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Beppe Grillo, il secessionista ad orologeria

Ancora non sappiamo se la "pensata" è stata concordata con il profeta Casaleggio o se è dovuta semplicemente all'impeto gorgogliante di Beppe, comunque è un nuovo tassello che si aggiunge alla "nuova strategia politica" del M5S.

Per la serie non vogliamoci perdere niente, sul suo blog-partito un post fa la sparata: "E se l'Italia si dividesse ?". Segue un panegirico sulla bellezza dello stare divisi in macroregioni e farla finita con questa "arlecchinatta di popoli", uniti da una storia che parte dal 1861 ed è stata funestata da due guerre mondiali e guerre coloniali che l'hanno resa brutale e tale da vergognarci.

La svolta leghista di Grillo, che segue l'ennesima cacciata dei "dissidenti " è un modo per confondere un po' le acque, un diversivo, oppure una vera e propria svolta politica? Vediamo che dice questo post che, considerando il livello di autonomia di opinione che vige nel blog-partito, è improbabile che prescinda dal consenso del santone e del suo figurante. Leggiamo:

"È ormai chiaro che l'Italia non può essere gestita da Roma da partiti autoreferenziali e inconcludenti (Roma ladrona? ) [...] È necessaro decentralizzare poteri e funzioni a livello di macroregioni, recuperando l'identità di Stati millenari come la Repubblica di Venezia o il Regno delle due Sicilie [...] E se domani fosse troppo tardi? Se ci fosse un referendum per l'annessione della Lombardia alla Svizzera?" 

Poi per essere ancora più chiari viene allegata una carta geografica con i contorni delle macroregioni, una sorta di riedizione dei primi elaborati della Lega ai tempi del politologo leghista Gianfranco Miglio.

A parte il fatto che se vogliamo proprio discettare sugli stati preunitari pure il Granducato di Toscana avrebbe qualcosa da ridire, così come la Repubblica di Genova o anche il Regno di Sardegna ecc, la prima domanda da porsi è: a cosa tende questa improvvisa virata secessionista? Seconda domanda: perché proprio nell'imminenza delle elezioni europee? Terza domanda: come la prenderanno i militanti del movimento 5S che hanno una forte preponderanza di centro-meridionali (quasi tutti i referenti parlamentari del M5S sono romani, campani e siciliani).

Alla prima domanda si potrebbe rispondere che Grillo ha ormai preso atto che, contro la superstar Renzi, la campagna acquisti a sinistra, così come a destra, è diventata impresa difficile perché la fascinazione del fiorentino è al momento fuori della portata del repertorio di Grillo. I sinistrorsi rimunginano fiele ma seguono come bravi soldatini il nuovo messia del "cambiamento", i destrorsi filoberluschini, o diversamente berluschini, sono affascinati da colui che sembra un clone ringiovanito del loro "boss", che per di più è attualmente ibernato per le ragioni che sappiamo. Rimane pertanto soltanto quel rimasuglio di orfani di Umberto Bossi che, malgrado la debacle delle ultime elezioni, conservano un certo "appeal" in metà del paese. E allora proviamoci. Matteo Salvini ha fatto buon viso a cattivo gioco e grulla un: "se Grillo ci dà una mano ben venga, cominci dall'indipendenza del Veneto", come dire: non facciamo scherzi, i veri secessionisti siamo noi che abbiamo il copyright.

La seconda domanda ha una risposta facile facile. Seguire il cliché leghista significa boicottare euro ed Europa, ovvero mettere le mani avanti di fronte al probabile flop del M5S alle prossime elezioni europee, un po' come la volpe che non arriva all'uva e conclude che non vale la pena tentare di prenderla perché tanto è acerba. Unico dubbio: ma la battaglia per l'europee non era la madre di tutte le battaglie? un passaggio fondamentale (Grillo).

La terza domanda è la più complessa perché come si comporteranno i vari Di Battista, Fico, Crimi, Lombardi, Taverna ecc, ovvero la leadership parlamentare del M5S, è come vincere un terno al lotto. Prevarrà la "disciplina" oppure l'etnico richiamo della foresta? Difficile a dirsi, bisogna vedere quanto Grillo e Casaleggio insisteranno sul pezzo, ovvero se il tema secessione è discriminante oppure soltanto una boutade. Lo vedremo nei prossimi giorni.

Ma una considerazione va comunque fatta. Che Grillo fosse critico nei confronti dell'euro e di questa "oligarchia economico finanziaria" guidata dalle banche e supina di fronte al gigante Merkel, è un dato di fatto; le smerdate a Monti erano tutte su questa falsa riga. La novità è l'ulteriore salto di livello da questa auspicata autonomia dall'Europa alla spaccatura a fette del paese, ovvero la proiezione sul piano nazionale della difficoltà che il M5S incontra nel contesto internazionale.

I prossimi giorni ci diranno qualcosa di più anche in funzione di quello che il governo Renzi saprà mettere in campo. Se alle tante promesse seguiranno anche i fatti, per il M5S aumenteranno esponenzialmente le difficoltà, costringendo Grillo, per mantenere viva la fiamma che arde nei petti, a dover arrichire il repertorio della "rappresentazione teatrale" della propria azione di denuncia. Insomma per Grillo è iniziata la vera corsa in salita. È partito con il progetto di "noi soli al comando", con il 51% dei voti degli italiani (premio compreso) per poi virare sulla divisione dell'Italia in macroregioni, che è un'idea partorita da quei lucidi intellettuali che consumano il loro rito separatista mettendo in un'ampolla di vetro un quartino d'acqua del Po.

Accodati a Bossi e Maroni, che tristezza!

Foto: blogbeppegrillo & Niccolò Caranti/Flickr

 

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