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Assemblea PD | Domani è un altro giorno

L'assemblea generale del PD di ieri si è conclusa con un nulla di fatto. Tanto tuonò che non piovve, ma certo il meteo politico all'interno del partito non è dei migliori.

Singolare aver convocato oltre mille persone da tutta Italia per cambiare il contenuto dell'ordine del giorno all'inizio dei lavori (ed in ritardo, per giunta). Mi è capitato, tempo fa, di partecipare con alcuni colleghi ad una gara di comunicazione per una manifestazione europea che si sarebbe svolta in Italia l'anno successivo. Brief collettivo e nuovo incontro collettivo dopo 15 gg. Ci si presenta all'incontro per sentirsi dire che due gg dopo il brief l'evento era stato posticipato di un anno (dopo nuovamente rimandato, fra l'altro) e che non si era avvertito perché tanto "dovevate lavorare ". No, così non si fa. Se il lavoro serve si fa, se non serve si lavora, facendo altro. Alcuni dei delegati che hanno partecipato alla discussione hanno puntualizzato stizziti questa anomalia, ma posso presumere che l'intera platea (salvo chi ha promosso il cambio in corso d'opera) fosse d'accordo.

Ogni oratore, spiazzato dalla novità, si è ritrovato solo con se stesso ed in balia del nuovo ordine del giorno. I più valenti hanno facilmente superato la prova, ognuno con il suo metodo, chi arruffando le cose e chi spingendole nel politichese più vago ed inconcludente, chi leggendo comunque l'intervento che si era preparato, anche se ormai inutile e fuori tema. Alcuni interventi di bandiera dalle correnti, molti sfoghi, discreta alzata di toni, numerosi interventi del tavolo della Direzione. Insomma, tutto rimandato alla nuova puntata, come nelle migliori telenovelas.

Il clima da OK Corral non sembrava sopito alla fine dei lavori, anzi. La sfida sembrava pronta a consumarsi in fretta (forse per questo motivo è saltato lo streaming?), salvo poi ricucire gli strappi più vistosi e chiuderla in pari e patta. Non dovrebbe spaventare, in un partito che si definisce democratico, arrivare alla conta. E' successo ad ogni assemblea e congresso di ogni partito della Prima Repubblica, senza alcun morto. Quando le linee divergono, spesso è meglio affrontare il problema piuttosto che procastinarlo nel tempo, permettendogli di crescere. Ci voleva Il Congresso? Ebbene si faccia, e prima possibile. Ci vogliono le Primarie? D'accordo, si facciano, ma al più presto.

Assisteremo invece, per altri mesi, allo stillicidio quotidiano di interventi pro o contro determinate posizioni, con il solo risultato di ampliare lo scontro sui social fra gli elettori che già da tempo, scimmiottando i leader delle varie correnti, si stanno scambiando improperi degli della migliore osteria di porto.

Siamo certi che, prima o poi, la conta si farà: a Roma direbbero "nun se scappa". Poi i cocci del partito si ritroveranno a rivolgersi agli elettori (finalmente!) presentando, come Rossella O'hara in "Via col vento", tutto quello che si potrà nuovamente fare con loro. Occhio solo che, come Red Butler nel medesimo film, l'elettorato risponda "francamente me ne infischio". Ed è già successo. Ovvio, la classe dirigente del PD, sempre seguendo la protagonista del film, potrebbe rispondere "beh, dopotutto, domani è un altro giorno". Certo, ma con chi lo si passa?

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