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Arbore a Sassari, il trionfale ritorno con l’Orchestra Italiana

Antichi legami con la città di Segni e Cossiga. Svelati vita opere e miracoli del più grande showman contemporaneo italiano. “Grazie tante...!”. Le due semplici parole dal sapore antico, si rinnovano nell'intercalare dell'Artista sulla ribalta, nella notte sassarese (lo scorso 14 maggio), con emozioni sempre nuove. Quattro anni dopo l'ultimo approdo nell'isola, Renzo Arbore e l'Orchestra Italiana chiudono trionfalmente la parte invernale del tour 2013 con le tappe di Sassari e Cagliari.

Nonostante l'incalzare del tempo che lascia il segno attenuando guizzi ed estri della cifra neolatina e mediterranea dell'Orchestra Italiana, il nuovo tour sardo ha prodotto emozioni e novità come un debutto sempreverde. Con due anniversari da celebrare non come mere ricorrenze: i primi dieci anni trascorsi dalla scomparsa dello scugnizzo d'oro, ispiratore dell'Arbore “partenopeo”, il maestro Roberto Murolo. La sua immagine proiettata sul maxischermo che sovrasta il palco del nuovo Teatro comunale di Sassari, propizia la serata sassarese sulle note di “Reginella”. Il brano scritto da Libero Bovio e Gaetano Lama e diffuso in tutto il mondo grazia all'opera omnia di Murolo, Napoletana Vol. 1 e 2, scalda i cuori del pubblico che gremisce l'impianto, esaurito in tutti i settori disponibili alla vendita.

L'Orchestra onora i suoi ventidue anni di attività celebrando così l'altro anniversario. Squadra che vince non si cambia: confermata la formazione dei sedici musicisti con una netta dominanza del golfo vesuviano con tredici napoletani, comprese le impareggiabili voci soliste di Barbara Bonaiuti e Gianni Conte. Anche in versione indoor, seppure con una acustica non proprio evoluta, i cavalli di battaglia spellano le mani agli spettatori che battono il tempo: “Comme facette mammeta” e l'arabeggiante “Sarracino” tributo all'indimenticabile Renato Carosone. Il tris d'assi alle mandole e mandolini conferma il fiore all'occhiello della band: Tore Esposito, Gennaro Petrone e Nunzio Reina sostengono lo showman pugliese anche nei suoi prolungati monologhi. Aneddoti e "fattarielli" che evocano una vita consumata con tanti compagni di ventura alcuni scomparsi, come Riccardo Pazzaglia, Domenico Modugno e Totò, cui va l'omaggio musicale con “Piove”, “O Surdato innamurato”, “Malafemmena”. Non può mancare una jam session in puro swing con un quintet acustico degli orchestrali che vede seduto alla tastiera, lo stesso Arbore in tradizionale gilet rosso. Prima dell'immancabile solo al clarinetto arriva la sorpresa: sul palco salgono i Bertas a cantare “Fatalità”, il brano diffuso nei Settanta dallo stesso Arbore a livello nazionale. È già pasata la mezzanotte quando si chiude il sipario.

Le uscite sono tante per i bis storici: “Vengo dopo il tiggì” - “Il Materasso” - ”Si la vita è tutto un quiz”. Non può mancare il saluto a Manfredi con “Tanto pe cantà” e l'ovazione finale con “Luna Rossa”. L'anteprima che Arbore intratteneva in mattinata alla stampa, a Palazzo Ducale alla presenza del sindaco Ganau con l'assessore alla cultura Dolores Lai, ha consumato un altro spettacolo: un brillante saggio di storia del nostro Paese, rappresentato da un testimonial straordinario. La presenza di Gianni Garrucciu, autore del saggio biografico “Renzo Arbore, vita opere e (soprattutto) miracoli”, edizioni RAI-ERI, dà la stura ad una rivisitazione del nostro Novecento italiano vissuto nello spettacolo in tutte le sue declinazioni: musica, radio, televisione, cinema, senza tralasciare il web. Sollecitato su uno dei suoi grandi amori musicali, il Jazz, Arbore (attuale presidente di Umbria Jazz) partendo dalle eccellenze sarde, Fresu e Salis, si sofferma sulla figura di un grande interprete del giornalismo e della comunicazione dell'epoca, Peppino Fiori. Originale inventore di quelli che furono i primi video editoriali oltre l'originale “occhio” presente nei successi rivoluzionari della tv di Arbore. La discussione del saggio di Garrucciu svela una serie di testimonianze e curiosità, recenti e lontane che tessono un canovaccio forte, internazionalmente apprezzato della cultura made in Italy nel mondo. Nonostante handicap non secondari legati alla lingua, alla mancata spinta governativa per la diffusione all'estero dei nostri autori.

Dopo aver individuato in Fabio Fazio il suggeritore dei “miracoli” nel sottotitolo del saggio, tanti testimoni sono ricordati con le loro esperienze: da Boncompagni, Benigni, Frassica e Marenco sino a Sergio Zavoli nel grande patrimonio di esperienze targate Rai, senza dimenticare Prodi, Pertini e Craxi nell'inevitabile passaggio politico istituzionale. Sul versante cinematografico (il ragazzo terribile cita anche la nascente Arborechannel.tv, un progetto di documentazione in streaming per i posteri) fra gli altri il più citato è l'amico ultra decennale, il napoletano Luciano De Crescenzo. Sono volati già ottanta minuti di questa straordinaria narrazione quando l'ultimo pensiero va al suo rapporto privilegiato con Sassari. Un ricordo antico e personalissimo confidato con grande tenerezza e complicità. Condiviso con una “splendida persona” nel lontano 1974: “Travolti da un insolito destino nell'azzurro mare d'agosto”, girato a Cala Gonone e allungato proprio in una breve appendice sassarese. Non vorrebbe mai congedarsi l'eterno ragazzo che annuncia ancora tanti progetti per il futuro e ringrazia l'amico Toto Gaviano, mente e braccio con l'associazione La Via del Collegio delle puntate sull'isola. C'è ancora Cagliari prima di volare in America con Umbria Jazz. 

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