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Armi nucleari in Arabia Saudita?

Alla fine perfino il Manifesto se ne è accorto.

La rabbia delle petromonarchie del Golfo verso il prospettato accordo USA-Iran sul programma atomico di Teheran, porterà probabilmente - scrive Michele Giorgio (“Riyhad acquisirà l’atomica da Islamabad”) - ad una diffusione di ordigni nucleari in una delle zone più calde al mondo - e non si parla di meteo. Un'area che da decenni è al centro di turbinosi avvenimenti e dell'attività di tagliagole, governativi o no, di ogni tipo.

Finora il quotidiano della sinistra residuale (che è concetto diverso da “radicale”) si è limitato ad accusare Israele di ogni nefandezza possibile; ad esempio di avere un armamento atomico, ma di non volere che altri se ne procurassero uno equivalente (chissà perché). Oppure di fantasticare cose inesistenti: tipo negare che gli ayatollah non vogliono assolutamente produrre armi nucleari, ma solo dotarsi di energia a basso costo.

Detto da uno dei maggiori produttori mondiali di petrolio suonava già parecchio strano, ma nessuno al Manifesto sembrava avere dubbi su quella che appare come una palese incongruenza. Il risultato è sempre stato che alle menzogne di Israele non bisognava dare retta e che a Teheran bisognava invece dare credito e fiducia.

Adesso non è più solo Israele che protesta; ci si mettono anche i sauditi e la cosa assume un altro significato. Forse che il programma atomico di Teheran, e il suo sbandierato “uso civile, ma non militare” non convinca poi molto?

Ovviamente l’Arabia Saudita non gode delle simpatie della sinistra essendo nota per essere la più stretta alleata degli USA (ma, contemporaneamente, anche la patria degli attentatori dell’11 settembre) e la base militare per i successivi attacchi all’Iraq (ma, nello stesso tempo, la cassa da cui sono probabilmente usciti i primi finanziamenti a quei bravi ragazzi dell’Isis da cui non si sa come liberarsi se non stringendo nuovi patti con l’Iran).

Il risultato, comunque sia, era facilmente prevedibile. Un accordo che permetta all’Iran un qualsiasi sviluppo del programma atomico avrà come primo e immediato risultato quello di portare ordigni nucleari di origine pachistana nella penisola arabica, non solo nelle mani dei sauditi (che a suo tempo pagarono il programma atomico del Pakistan), ma forse anche delle altre monarchie del Golfo.

Senza dimenticare l’Egitto che non ha mai nascosto le sue ambizioni di diventare potenza atomica. Né, a questo punto, la Turchia del nuovo sultanato erdoganiano.

Dall’arsenale nucleare israeliano, che ha probabilmente salvato lo stato ebraico da minacce più gravi di quelle che ha effettivamente avuto, ma che - forse è opportuno ricordarlo - non è mai stato usato, si potrebbe andare verso un medioriente a diffusa presenza di armi atomiche.

Il che rende il pericolo di un conflitto nucleare ben più realistico di quanto sia mai stato prima.

Peggio di così non poteva andare. Ma chi lo prevedeva, opponendosi ai programmi iraniani su cui era lecito, per molti motivi, avere dei dubbi, veniva tacciato di essere solo uno spalleggiatore delle più oscure e minacciose ambizioni sioniste. E così via salmodiando.

Ottimo risultato.

Immagine: Flickr (Autore: Nicolas Raymond)

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