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Autismo: gli eroi dei due mondi

Nel procedere dello sviluppo del mio blog abbiamo parlato ad oggi della descrizione della patologia, vediamo se riesco a concentrarmi ora sui problemi sociali ad essa collegati, che influiscono sulla qualità della vita delle persone affette da questa malattia, dei loro familiari, degli “ambienti” che li ospitano.

Sono qui, davanti al mio netbook, cercando di sviluppare il tema, chiedendomi come poter condensare in poche righe il significato di “vivere con un bambino affetto da autismo”

Alla nascita di mio figlio, durante lo sviluppo dei suoi primi anni di vita, ho condiviso la gioia di ogni genitore, quando, qualche anno dopo, una neuropsichiatra mi ha comunicato, freddamente, la sindrome autistica ho vacillato come un pugile che ha subito un colpo da knock out, mi risultava impossibile dare una risposta alle domande che mi si formavano; non mi ci è voluto molto a capire che sarebbe mutato radicalmente il futuro, che la vita sarebbe stata stravolta e le priorità si sarebbero modificate radicalmente.

Condividere la patologia e la vita di mio figlio a volte è splendido, altre solo logorante, in queste situazioni la normale cadenza temporale di una persona che rientra “nei parametri della norma” viene rivista e corretta nei ritmi dettati dalla presenza nel “mondo reale” del bambino.

Mio figlio è affetto da una forma non gravissima, riesce a comunicare ed in parte ad essere autosufficiente, pur riscontrando una grossa fetta de sintomi dello spettro autistico, con i problemi che gli creano, ma vive, per sua fortuna, due tipologie di vita, la sua dove trova serenità e la nostra che lo obbliga a stress e fatica per cercare di mantenere un ritmo sociale. Vi lascio qui un simpatico esempio delle “priorità" di un autistico.

Ho imparato, anche se ancora spesso la perdo, cos’è la pazienza; essa sarà la compagna fondamentale delle nostre vite. Il tempo non viene più scandito dai minuti o dai giorni ma dai piccoli progressi che si conquistano faticosamente con l’impegno mio, suo e di chi lo segue nell’ambito sociale, quello che era il mondo sociale che ti sei creato si cancella quasi completamente, è difficile, per chi non conosce, stare con questi ragazzi.

Stiamo parlando però del mio caso, quasi semplice, nella mia frequentazione di reparti “ad hoc” ho invece conosciuto i veri casi difficili, bambini, ragazzi, la cui capacità di comunicare in qualunque modo è, per il mondo della normalità, spesso incomprensibile. Bimbi bellissimi che mancano di quelle che sono le normali convenzioni sociali: urlano, gridano e si dibattono con strane stereotipie e vengono spesso visti come maleducati o strani.

A noi genitori dei “figli delle luna” i nostri eroi insegnano a rinascere in un altro mondo e in un altro modo, ma purtroppo abbiamo dovuto vaccinarci in difesa dai comportamenti di chi non comprende e denigra, ma questo se è il primo problema tangibile è anche l’ultimo in priorità.

Per “dirne una” le prime domande, a bocce ferme, che ci siamo posti, come genitori, sono state tanto semplici quanto disarmanti: “E se mi succede qualcosa??”.“Cosa succederà quando non ci sarà più nessuno della famiglia a seguirlo passo a passo?”

Sì, perché non è solo la nostra vita ad essere cambiata, ma anche quella di nonni, zii, fratelli e sorelle e nipoti, si potrebbe arrivare ad incidere sulla vita di tre generazioni.

Veniamo un po’ al punto che volevo trattare: si ritiene ormai che per questa patologia non c'è risposta vera ai farmaci, né guarigione assoluta, semmai una diagnosi precoce (meglio prima dei 3 anni) e i trattamenti riabilitativi, garantiscono modifiche positive della situazione.

Snoccioliamo qualche numero: in Italia vi sono circa 400.000 persone con autismo, che tranne in qualche isola felice, tipo la Lombardia, affrontano da sole una situazione dalle dimensioni enormi, che, come dicevo in precedenza, coinvolge spesso anche i parenti più stretti. In altri termini significa che il 6 per mille della popolazione è affetto da una sindrome che interessa molti più italiani della celiachia, della sindrome di Down, della cecità e della sordità, ma che malgrado questi numeri non esistono concretamente servizi sul nostro territorio nazionale che riconoscano la gravità questa situazione.

Nel 2011 il Censis ha provato a stilare seriamente dei dati sulla qualità di vita delle famiglie che vivono con una persona con autismo. Si scopre ad esempio che se è vero che l’80% di casi sospetti vengono rilevati, già dai genitori, prima del terzo anno di vita occorre poi attendere ancora da uno a tre anni, per ottenere una diagnosi attendibile, passando attraverso anche a tre - quattro specialisti prima di avere una diagnosi definitiva.

Si scopre anche che se è vero che, grazie alla pressante e continua attività delle associazioni dei familiari distribuite sul territorio, quasi tutti i Servizi Sanitari attuano degli interventi abilitativi che coinvolgono la quasi totalità dei bimbi affetti da questa sindrome almeno un terzo degli adolescenti e degli adulti non riceve alcun intervento adeguato, occupazionale o sociale e se ormai le difficoltà a prescrivere una diagnosi precoce sembrano risolte permane comunque il vuoto della presa in carico da parte delle Istituzioni.

Di conseguenza, ricevuta la diagnosi, la famiglia si ritrova di punto in bianco con due enormi problemi: la consapevolezza delle difficoltà pratiche da affrontare e l’assoluta mancanza di risposte da parte del Servizio Socio-Sanitario, a causa di questo, non di rado, si incappa nell’inseguimento di ipotetici trattamenti miracolistici, inutili e dannosi, ma proficui per le tasche di chi li somministra.

Direi che per oggi forse ne ho detto anche troppe, proseguiremo in un prossimo futuro questo tour.

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