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 Home page > Tribuna Libera > Austerity: la confusione fra salasso e trasfusione

Austerity: la confusione fra salasso e trasfusione

Non sono affatto d'accordo sull'austerity.

Una cosa è la riduzione della spesa pubblica. Altra cosa è il freno dell'austerity, che impedisce all'inziativa privata, la sola capace di far uscire l'Italia dalle secche della crisi, di ripartire.

Non dico che si debbano spendere soldi: sono un liberista e credo poco nel moltiplicatore del reddito keynesiano. Ma sono convinto che l'inverso, ovvero l'austerity, sia un efficace "divisore" del reddito e depressore dell'economia. Il pareggio di bilancio snon dovrebbe essere un tabù, sono anzi convinto che metterlo in Costituzione sia stato un obbrobrio dal punto di vista economico, basta vedere cosa sta facendo il Giappone con il nuovo primo Ministro: nonostante un debito pubblico del 220% (il doppio del nostro) il pese dei Samurai si è lanciato in una politica di allentamento monetario senza pensare al debito pubblico (la cosiddetta Abenomics). Sono tutti Kamikaze? Pare proprio di no: la borsa va a gonfie vele, il PIL cresce e, soprattutto, cresce l'occupazione e la disoccupazione si avvia al 4%. 

Oggi bisogna rischiare, non con la spesa pubblica, ma allentando le redini fiscali e monetarie. Sono convinto che l'aumento dell'aliquota IVA sia controproducente: il risultato sarà un aggravarsi della recessione e perfino un peggioramento dei conti pubblici.  Provocherà una riduzione del gettito complessivo, nonostante un aumentato prelievo sulle singole transazioni, ciò per il semplice fatto che la domanda è elastica in funzione del prezzo. L' aumento determinato dall'IVA comporterà una riduzione dei consumi (recessione) e dunque un gettito inferiore dell'imposta. Altrettanto dicasi per quanto riguarda le aliquote delle imposta sul reddito e sul lavoro.

Credo che in tutti i casi sia stato superato il "massimo matematico" della curva di LAFFER che descrive il gettito in funzione delle aliquote. La curva è in fase discendente ed ogni aumento della percentuale comporterà un minor ricavato dell’imposta stessa.

E poi, perdiana, bisogna avere più coraggio! Guardate le esperienze del Giappone e degli Usa, perfino della stessa Cina: hanno allentato il morso e il cavallo, sia pur con passo incerto, sembra aver ripreso a galoppare. Da noi si spera che, tirando le redini, il puledro pigro ricominci correre. Comunque sia: poco importa avere un debito di 120% PIL o 130% PIL. Se lo Stato fallisce non pagherà né il 120 né il 130.

Proviamo ad imparare da quello che fanno gli imprenditori degni di tale nome, se l'azienda è in crisi di fatturato il taglio dei costi (sempre opportuno per quanto riguarda quelli inutili e improduttivi) potrà portare un beneficio temporaneo sul bilancio, ma di certo non si trasformerà in aumento del fatturato.

In momenti di crisi, o si decide di uscire deal mercato, o si spera nella buona sorte (ma allora è meglio tentare il Superenalotto) o si rischia. Si aumentano gli investimenti in ricerca e sviluppo, in pubblicità, in promozione. Si cerca di lavorare di più a parità di reddito in modo da abbassare i prezzi e rilanciare l’export. Si allentano i lacci ed i lacciuoli della burocrazia.

La politica economico-finanziaria del nostro paese, invece, pensa di rilanciare l'economia strozzandola sempre di più per prelevare dai settori produttivi ciò che serve per tappare le perdite del settore pubblico colabrodo. Cosa pensate che faccia meglio al malato debilitato e morente che ricoverato in rianimazione: un salasso o una trasfusione di sangue?

Questa è la mia ricetta per confezionare una pietanza che impedisca all’Italia di morire di fame: spending review sì, ma per il resto politiche di allentamento monetario e fiscale a favore del lavoro, delle imprese e del consumo.

Inoltre vendiamoci pure una parte del patrimonio pubblico inutile, come farebbe il buon padre di famiglia che si vendesse l’argenteria per dar da mangiare ai suoi figli. Sarà pure complicato, ma sono tre anni che se ne parla, se avessimo cominciato tre anni fa ci saremmo già venduti, non dico le mutande ma almeno la pregiata biancheria di pizzo della nonna, che ce la teniamo a fare nel cassettone?

Smettiamo di contribuire alle spese europee per sostenere il rilancio delle altre economie in crisi. Letta ha recentemente ottenuto 1,5 miliardi dall’Europa da destinare alla riduzione del carico fiscale dei nuovi assunti, sventolando al cosa come un successo. Ma nello l'Italia partecipa per il 17,9% al Bazooka di Draghi Esm (European Stability Mechanism) da 500 miliardi e assieme al precedente Efsm da 200 miliardi dovrebbe pertanto aver versato nel 2013, secondo le scadenze concordate con l'Europa, più di 40 miliardi.

Da poveri a poveri, non si ottiene nulla. Robin Hood era inglese, sul continente non ce n’è uno che rubi alla Germania ricca per dare agli europei poveri, e probabilmente è giusto così.

Ma rubare ai poveri per dare ad altri poveri è perfino stupido.

 

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