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Brexit in vista: il punto sul Regno Unito

Il Partito Conservatore è in crescita nei sondaggi, ma il consenso di cui gode il premier Boris Johnson sembra essere in calo.

di Francesco Cianfanelli

Il Regno Unito è appena entrato nel mese finale della trattativa sull’uscita dall’Unione Europa (Brexit). Come concordato ad aprile scorso da Theresa May e dai leader europei, l’attuale deadline è infatti il 31 ottobre, ma c’è ancora la possibilità in campo di un nuovo rinvio. Se infatti Boris Johnson si è dimostrato disponibile a giocare la carta del “No Deal” (anche come spauracchio in fase di trattativa), il Parlamento britannico è apertamente ostile a questa opzione, e lo scorso 9 settembre ha approvato una legge che costringerà il primo ministro a chiedere un nuovo rinvio della Brexit, in caso di mancato accordo.

Nel frattempo la Corte Suprema ha cancellato e dichiarato illegittima la chiusura del Parlamento disposta da Johnson, ma ormai i tempi sono così stretti che l’opzione di un ritorno alle urne prima del 31 ottobre è impraticabile. Al contrario, molti osservatori ritengono decisamente probabile che si vada ad elezioni anticipate appena dopo la deadline della Brexit. Uno scenario che, con i numeri di oggi, potrebbe dare nuova forza a Johnson e riservare delusioni ai laburisti di Jeremy Corbyn.

I Conservatori crescono. Ma basterà per vincere?

Ormai da tre mesi i Tory crescono nei sondaggi e si confermano il primo partito del Regno Unito, con il 34,1% due punti sopra il risultato dello scorso mese (media delle rilevazioni di YouGov Opinium). Un risultato tutto sommato modesto, visto che nel 2018 il partito oscillava fra il 38% e il 42%, ma allo stesso tempo piuttosto rassicurante in caso di ritorno alle urne: il secondo partito, il Labour è infatti distante di ben undici punti al 23%, lo stesso dato di un mese fa. Crescono anche i Liberal Democratici, portandosi al 19,3%. I Lib-Dem sono l’unico dei tre partiti storici ad aver avuto un exploit alle elezioni europee e che si sta confermando sui livelli di fine maggio: i Verdi oggi sono infatti rilevati sotto al 5%, mentre il Brexit Party è sceso al 12,8%. 

Se la crescita costante del partito Conservatore si spiega anche il progressivo sgonfiamento del Brexit Party e la scomparsa dello UKIP (ormai da quattro mesi sotto l’1%), è comunque degno di nota il fatto che la somma dei tre partiti più apertamente pro-Brexit è in crescita: dal 45% post-Europee al 47,5% di oggi.

Come sempre, in presenza di un sistema interamente basato sui collegi uninominali maggioritari è difficile ipotizzare un risultato elettorale basandosi sui sondaggi nazionali. Ma è comunque verosimile che un vantaggio così netto su laburisti e liberal-democratici potrebbe anche garantire ai Conservatori una maggioranza autonoma in caso di elezioni anticipate, nonostante il risultato deludente in termini di consensi (mai nella storia del Regno Unito il partito che ha vinto le elezioni ha preso meno del 35% del voto popolare).

La luna di miele di Boris Johnson sta già finendo

Negli ultimi aggiornamenti avevamo sempre scritto che le migliori notizie per Boris Johnson arrivavano dal consenso personale. Laddove il partito Conservatore stentava a tornare sui livelli di consenso degli anni scorsi, il premier sembrava invece godere di forti simpatie nell’elettorato – soprattutto se paragonato ai rivali. Ultimamente, però, le cose vanno un po’ meno bene per Johnson.

Se un mese fa Opinium registrava un gradimento del 41% per Johnson, oggi è sceso al 34%. Per intenderci, siamo sui livelli di Theresa May nella prima metà del 2018. Se Atene piange, Sparta non ride: Jeremy Corbyn è in crescita di 3 punti, ma è comunque molto indietro, al 21%. Dopo le fatiche iniziali, cresce Jo Swinson, nuova segretaria dei LibDem, che raggiunge il 25% e fa registrare risultati migliori rispetto al suo predecessore Vince Cable. Nella scelta del primo ministro ideale fra Johnson e Corbyn, entrambi perdono terreno rispetto a un mese fa (da 41-17 a 37-16).

Anche sulla gestione della Brexit i pareri sul lavoro di Johnson sono discordanti. Il 46% è in disaccordo con il suo modo di gestire la questione, mentre solo il 37% lo appoggia. Anche in questo caso però questi dati vanno visti in prospettiva, confrontandoli con i rivali. Il 60% degli elettori infatti non apprezza le risposte di Corbyn su questo tema (solo il 16% lo fa), mentre la posizione di Jo Swinson di netta opposizione alla Brexit è apprezzata dal 23% degli elettori e sgradita al 39%. Da segnalare che mentre i giudizi su Johnson e Swinson sono molto polarizzati in base alla posizione dell’elettorato sul tema, la posizione di Corbyn sul tema Brexit scontenta in modo trasversale, dai più fanatici Remainer ai Leaver più convinti (anche se fra i Remainer il giudizio è un po’ meno negativo).

Il 49% degli intervistati ritiene inoltre che la Corte Suprema abbia fatto bene a dichiarare illegittima la sospensione del parlamento di Boris Johnson, mentre per il 35% il primo ministro era nel giusto.

Brexit: basta con i rinvii

A meno di un mese dalla deadline sulla Brexit, secondo Opinium l’elettorato non vorrebbe un ulteriore rinvio, come invece imposto dal Parlamento in caso di mancato accordo. Il 43% vorrebbe procedere con l’uscita il 31 ottobre, anche in caso di No Deal (l’80% tra chi voterebbe per i Conservatori). Il 27% vorrebbe cancellare la Brexit (revocando il famoso art. 50) senza nemmeno passare per un nuovo referendum, mentre solo il 19% rinvierebbe ulteriormente la deadline per aspettare il raggiungimento di un nuovo accordo magari da sottoporre anche a un nuovo referendum. 

Questo articolo è stato pubblicato qui

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