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Bernays, le pubbliche relazioni e la manipolazione dei cittadini

In occasione dei 90 anni passati dalla pubblicazione di “Propaganda. L’arte di manipolare l’opinione pubblica” di Erward Bernays (nipote di Freud), la casa editrice Piano B di Prato ha riproposto il libro che incarna la nascita delle pubbliche relazioni (150 pagine, euro 11,50).

Il nipote austriaco e naturalizzato americano di Freud è poco conosciuto in Italia, ma fu la persona che convinse le donne a fumare nel momento in cui il business delle sigarette si era arenato. La sua intelligenza pratica e operativa gli suggerì di chiamare “fiaccole della libertà” le sigarette, e di farle promuovere direttamente dalle femministe americane nella campagna del 1929. Bisogna anche ricordare che a quei tempi esisteva un grande tabù sociale ed esistevano delle sanzioni legali. Così in poco tempo la sua agenzia diventò la nuova micidiale “fabbrica del consenso”.

Bernays fu molto saggio nel non utilizzare la parola propaganda e utilizzò la formula più neutrale di relazioni pubbliche per caratterizzare tutto il suo lavoro dietro alle quinte della società. Da un certo punto di vista si può affermare che assunse il ruolo di capo della simbologia parareligiosa del capitalismo americano. Nel fare il suo lavoro si ispirò agli studi sulla psicologia delle folle di Le Bon, alla teoria di Trotter sull’istinto gregario e agli scritti di suo zio Freud (che però non amava gli USA).

Il libro prende in esame principalmente la propaganda commerciale, anche se il giornalista affinò col tempo la propaganda politica diventando uno dei primi spin doctor (il consulente specializzato nella gestione dell’immagine e della reputazione).

Comunque “la propaganda moderna cerca di creare eventi e immagini nella mente di milioni di persone” (p. 24), e “se la propaganda sia buona o cattiva dipende sempre, e in ogni caso, dal merito della causa promossa e dalla correttezza delle informazioni pubblicate” (p. 20). Quindi in quasi tutte le nazioni del mondo esiste da molti decenni una minoranza intelligente che gestisce e diffonde principalmente le informazioni utili a riprodurre la casta dei privilegiati, e il cittadino medio prende “la maggior parte delle sue idee come da una sorta di vendita all’ingrosso”.

Naturalmente “la pubblica opinione non è una massa amorfa che può essere modellata a piacere, o a cui si possa dettare rigide condizioni. Sia gli affari che il pubblico hanno caratteri proprio che devono incontrarsi su di un terreno di comune amicizia: il conflitto e il sospetto sono dannosi per entrambi. E all’impresa moderna tocca studiare in quali termini questa partnership può essere resa amichevole e reciprocamente vantaggiosa” (p. 63). Nel campo politico le cose cambiano.

In tutte le epoche alcune piccole o grandi minoranze organizzate più intelligenti, hanno gestito delle maggioranze, meno attive, meno acculturate e meno strutturate. Quasi tutte le minoranze in un società moderna e sana devono prima o poi lasciare spazio ad altre minoranze, come avvenne durante la crisi del 1929, in cui Bernays perse tutti i soldi guadagnati nella prima parte della sua vita, grazie alla promozione del capitalismo basato sulla ripetuta, inutile e folle compravendita delle azioni in una borsa drogata dai comunicati stampa, che infiammava tutti i desideri più irrazionali e tutta l’apparenza più ingannatrice.

Secondo molti studiosi “L’istruzione universale avrebbe dovuto educare l’uomo comune a padroneggiare l’ambiente in cui vive… Ma invece della capacità di pensare, l’istruzione universale ha agito come una sorta di timbro impregnato con l’inchiostro stereotipato degli slogan pubblicitari, editoriali, scientifici, con le trivialità dei tabloid e delle banalità storiografiche” (p. 20). Negli ultimi decenni innumerevoli persone sono diventate molto più istruite e si sono smaliziate, e così si è indebolita in parte la propaganda più ingannevole, più politicizzata e più antisociale.

Bernays non credeva molto nell’importanza delle conoscenze dei singoli professionisti e dei cittadini, ma considerava solo i comportamenti più o meno irrazionali dei consumatori e di alcuni gruppi sociali più o meno importanti. Nella sua idea di democrazia ogni cittadino aveva il diritto di essere considerato un povero stupido (al massimo poteva essere chiamato aspirante benestante).

Edward Bernays è nato a Vienna nel 1891 ed è morto a Cambridge nel 1995 (si era laureato in scienze agrarie). Per chi volesse approfondire la vita e le opere del famoso nipote di Freud: www.youtube.com/watch?v=iBEclayBCdc (The Invention of Public Relations, 52 minuti); www.youtube.com/watch?v=FVE07hxjw3M (valutazione fortemente critica di Bernays di Sergio Caldarella); www.youtube.com/watch?v=fg99-h3lqBo (monologo di Mauro Scardovelli, adatto ai più giovani, 2015); www.youtube.com/watch?v=yibe0eBwYRQ (vecchio documentario con alcune testimonianze dirette di Bernays); https://it.wikipedia.org/wiki/Edward_Bernays.

 

Nota storica e politica – Il presente libro ha fondato alcune pratiche politiche del fascismo italiano, del nazionalsocialismo hitleriano, dello stalinismo russo e dell’imperialismo mediatico, economico e finanziario americano di ieri e di oggi. Bernays collaborò anche con il presidente Woodrow Wilson, prima e dopo la Prima guerra mondiale. Nel 1993 la rivista americana “Life” inserì Edward Bernays tra le cento persone più influenti del Ventesimo secolo.

Nota italiana – L’anima della nostra nazione è nata dalla disperazione. È nata con la disperata reazione difensiva nella battaglia di Caporetto: https://www.youtube.com/watch?v=EINRNjCYTXY (Alessandro Barbero, appassionato racconto storico, Teatro Astra di San Donà di Piave).

Nota aforistica – “Qualsiasi mezzo di comunicazione può insegnare la sottomissione” (Amian Azzott), “Sei libero se riesci a pensare prima di parlare e di fare” (Amian Azzott), “Una lettura ben fatta salva da tutto, compreso da sé stessi” (Daniel Pennac); “Non si può salvare nessuno da se stesso” (https://www.youtube.com/watch?v=5wg8BXdlPEM).

Nota misteriosa e chiarificatrice – “Esistono governanti invisibili che controllano il destino di milioni di esseri umani, e di solito non realizziamo in quale misura le parole e le azioni dei nostri più influenti uomini pubblici siano dettate da scaltri personaggi che operano dietro le quinte. Né, cosa ancora più importante, comprendiamo la misura in cui i nostri pensieri e le nostre abitudini siano plasmati dalle autorità” (p. 33). Comunque “le attività di pubbliche relazioni di un’azienda non mirano a creare una cortina fumogena per celare i veri scopi della compagnia. Sarebbe un pessimo affare, oltre che immorale” (p. 65). In ogni caso il cliente è il migliore consulente.

Nota carismatica – Le azioni di un vero leader possono seguire i desideri e i bisogni del popolo? Un vero leader deve guidare il popolo anche se dovrebbe essere il suo servitore? Forse conviene seguire i bisogni del popolo e non i desideri. Però bisogna valutare caso per caso. E detto tra noi: molto probabilmente Macron dovrà dimettersi per evitare ingenti perdite finanziarie a chi lo ha finanziato (il destino si diverte a prendersi gioco di molte persone con i suoi rovesci di fortuna). Gli eventi a volte creano delle personalità e a volte distruggono leader e nazioni. Una grande personalità può diventare un grande mezzo di propaganda: “Istintivamente il pubblico esigerà sempre una personalità da mettere in risalto per caratterizzare una grande” impresa o una qualsiasi organizzazione o istituzione benefica (p. 148). Quindi “la funzione di uno statista è di esprimere la volontà del popolo con i modi di uno scienziato” (George Bernard Shaw, p. 106).

Nota cinematografica – Vi consiglio un film assolutamente da non perdere “Vice. L’uomo nell’ombra” (http://www.dofaq.com/it/vice---l%27uomo-nell%27ombra). E ridetto tra di noi: “il cinema americano è il più grande medium inconscio di propaganda oggi esistente al mondo” e può influenzare le idee e le abitudini di milioni di cittadini in quasi tutte le nazioni del mondo (p. 147). 

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