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 Home page > Attualità > Istruzione > Ascolta.

Ascolta.

Ascolta. Piove
dalle nuvole sparse.
Piove su le tamerici
salmastre ed arse,
piove sui pini
scagliosi ed irti...
[…]

Che piova non si discute, e mai il tempo è stato così precisamente in sintonia con il clima dell’Italia di oggi, con il clima dell’Europa e forse del mondo intero.

Piove sulle banche, sui nostri investimenti, sulle nostre sicurezze economiche.. ma era nell’aria.

Piove sulla scuola, piove su persone che in ogni caso si troveranno senza lavoro, a torto o ragione.

Piove sulle città, piove acqua, ma piove tristezza, incertezza, piovono domande cui ci sforziamo di dare risposta.

Piove sulla politica, se ancora di politica si parla.
 
Non sono mai stata brava a parlare di questioni che riguardano i grandi. A volte provo a pensare: se fossi stata al loro posto, cosa avrei fatto? Mi sarei davvero comportata diversamente? Non ne faccio una questione di colore, di fazione, di partito. Mi piace definirmi in termini più filosofici, mi piace dire di me che sono una pensatrice, a suo modo distaccata ma calata nella realtà. Respiro la stessa aria di chi si ribella, la stessa di chi è aggredito e di chi aggredisce. La stessa aria, questa mattina, di chi deve tirarsi su le mani e pensare ai giorni che sono stati e a come porre rimedio.

Vivo la stessa realtà di chi deve prendere, finalmente, decisioni reali e concrete.
Parliamoci chiaro. La questione scottante della scuola va avanti da troppo tempo.
Ci sono insegnanti meritevoli e insegnanti che fanno questo mestiere perché una volta era un posto sicuro. Un mestiere, un lavoro, un posto. Ma fare l’insegnante non è un mestiere, è una lotta, è una scommessa fatta con noi stessi e ogni mattina con la classe che ti aspetta.

Quanti vivono l’andare incontro ai giovani come una cosetta da nulla. Un libro da leggere, un compito da preparare, tempo da perdere per correggere, pensare alle lezioni. Ma per fortuna ci sono le vacanze lunghe e chi se ne frega dei consigli di classe, per non parlare degli incontri con i genitori.

Questo però non è insegnare. Oggi, essere maestra di scuola elementare o dell’asilo è qualcosa di molto di più. Gli stipendi sono indecenti, questo è il punto su cui riflettere. Ci sono troppe persone da pagare, e i soldi, che lo vogliamo ammettere o no, sono sempre gli stessi.

In passato sono stati promossi all’insegnamento troppi neo laureati, troppi a cui si doveva un favore. Vogliamo discutere davvero di questo? Classi sempre più piccole per dare spazio a più insegnanti. E non sarebbe un male. Più è piccola la classe, più si lavora meglio nella crescita formativa dell’alunno. Peccato che poi questo non è avvenuto. Ci sono genitori che si lamentano, ogni giorno di più, di maestri assenti, ritardatari, poco preparati, poco attenti alle esigenze della classe. Insegnanti che si allontanano per rispondere al telefono, che leggono il giornale, che a stento conoscono il nome dei loro alunni.

Perché? Cosa sta realmente succedendo al nostro sistema scolastico che una volta era l’esempio primo di perfetta formazione?

Chi oggi decide di insegnare lo fa conscio del rischio che corre: vita al margine, da sottopagati, guardati con diffidenza da tutti e giudicati senza pietà persino da alunni che hanno disimparato, ed è un fatto, il rispetto per chi vuole fare di loro dei veri uomini.

Scienziati non si nasce, questo è un fatto. Ma lo si diventa, nella nostra scuola, oggi? Nessun esame a settembre, nessuna riparazione imposta, nessun reale bonus per chi si impegna.

I nostri scienziati se ne scappano all’estero dove si investe sulla ricerca, dove si creano occasioni reali di lavoro, dove i Master hanno un valore aggiunto, non sono parcheggi per i figli di papà (e non voglio suscitare reazioni per chi il master se l’è meritato, per chi ci crede e per chi ha investito in qualcosa che però in Italia lascia il tempo che trova... il discorso, passatemelo, è più generico).

Legge Gelmini. Questo è il filo portante di ribellioni, scontri, ferimenti, collusioni. Un nuovo sessantotto, ha detto qualcuno. Il brutto è che gli slogan lo riprendono appieno. Non esiste più nemmeno la fantasia, tra i nostri giovani “facinorosi”? Sono punzecchiante, lo so, ma non mi piace la svolta che ha preso la questione scuola. Non ci si dovrebbe limitare a contestare. La storia insegna. Una reale “opposizione” è quella che crea soluzioni alternative, altrimenti è solo rumore fastidioso. La scuola così com’è non va. Lo sanno anche i muri. Allora, lasciando perdere la richiesta di un referendum abrogativo che arrivando solo nel 2010 risulta del tutto inutile e impraticabile, perché non provare a sfruttare gli scioperi e le giornate di non lavoro e non scuola per creare nuove proposte? Studiare altre soluzioni? Sarebbe davvero una rivolta eclatante questa, una rivoluzione senza precedenti.

Sarò accusata di essere una “destrorsa” senza veli? Non è il mio scopo. Da laureata in storia contemporanea osservo e tristemente constato che nulla cambia, a parte le date e i personaggi.

D’Annunzio ha un incipit come ce ne sono pochi. Ascolta. Il rumore confonde.
Ascolta.

Abbiamo bisogno di ascoltare di più, di agire di più e di pensare di più. La riforma scolastica, in ogni caso necessaria, può non essere quella perfetta. Con l’impegno reale di più menti la si può aggiustare. Alzare la voce, e lasciatevelo dire da chi la alza pure troppo spesso, ci fa passare solo dalla parte del torto. L’Italia è ad un punto critico. La scuola è solo uno dei punti focali di un cambiamento drastico che ci deve essere e che va affrontato senza paura di ciò che verrà. Bisogna crearlo perché ogni singolo individuo ne avverte la necessità. Non opponiamoci a muso duro, non agiamo come esseri non pensanti. Riuniamoci, creiamo pezzi di carta pieni di proposte che possono realizzarsi, non riempiamo fogli bianchi con slogan di chi ci è già passato attraverso e alla fine ha concluso ben poco.

Non sono utopica. Sono concreta. Chi vuole vedere il solito discorso senza fondamento è chi fa di vecchi slogan solo una nuova occasione di disordini.
Ascolta.

(Patrizia Dall’Occa - ex matricola 2644 - Università degli Studi della Tuscia)

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