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Balla coi gufi

Ieri, su La Stampa, un pregevole commento di Mattia Feltri sulla inveterata tendenza della politica italiana a definire menagramo gli oppositori, con tutte le variazioni stilistiche del caso, come quella adottata dal prestigioso statista che è succeduto al premier nella guida della città di Firenze, e che è riuscito a prendere a prestito il concetto di “invidia”, lo ha sfrondato della caratterizzazione politica che gli è propria (“sociale”) e lo ha scagliato contro gli avversari del suo sodale-premier.

Invidiosi di che, esattamente? Del grande successo mediatico del premier? Del suo inglese fluente? Della sua propensione alla pinguedine? O delle girls di cui ci si circonda (politicamente, s’intende), tutte dotate di enorme spessore intellettuale e presenza scenica? Non è dato sapere. Ma, come ci racconta Feltri, il renzismo trionfante (ma su chi e/o cosa?) arriva buon ultimo in un panorama nazionale in cui oppositori e dissenzienti sono “invidiosi”, e di conseguenza degenerano in “menagramo”. Ecco, questo punto è sostanziale, perché identifica un tratto culturale nazionale tra i più profondi: i riti iettatori.

Riflettete su questo: è come se l’uomo della Provvidenza pro tempore e la sua corte dei miracoli temessero di vedere compromessa la loro azione rivoluzionaria dai malefici scagliati da chi non la pensa come loro. Non sono insidiosi programmi alternativi, no: è proprio l’atto dell’augurare sfiga, vero o presunto, che viene visto come il più minaccioso ostacolo al dispiegamento della Nuova Era. Persino il vostro umile titolare è riuscito ad essere accusato, nella abituale social-canea, di “andare contro i propri interessi” per il solo fatto di aver espresso dubbi sulla reale efficacia dell’azione governativa.

Questa è la variazione sul tema del disfattismo, che ha antiche ed assai poco nobili radici in un paese profondamente illiberale come questo, e che trova nuova linfa vitale, anche linguistica, nell’esperimento di Partito della Nazione (sic), con cui Renzi vuole sfondare al centro ed alla destra, in un panorama in cui pochi intimi si recano a votare, non è chiaro se per realismo, rassegnazione o mancanza di risorse fiscali per alimentare il voto di scambio. Ma questi sono tatticismi ed esperimenti di cui la storia patria abbonda. Il punto è che, al netto delle altrettanto abituali e tradizionali accuse di criminalità scagliate contro chi sta al governo, pare che il filone dei portasfiga sia quello da cui la classe politica che produciamo proprio non riesca ad affrancarsi.

Che poi, se ci pensate bene, tutto si tiene, in un paese che fa delle correlazioni spurie (cioè elevate a causalità) il motore primo del proprio dibattito politico. Non è un caso se da noi esiste il celeberrimo motto “piove, governo ladro”. Il trionfo delle correlazioni spurie e del pensiero magico-superstizioso-iettatorio. Non si inventa nulla, dopo tutto.

 

Foto: Riccardo Cuppini/Flickr

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