sconfitta umana che – questa la completezza del messaggio di Ken Loach – non deve essere addebitata solo a cause esterne : in altre parole “precari di tutto il mondo unitevi”.

Questo articolo è stato pubblicato qui

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