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CDP Equity, un piccolo fondo sovrano all’italiana

Tra le varie società gemmate da Cassa Depositi e Prestiti ve n’è una che si pone l’ambizioso compito di acquisire “quote di minoranza in imprese di rilevante interesse nazionale, che siano in equilibrio economico-finanziario e presentino adeguate prospettive di redditività e sviluppo”. 

Una holding di partecipazioni di prevalente minoranza, con un bilancio di 3,5 miliardi di euro ed un perimetro d’investimento piuttosto peculiare.

Attualmente CDP Equity (già Fondo Strategico italiano) ha partecipazioni in 10 aziende. L’ultima operazione è stata annunciata ieri, ed è l’ingresso al 46% nel capitale di Hotelturist (TH Resorts), con un investimento di circa 20 milioni di euro in un gruppo alberghiero che

«[…] prevede di raddoppiare le dimensioni aziendali con l’apertura di oltre 10 nuove strutture alberghiere nei prossimi cinque anni. L’operazione ha poi un rilevante impatto occupazionale (in particolare al Sud, con 8 strutture): a fine piano, TH Resorts punta ad aumentare di 3.500 unita’ gli addetti diretti e indiretti passando dagli attuali 5.000 ad un totale di 8.500»

Ottimo, ne siamo lieti. Tuttavia, forse perché siamo cinici e miopi, non riusciamo a cogliere il motivo per il quale una finanziaria d’investimento pubblica debba entrare nel capitale di una società alberghiera, sia pure in fase di sviluppo. Quale è la leva strategica? C’è un rilevante apporto di innovazione, ricerca e sviluppo? Non si direbbe. Lo stesso motivo per il quale non è chiaro perché CDP Equity è presente nel capitale di Rocco Forte Hotels, con un investimento di 60 milioni di sterline. Davvero, mi sfugge la ratio. Ammetto i miei forti limiti di “visione”. Mancano forse capitali privati, nel settore alberghiero? Cos’è, l’ennesimo caso di “fallimento del mercato”? O forse è un velleitario tentativo di “fare rete” ed integrazione/consolidamento nel settore, pensando che il settore privato non sia in grado di farlo da sé?

Altri investimenti di CDP Equity sono certamente più consoni all’idea di investimenti innovativi. Ad esempio Open Fiber, i plasmaderivati di Kedrion. Non sono del tutto certo che sia strategicamente pertinente l’investimento in SIA, società interbancaria per l’automazione: qui l’operazione pare più frutto di risistemazioni tra parti collegate (Poste), e lo stesso si può dire della quota di Saipem, su cui CDP Equity ha fatto un bel bagno di sangue (ma tanto è “capitale paziente”, di lungo periodo) per dare una mano ad Eni; o Ansaldo Energia, acquisita al 44,8% per supportare Leonardo Finmeccanica.

Quello che è utile sapere è che il genitore di di CDP Equity, FSI, è stato fortemente voluto da Giulio Tremonti, quando già il Belpaese era scosso dalle “scorrerie” (come si dice oggi) dei francesi, che si compravano impunemente gioielli italiani quali Bulgari, Parmalat, Edison e Tremonti era deciso a creare nientemeno che un fondo sovrano con cui rispondere colpo su colpo ai predatori transalpini. Una successiva ridefinizione del perimetro di operatività ha identificato i settori di interesse di CDP Equity in difesa, sicurezza, infrastrutture, trasporti, comunicazioni, energia, assicurazioni e intermediazione finanziaria, ricerca e innovazione ad alto contenuto tecnologico, pubblici servizi, turistico-alberghiero, agroalimentare e della distribuzione, gestione dei beni culturali e artistici. Criteri derogabili in base alle dimensioni d’impresa.

C’è di buono (per i contribuenti) che CDP Equity può operare solo su aziende in equilibrio economico, finanziario e patrimoniale. E già questo spiega perché non si tratta di un vero private equity, sotto alcuna definizione del medesimo. Ma ad osservare il suo portafoglio appare del tutto chiaro che questo tentativo di scimmiottare il sistema-paese della Francia non è esattamente riuscito. Quello che siam riusciti a creare è una piccola cassa di compensazione di equilibri di “sottosistema”, oltre a criteri di investimento che appaiono eterogenei e non necessariamente alla frontiera di quello che dovrebbe essere l’attività di un private equity e della sua logica di investimento. Forse perché il concetto di private equity qui manca proprio. Un’altra geniale idea dell’incompreso Tremonti, assieme alla leggendaria Banca del Mezzogiorno. Ricordate?

Ah, a proposito di Open Fiber e sistemi-paese: oggi la società ha dato il via al finanziamento del piano industriale 2017-2026. Tre banche sono coinvolte nel prestito-ponte e nel successivo project financing: BNP Paribas, Société Générale e Unicredit. Ben strano che nessuno dei nostri folkloristici patrioti, che spesso si travestono da guappetti, “minacciando” le aziende straniere operanti in Italia, abbia alzato il ditino per opporsi a questa presenza pervasiva e soffocante del capitale francese in Italia, non trovate?

(Foto: FPA Srl/Flickr)

Questo articolo è stato pubblicato qui

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