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Caso Ilva: chi è Enrico Bondi

Enrico Bondi, recentemente nominato commissario straordinario per il caso Ilva, ha una lunga carriera alle spalle. Passata proprio per l'azienda siderurgica di Taranto, ma anche attraverso dichiarazioni e scelte che lasciano qualche perplessità. E non meno dubbi lasciano i fondi di cui potrà disporre: appena 1,8 miliardi di euro.

Con il decreto ILVA sono state rese possibili le nomine a commissario straordinario di Enrico Bondi e del subcommissario Edo Ronchi. Loro compito sarà l’attuazione delle prescrizioni Aia (autorizzazione integrata ambientale). A tal fine è stata stanziata la cifra di 1,8 miliardi di euro, che fatti due conti e visti i precedenti, in realtà basteranno a malapena per la copertura dei parchi minerali.

Si tratta di una cifra insufficiente anche solo ad isolare dal terreno i cumuli di minerale di ferro, carbone e calcare. Una presa di fondelli, soldi buttati dalla finestra, sprecati solo per la finalità di salvare il salvabile, ma non certo per iniziare l'opera di bonifica e salvaguardia degli impianti e dei cittadini. 

Ma qui vorrei parlare di Bondi. Cambia la governance ma non l'approccio al problema. Ieri i consulenti e fiduciari del padron Riva consideravano Taranto una delle città meno inquinanti oggi il commissario straordinario scrive che: «I criteri adottati e la procedura valutativa seguita dall'Arpa e dalla Regione Puglia nel rapporto sulla valutazione del danno sanitario dello stabilimento Ilva di Taranto presentino numerosi profili critici, sia sotto il profilo dell'attendibilita scientifica, sia sotto il profilo delle conclusioni raggiunte». 

Questa lettera pubblicata dalla Gazzetta del Mezzogiorno è stata inviata, dall'attuale commissario Bondi, l'uomo che dovrebbe risanare e bonificare lo stabilimento (con 1,8 miliardi!) all'Arpa, all'Ares, all'Asl di Taranto e al presidente Vendola alla fine di giugno e prosegue: «Tali profili critici siano compiutamente e specificatamente esaminati e considerati, prima della sottoposizione del rapporto alla Giunta regionale prima della presa d'atto».

Una vera e propria minaccia, un ultimatum. Tutto questo avveniva quando Bondi era stato nominato direttamente dalla famiglia Riva come responsabile e AD dell'ILVA. Cambia il ruolo, ma l'uomo e il suo pensiero non cambiano di certo. Quale garanzia può dare un uomo che pensa e scrive queste cose?

Per Vendola da sempre, fin dal suo insediamento, vicino alla proprietà e all'esigenza del profitto più che alla salute dei lavoratori e dei cittadini tarantini dimentico di quel che gli veniva detto e scritto dall'attuale commissario: «Il Piano di innovazione è importante» ma «il commissariamento è una vera svolta» perché, oltre a poter offrire «l’occasione di trasformare Taranto in un modello», può rendere «l’inquinamento soltanto un ricordo».

Più scettico e sintetico il sindaco Stefano«Si sono persi sette mesi e Taranto fino a questo momento non ha visto il benché minimo vantaggio».

Bondi è quello stesso che a suo tempo allegò alla sua lettera un dossier di 44 pagine, firmato dai consulenti Ilva dove cercavano di demolire gli studi scientifici sull'impatto delle emissioni dell'Ilva compiuti dall'Arpa, dai consulenti del gip Patrizia Todisco e dagli esperti del Ministero della Salute autori dello studio "Sentieri". I consulenti scelti da Bondi ripescavano tesi già utilizzate, in passato, dalla famiglia Riva riguardante la diffusione del tumore al polmone tra i tarantini secondo la quale non sarebbe dovuta agli effetti dei fumi prodotti dall'acciaieria più grande d'Europa ma agli stili di vita dei tarantini perché «è noto che a Taranto, città portuale, la disponibilità di sigarette era in passato piu alta rispetto ad altre aree del Sud Italia dove per ragioni economiche il fumo di sigaretta era ridotto fino agli anni '70».

Ora questo stesso Bondi è stato chiamato a risanare quello stesso stabilimento che emana aria profumata, salubre come aria di montagna e che tumori e malattie asmatiche e polmonare sono dovute al fumo eccessivo di sigarette, vizio talmene diffuso che persino i ragazzini di cinque anni ne sono affetti.

Quale fiducia possono avere i cittadini tarantini di fronte a questa scelta e a questo decreto? Al futuro e a questo governo? Quale arma legale hanno a disposizione visto che nel decreto Letta è stato stabilito che nemmeno la Valutazione del danno sanitario potrà modificare le prescrizioni Aia e che la Regione potrà al limite chiedere il riesame della stessa Aia? Ormai non c'è piu spazio per la legalità.

Il novecento ha decretato che Dio è morto, il duemila che la legalità e la democrazia nel nostro paese sono morti!

 

 

Foto: mafe de baggis/Flickr

Commenti all'articolo

  • Di Renzo Riva (---.---.---.17) 26 luglio 2013 22:36
    Renzo Riva

    Gli italioti vogliono la decrescita felice?
    Ebbene sia!
    Quanto sarà felice non è dato sapere.
    .

    Capita proprio a fagiolo nel giorno che ho scritto una lettera al Messaggero Veneto in tema con il presente articolo.
    .

    Decrescita felice

    La vicenda Ideal Standard e Evraz Palini e Bertoli mi da l’occasione di fare i complimenti alla vostra, presumo, freelance Francesca Artico per l’analisi e le interviste ai rappresentanti sindacali della triplice e per come ha trattato il caso di S. Giorgio di Nogaro con l’azzeccato titolo "Energia troppo cara e burocrazia mettono in ginocchio l’area".
    È mia convinzione che le tecnologie produttive delle ghise e degli acciai siano state assegnate dagli organismi internazionali tipo GATT, ai Paesi emergenti.
    Il bailamme conseguente sul caso eclatante dell’ILVA di Taranto mi convince che per chiudere una qualsiasi attività, basta muovere il popolo dei "NO a tutto" tipo Legambiente, WWF, "comitati contro ma", alla fine, porteranno alle inevitabili chiusure raggiugendo così l’eteregonesi dei fini.
    Ai tempi dell’Italsider a Taranto la triplice sindacale mai fece seriamente una politica ambientale per la tutela della salute dei lavoratori e del territorio circostante. Oggi invece si pretenderebbe che un privato, Riva, scucisse i dané che mai l’azienda di Stato partecipata si era sognata di fare.
    Oggi mi conferma nella mia convinzione anche la lettera di chi si lamenta del rumore emesso dall’acciaieria del Gruppo Pittini di Osoppo e nonostante tutti gli investimenti effettuati.
    Al suo autore Roberto Monai dico: Vonde monadis.
    Il Cavaliere Pittini, con la nuova palazzina ipertecnologica che permetterà a trenta impiegati di far girare le merci prodotte altrove, temo ci riserverà quanto meritano i friulani ed i carnici ovvero la chiusura in tempi non tanto lontani; il Cavalere Andrea lo scrisse a chiare lettere su un lungo articolo di stampa locale in data 6 Maggio 2005.
    A futura testimonianza per chi vivrà e vedrà la "decrescita felice".

    Renzo Riva
    Buja
    .
    .
    .

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