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Arabia Saudita | Raif Badawi, cinque anni fa l’arresto. In prigione, dimenticato dal mondo

Libertà di espressione | Il 17 giugno è il quinto anniversario dell’arresto di Raif Badawi, il blogger saudita poi condannato a 10 anni di carcere e a 1000 frustate per “offesa all’Islam”.

La “colpa” di Badawi è di aver fondato un forum online, chiamato “Liberi liberali sauditi”, con l’intenzione di avviare un dibattito su temi politici e religiosi.

La condanna è stata resa definitiva dalla Corte suprema dell’Arabia Saudita il 6 giugno 2015. Ancora prima, il 9 gennaio, davanti alla moschea di al-Jafali a Gedda, Badawi aveva subito le prime (e per fortuna ancora ultime) 50 frustate.

Di Badawi ormai si ricordano in pochi. Le campagne delle organizzazioni per i diritti umani vanno comunque avanti: qui si può firmare l’appello di Amnesty International.

Del resto, l’Arabia Saudita è un paese troppo importante per la comunità internazionale. Beneficia – del tutto immeritatamente – dell’aggettivo “moderato” e dell’esonero dal “Muslim ban” di Trump il quale, anzi, nel suo recente viaggio nel Golfo ha usato la capitale Riad per rilanciare la sua offensiva anti-iraniana.

Per l’Italia, dal canto suo, l’Arabia Saudita è a sua volta un importante acquirente di armi.

Eppure Badawi è solo uno delle decine di attivisti e difensori dei diritti umani che stanno scontando lunghe pene detentive per aver esercitato in modo pacifico i loro diritti fondamentali.

Le autorità saudite continuano a vessare, arrestare e perseguitare penalmente chi critica il governo e ne sfida le leggi, compresi scrittori e commentatori online, attivisti politici e attiviste per i diritti delle donne, membri della minoranza sciita e difensori dei diritti umani. L’intero vertice dell’unica organizzazione indipendente per i diritti umani, l’Associazione saudita per i diritti civili e politici, è in prigione.

 

 
 
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