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Aumento anidride carbonica, gli effetti sul riso: meno proteine e nutrienti

I ricercatori hanno studiato 18 varietà di riso, coltivate in Cina e in Giappone a concentrazioni di CO2 elevate, pari a quelle attese per la fine del secolo.

di Francesca Camilli

L’aumento della concentrazione di anidride carbonica nell’atmosfera potrebbe determinare una riduzione nel contenuto di proteine e di nutrienti presenti nel riso. Lo afferma uno studio pubblicato su Science Advances, condotto da un gruppo internazionale di ricercatori che comprende la Chinese Academy of Sciences, l’università di Tokyo, l’università di Washington e il Dipartimento di Agricoltura degli Stati Uniti (USDA).

I ricercatori hanno studiato 18 varietà di riso, coltivate in Cina e in Giappone a concentrazioni di CO2 elevate, pari a quelle attese per la fine del secolo. Il lavoro, per la prima volta, ha registrato un declino nel livello di quattro tipi di vitamine del gruppo B, una famiglia di molecole che aiuta l’organismo a convertire il cibo in energia. La tiamina (vitamina B1) è diminuita del 17%, la vitamina B2 (riboflavina) del 16,6%, la vitamina B5 (acido pantotenico) del 12,7% e la B9 (acido folico) del 30,3%. I ricercatori non hanno osservato variazioni nei livelli di vitamina B6 e di calcio, mentre i livelli di vitamina E sono aumentati nella maggior parte delle varietà di riso. I risultati hanno confermato la riduzione di proteine e minerali, come zinco e ferro, già osservata in precedenza: i livelli di proteine sono diminuiti del 10,35%, quelli di zinco dello 5,1% e quelli di ferro dell’8%.

Il riso è la fonte primaria di cibo per più di due miliardi di persone. Secondo i ricercatori coinvolti nello studio, diminuzioni nel contenuto nutrizionale di questo cereale potrebbero avere un impatto importante sulla salute delle popolazioni più povere, che basano la loro dieta in larga parte su di esso. Come spiega Kristie Ebi, coautrice dello studio e direttrice del Center for Health & the Global Environment dell’università di Washington, il riso è stato l’alimento base per migliaia di anni per le popolazioni dell’Asia: nel sudest asiatico, ancora oggi 600 milioni di persone ricavano da questo alimento la metà delle calorie che consumano durante la giornata. Questo cereale sta diventando sempre più importante anche per le popolazioni africane e la riduzione del contenuto nutrizionale potrebbe influenzare la salute di milioni di donne e bambini. La malnutrizione, infatti, espone la popolazione ad un maggiore rischio di malattie come la diarrea e la malaria e gli effetti sarebbero maggiori soprattutto in quei paesi che hanno un prodotto interno lordo pro-capite più basso.

Alcuni dei cambiamenti nella quantità di micronutrienti che sono stati osservati erano stati previsti dai ricercatori: sappiamo infatti che la concentrazione di CO2 influenza la fisiologia delle piante, poiché aumenta sulla concentrazione di carboidrati (amido e zuccheri), diminuendo la quantità di proteine e minerali. Il cambiamento nei livelli di vitamina B potrebbe invece essere legato alla riduzione di azoto, già osservata in piante esposte ad elevate concentrazioni di CO2. “Si dice che l’aumento di anidride carbonica significhi più cibo per le piante” – spiega Lewis Ziska, ricercatore che studia fisiologia vegetale presso l’Adaptive Cropping Systems Lab del Dipartimento di Agricoltura degli Stati Uniti. “Ma il modo in cui esse rispondono a questo aumento di cibo avrà anche degli effetti sulla salute dell’uomo, in modi che ancora non conosciamo, sotto forma di carenze nutrizionali, etnofarmacologia e di allergie ai pollini”.

Secondo i ricercatori, è importante che epidemiologi, agronomi, fisiologi, nutrizionisti e medici lavorino per quantificare in maniera precisa la natura dei cambiamenti indotti dall’anidride carbonica sull’alimentazione e sulla salute. È anche importante che vengano identificate delle opzioni per ridurre o eliminare i rischi. Si potrebbero studiare, ad esempio, incroci tradizionali (o varietà geneticamente modificate) che possano produrre un riso superiore dal punto di vista nutrizionale. Oppure capire se le qualità di questo cereale possano essere migliorate attraverso l’applicazione di fertilizzanti minerali o di metodi di fortificazione post-raccolta.

Segui Francesca Camilli e Giulia Rocco su Twitter

 
Questo articolo è stato pubblicato qui

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