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Banche centrali: il grande complotto aureo

Il 24 febbraio, sul Sole, è uscito un articolo a firma del vice direttore Alessandro Plateroti, dal titolo tanto intrigante quanto poco comprensibile: “Banche, l’oro in bilancio vale più dei titoli di Stato“. 

Ancor più intrigante e meno comprensibile è l’occhiello (“Basilea 3 reintroduce il gold standard – Banche, l’oro nei bilanci diventa moneta“). Mosso dalla curiosità per questa evidente titolazione-esca, mi sono letto l’intero articolo, che credo faccia parte del filone investigativo del giornale. Quello dietro il quale si cela di solito un enorme complotto ai danni dell’Italia.

Partiamo dal sommario del pezzo, per tentare di inquadrare di cosa stiamo parlando:

Il 29 marzo gli istituti di credito potranno contabilizzare il metallo giallo come «cash equivalent», cioè senza rischi: nessun assorbimento di liquidità. Ma l’operazione potrebbe pesare sui bond sovrani a basso rating

D’acchito non mi pare affatto, ma vediamo. Il dato principale è che le banche centrali hanno comprato nel 2018 oltre 640 tonnellate di lingotti d’oro, quasi il doppio rispetto al 2017 e nuovo massimo di acquisti da quasi mezzo secolo.

Pare che il 29 marzo, lo stesso giorno della Brexit (“solo un caso? Io no kreto”), accadrà qualcosa, per mano delle regole di Basilea III fissate dalla Banca dei Regolamenti internazionali (BRI). E cosa?

L’operazione della BRI, secondo quanto ricostruito dal Sole24Ore, porta la firma della FED, della BCE, della Bundesbank, della Banca d’Inghilterra e della Banca di Francia, il G-5 delle grandi potenze monetarie globali. Nel 2016, quando furono definite le nuove regole del sistema bancario inserite nel pacchetto «Basilea 3», il Comitato dei banchieri centrali ha inserito una norma di portata epocale che nessuno ha mai però discusso apertamente in pubblico. In pratica, l’oro in lingotti “fisici” – quindi non sotto la forma “sintetica” come i certificati – torna ad essere considerato dai regolatori come l’equivalente del dollaro e dell’euro in termini di sicurezza patrimoniale, eliminando così l’obbligo di ponderarne il rischio ai fini dell’assorbimento di capitale, come avviene con ogni altro asset finanziario, esclusi (per ora) i titoli di Stato dell’Eurozona.

In sintesi, al netto del fatto che queste decisioni sono annunciate con ampio anticipo e non c’è alcun blitz né imboscata, si prevede la ponderazione a rischio zero per le banche commerciali che acquisteranno oro. Cioè per investimenti nel metallo giallo non servirà accantonare riserve. Una domanda sorge dunque spontanea: la “promozione” dell’oro ad asset free risk è forse la premessa per applicare un coefficiente di ponderazione del rischio ai Titoli di Stato posseduti dalle banche? 

Forse si e forse no. Sarebbe anche ora, diciamo, ma questa è mia opinione personale. Ho l’impressione che la ponderazione zero serva per soddisfare l’enorme domanda di safe asset da parte delle banche commerciali, data la relativa penuria di bond a rating massimo, cioè tripla A, e l’imperativo regolatorio a investire in attivi sicuri. Questa penuria è oggi attenuata dalla crescita del debito americano, ma proprio per questo motivo il regolatore internazionale potrebbe arrivare a porre limiti di concentrazione al debito di qualsiasi emittente sovrano.

Quindi si arriverebbe a gestire a livello integrato globale il tema del soddisfacimento della domanda di safe asset e della concentrazione del rischio sovrano nei portafogli delle banche. Il tema è ovviamente rilevante anche per l’Eurozona, visto che i tedeschi (e non solo loro) puntano i piedi ponendo il veto al completamento dell’unione bancaria sin quando non saranno diminuiti i picchi di sofferenze bancarie nazionali e non verrà attenuato il cosiddetto nesso banco-sovrano, cioè la concentrazione eccessiva di rischio sovrano nazionale, che vede l’Italia in prima fila.

Poiché, come sapete, in Italia abbiamo deciso che moriremo, piuttosto che diversificare il portafoglio titoli delle nostre banche (e ci stiamo pure avvicinando ad essere esauditi), la consegna è quella di lottare sino all’ultimo giornalista a difesa dei nostri prodotti tipici, tra cui ci sono i Btp in portafoglio alle banche:

Che cosa succederebbe allora, se venisse applicata a ponderazione per il rischio sui BTP come vuole il Comitato di Basilea? Le conseguenze dipendono dal livello di ponderazione del rischio applicato sui BTP: se fosse alto, alcune banche potrebbero essere costrette a sostituire i titoli con altri asset finanziari, oro compreso, oppure a procedere ad aumenti di capitale. In un momento in cui il mercato è restio ad acquistare azioni bancarie, il rischio di ripercussioni sulla stabilità del sistema bancario potrebbe essere alto.

A me però non risulta che “il Comitato di Basilea” abbia calendarizzato l’applicazione ai titoli di stato di una ponderazione per il rischio. Ma transeat. Le cose si complicano ulteriormente sulla frase immediatamente successiva:

Basta guardare i Credit default swap (l’assicurazione dal rischio di default) sulle banche italiane: secondo i dati di Bloomberg, i Cds a 5 anni di alcune tra le maggiori banche italiane hanno avuto un’impennata dalla primavera del 2018, anche triplicando in alcuni casi il valore. E’ in questo contesto che la data del 29 marzo si avvicina rapidamente.

Curioso, però: credevo che l’impennata dei Cds sulle nostre banche dalla primavera del 2018 derivasse da quella dello spread sovrano, dopo l’avvio del “governo del cambiamento”, e che quindi dipendesse proprio dal nesso banco-sovrano, cioè dai troppi titoli di stato italiani in pancia alle nostre banche. Devo essermi distratto.

Ma non distraetevi, almeno voi. Ecco la pistola fumante, come individuata da Plateroti:

I Paesi che hanno rimpatriato l’oro dall’estero riconquistandone il controllo e la gestione si sentono già al riparo dal rischio di trovarsi dopo il 29 marzo a corto d’oro fisico da mettere a disposizione delle proprie banche in caso volessero sostituirlo ai bond sovrani.

Vorrei sommessamente segnalare all’autore di questo commento che non serve aver rimpatriato fisicamente l’oro, per metterlo a disposizione delle banche commerciali nazionali: è sufficiente un contratto di vendita da parte delle banche centrali, nei limiti delle quantità liberamente cedibili. Non solo: le banche commerciali possono comprare l’oro fisico sui mercati internazionali, e il problema è risolto.

Ma torniamo ai volumi record acquistati nel 2018 dalle banche centrali:

Nel 2018, ben 641 tonnellate di lingotti d’oro sono stati acquistati dalle autorità monetarie di ogni continente, ma soprattutto in Europa: è il livello più alto dal 1971. La manovra non ha precedenti e va inquadrata nel fenomeno dei rimpatri di lingotti di Stato affidati in custodia.

Confesso che mi difetta la fantasia ma proprio non riesco a capire quale sia il legame tra acquisti e rimpatri. Mio evidente limite. Ma il problema vero, secondo Plateroti, è un altro: i conti non tornano:

Negli ultimi anni, ma soprattutto nel 2018, un balzo del prezzo dell’oro sarebbe stato nell’ordine delle cose. Al contrario, l’oro ha chiuso l’anno scorso con un ribasso complessivo del 7% e un rendimento finanziario negativo.

Cosa sarebbe il “rendimento finanziario” di un metallo prezioso, che per definizione non ha rendimento? Non solo: come si arriva al “ribasso complessivo del 7%”? Se guardiamo le quotazioni dell’oro spot, espresse in dollari Usa per oncia Troy, vediamo che al 29 dicembre 2017 era a 1.302 dollari, mentre al 31 dicembre 2018 era a 1.282 dollari. Con un complesso algoritmo, sarebbe una perdita di circa l’1,5%.

Se guardiamo i grafici dei prezzi, sia dell’oro spot che degli Etf che operano su oro fisico, vediamo che l’andamento è identico: lo spot galleggia fino a maggio 2018 in un corridoio largo tra 1.300 e 1.350 dollari l’oncia, poi inizia un precipitoso ribasso, che lo porta ad agosto ai minimi di 1.160 dollari l’oncia. Segue stabilità e poi una volata in corrispondenza al forte rialzo dei rendimenti sul dollaro e del crash sui mercati, prima che la Fed getti la spugna e si dichiari “paziente” rispetto ad ulteriori rialzi.

Andamento prezzo dell’oro spot, in $ per oncia Troy

Dov’è l’anomalia? Di certo non nel fatto che l’oro sia sceso durante la fase di aspettative di sostenuta sequenza di rialzo dei tassi americani. Questo è esattamente quello che ci si attenderebbe. Non c’è alcun complotto, in sintesi. Mi pare del tutto plausibile e razionale che, durante le fasi di ribasso dell’oro, causate delle attese di rialzo dei tassi sul dollaro, le banche centrali abbiano comprato oro, anche per finalità di ricomposizione delle proprie riserve. Di solito, quando si ha una prospettiva di allocazione strategica di portafoglio, si compra quando i prezzi scendono. Incredibile, vero?

Non solo: il Dollar Index, che rappresenta l’andamento del biglietto verde contro un paniere di divise, in cui l’euro ha peso elevato, si è rafforzato tra la metà di aprile e la metà di agosto, per circa il 10%. Quando il dollaro si rafforza, ad esempio per aspettative di aggressivo rialzo dei tassi, il prezzo dell’oro tende a deprimersi, perché una banca centrale aggressiva stronca le aspettative di inflazione, che sono uno dei propulsori del prezzo dell’oro. Dopo che la Fed ha capitolato sui tassi, a novembre, il prezzo dell’oro è risalito vigorosamente, proprio come ci si attenderebbe.

Dollar Index

Invece, come legge Plateroti l’andamento del prezzo dell’oro? In un modo del tutto cospirazionista:

Mentre le banche centrali rastrellavano dietro le quinte lingotti d’oro “vero”, allo stesso [sic] spingevano e coordinavano l’offerta di centinaia di tonnellate di “oro sintetico” sui listini di Londra e New York, dove avviene il 90% delle contrattazioni sui metalli preziosi: l’eccesso d’offerta di derivati sull’oro serviva ovviamente per buttarne giù il prezzo, costringendo gli investitori a liquidare le posizioni per limitare le forti perdite accumulate sui futures. Così, più il prezzo dei futures scendeva più gli investitori vendevano “oro sintetico”, innescando spirali ribassiste sfruttate dalle banche centrali per comprare oro fisico a prezzi sempre più bassi. Con buona pace di chi guarda all’oro come a un rifugio sicuro. Cina, India, Russia e Turchia, ha [sic] praticamente raddoppiato le riserve auree negli ultimi cinque anni con questo sistema. Mosca, per comprare oro, ha persino venduto l’ultimo 20% di titoli di Stato americani che aveva nelle riserve valutarie.

Quindi, vediamo se ho capito bene: le banche centrali abbattono i prezzi dell'”oro sintetico”, qualunque cosa ciò significhi, per poter costringere gli investitori a vendere l’oro fisico. Abbiamo persino i nomi dei manipolatori di mercato, anche se il passaggio è scritto in modo un filo disassato (“Cina India, Russia e Turchia […] con questo sistema”). Già questo ragionamento basterebbe a dare le vertigini, tanto è surreale. Ma non finisce qui.

Questa incetta di oro, secondo l’autore, servirà alle banche centrali a vendere l’oro alle banche commerciali, che lo useranno al posto dei titoli di stato, perché tutti sanno che si arriverà a rimuovere il rischio zero sulle posizioni in titoli di stato, danneggiando il nostro Btp. E così spero di voi. Filotto.

La realtà è altra: premesso che tra oro “finanziario” e quello fisico esiste un legame preciso ed un preciso meccanismo di trasmissione (dato che gli Etf investono sull’oro fisico), le cose sono andate così:

  • Nella prima parte dell’anno, le attese di rialzo dei tassi sul dollaro, ed il conseguente rafforzamento del biglietto verde, hanno depresso il prezzo dell’oro;
  • Le banche centrali hanno quindi potuto raccogliere a prezzo vantaggioso, a beneficio dei loro programmi strategici di diversificazione delle riserve valutarie;
  • Dopo l’estate, e soprattutto nell’ultima parte dell’anno, l’anomalia c’è stata ma è andata in direzione opposta a quanto indicato nell’articolo, nel senso che, per qualche settimana, i rendimenti sul dollaro salivano ma il prezzo dell’oro cresceva, contrariamente a quanto ci si sarebbe aspettato;
  • Dopo che la Fed ha gettato la spugna sui rialzi dei tassi, i rendimenti sul dollaro sono scesi, e questo ha ulteriormente spinto al rialzo il prezzo dell’oro. Esattamente come ci si sarebbe aspettato accadesse.

Eppure, per Plateroti è tutto un complotto delle banche centrali. Anzi, meglio, di quelle anglosassoni:

Quanto è compatibile una situazione del genere con i doveri di correttezza e trasparenza di una banca centrale? Di sicuro, il sistema creato dai «Goldfinger» anglo-americani sembra davvero fatto apposta per gli abusi. Chissà che accadrà dopo il 29 marzo…

Non accadrà nulla, in realtà, e comunque non subito. Ma il punto non è quello: il punto è che sarebbe bello poter leggere articoli che non siano frutto di fantasiose ricostruzioni cospirazionistiche, che sembrano distillate dal tempo perso a leggere pattume alla Zero Hedge. Ma è tutto coerente, se ci pensate: il complotto franco-tedesco per distruggere l’Italia ora ha fatto un salto di qualità, con l’arruolamento anche della banca dei Regolamenti internazionali e dei “Goldfinger” anglo-americani (cit.). Mi sa che ci conviene arrenderci, non vorrei mai che al prossimo giro arrivasse qualcuno da Marte.

Questo articolo è stato pubblicato qui

Commenti all'articolo

  • Di signorina nessuno (---.---.---.55) 1 marzo 2019 18:44

    Senti chi parla. Chiarezza? Tutti sono bravi a pontificare ed elevarsi al verbo in cattedra. L’unica bacchetta che conosco è quella dei direttori d’orchestra. Dai professori vorrei apprendere nozioni..... ma quando manca l’umiltà. la nozione e la conoscenza non arrivano, non vengono elargite. Troppo concentrazione su ben altro

  • Di Demy (---.---.---.155) 2 marzo 2019 00:10

    Ha spacchettato l’articolo (le parti che gli interessava criticare), dicendo, a suo modo, il contrario dell’autore. Io, nell’articolo originale non avevo letto alcun ’gomblotto" contro l’Italia. Mi sembrava solamente che l’autore dicesse che qualcosa di più globale bolle in pentola. E non mi sembra proprio che Il Sole 24 Ore sia alla ricerca di tale gombollotto. Non kreto. [Cit]

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