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Bielorussia, fu testimone di un omicidio di polizia: rischia l’ergastolo

L’11 agosto Alyaksandr Kardyukou stava tornando da una manifestazione pacifica nella città di Brest col suo amico Henadz Shutau, quando un agente di polizia in borghese aprì il fuoco uccidendo quest’ultimo.

Per occultare il crimine, le autorità della Bielorussia hanno incolpato Kardyukou di tentato omicidio di un poliziotto, reato per il quale è previsto l’ergastolo.

In un video pubblicato da MediaZona, si vedono Shutau e Kardyukou seduti su una panchina a una certa distanza dal luogo della manifestazione, quando si avvicinano tre poliziotti in borghese. Dalle immagini non si capisce cosa accada immediatamente ma, meno di un minuto dopo, Shutau viene colpito da un proiettile alla nuca. Morirà il 19 agosto.

Kardyukou, fuggito poco prima dello sparo, fu arrestato il 14 agosto e inizialmente accusato di resistenza a pubblico ufficiale. Il 2 dicembre, secondo la sorella, l’imputazione è stata cambiata in tentato omicidio.

Secondo un comunicato stampa del ministero dell’Interno, “un gruppo di cittadini dal fare aggressivo e armati di spranghe di metallo hanno aggredito gli agenti. Non si sono fermati neanche con gli spari di avvertimento. A quel punto, gli agenti hanno dovuto usare le armi da fuoco per difendere la loro vita e la loro salute”.

Queste affermazioni sono state smentite dalle immagini del video, dalle testimonianze oculari e dai certificati medici che concordano sul fatto che Shutau venne colpito da un proiettile alla nuca.

La figlia di Shutau, Anastasiya Baranchuk, ha detto ad Amnesty International di aver appreso da persone del posto che gli agenti chiesero al padre e a Kardyukou per chi avessero votato. Suo padre rispose: “Per Tsikhanouskaya”, la candidata dall’opposizione. Allora, il padre fu fatto inginocchiare e venne colpito alla nuca. I testimoni udirono tre spari.

Il 3 settembre, di fronte alle richieste della famiglia di Shutau di aprire un’indagine sul suo omicidio, l’agenzia governativa per le indagini sui crimini gravi ha replicato che “non c’erano sufficienti motivi per aprire un’inchiesta ai sensi dell’articolo 139” del codice penale, ossia per omicidio.

Per la foto: © tut.by

 

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