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Arabia Saudita | Mohammad bin Salman getta la maschera

di Andrea Muratore

La morte brutale di Jamal Kashoggi, il giornalista dissidente saudita ucciso nel consolato di Riad a Istanbul il 2 ottobre scorso, ha svelato al mondo il reale volto della presunta “rivoluzione” politica della monarchia wahabbita incarnata dal giovane erede al trono Mohammad bin Salman.

Osannato a lungo da media e politici occidentali per riforme cosmetiche come l’apertura dei cinema e il permesso di guidare accordato alle cittadine donne, MBS è stato più volte corteggiato, coccolato e osannato da numerosi leader occidentali (da Donald Trump a Emmanuel Macron, passando per Theresa May) interessati a rafforzare la partnership con Riad nel momento in cui l’Arabia Saudita, varando il piano di riforme economiche Vision 2030, appariva una risorsa fondamentale per futuri investimenti e accordi commerciali.

Protetto dalla doppia morale del “patto col diavolo”, per usare l’espressione resa celebre da Fulvio Scaglione, il regno wahabbita ha potuto continuare, nel frattempo, le sue linee politiche più detestabili: dalla repressione del dissenso (certificato da un aumento drastico delle condanne a morte) al perpetramento del violento conflitto yemenita, causa di una catastrofe umanitaria senza precedenti.

La novità forse più interessante è stata tuttavia rappresentata dall’inaspettata apertura di credito concessa dal governo israeliano di Benjamin Netanyahu a Mohammad bin Salman, leader de facto di un Paese che ufficialmente non riconosce lo Stato ebraico ma che con quest’ultimo ha sviluppato una notevole sinergia basata principalmente sul comune afflato filo-statunitense, rinfocolato dalle politiche dell’amministrazione Trump, e sulla comune individuazione dell’Iran come minaccia esistenziale alla sicurezza mediorientale.

Come ha scritto Lorenzo Vita su Gli Occhi della Guerra, “l’omicidio di Khashoggi conferma che Mbs è un partner inaffidabile e, in generale, un pessimo stratega. Perché ciò che è successo nel consolato saudita di Istanbul non è solo un crimine, che già di per sé meriterebbe una condanna unanime e senza compromesso, ma è soprattutto un errore. Un errore talmente brutale ed efferato che dimostra come bin Salman, a prescindere dalla moralità, sia un uomo impulsivo e assolutamente non adatto a poter gestire un Paese cui si affidano le chiavi del mondo arabo e mediorientale”.

Daniel B. Shapiro su Haaretz ha spiegato come “l’omicidio di Khashoggi, oltre a superare le linee rosse dell’immoralità, indichi anche la totale inaffidabilità dell’Arabia Saudita a guida Mbs come partner strategico”, e per Israele si apre una crisi strategica delicata, dato che Tel Aviv dovrà bilanciare il chiaro interesse di Netanyahu a mantenere l’Arabia Saudita tra gli alleati degli Stati Uniti per massimizzare l’allineamento strategico contro l’Iran con la necessità evitare di diventare un lobbista di Mohammed bin Salman a Washington. Fermo restando che la fobia iranofobica dei leader israeliani è forse tra le principali cause della svolta incontrollabile di Mbs.

Con lampante ritardo, i media occidentali hanno scoperto dopo oltre tre anni quale sia il reale volto dell’Arabia Saudita targata Mohammad bin Salman. Trump, secondo il Washington Post, giornale per cui Kashoggi scriveva in diverse occasioni, “ha sopravvalutato la relazione” con i sauditi e ha “incoraggiato Ryad a credere di potersi comportare in modo avventato e persino criminale senza conseguenze. Qualunque sia l’esito del caso Khashoggi, è essenziale un cambiamento strutturale della relazione”; eventualmente, se necessario, su richiesta del Congresso. Nulla del genere, escludendo le parole del giornalista ucciso, era stato mai invocato di fronte alle tremende immagini dei massacri yemeniti.

Dopo aver per anni costruito una personalità degna del Principe di Machiavelli e aver fatto coincidere l’immagine, a lungo offuscata, del suo futuro regno con il suo volto apparentemente moderno, alla moda e, nel soffocante totalitarismo di casa Saud, “progressista” Mbs ha gettato la maschera e, per citare il grande autore fiorentino, non è riuscito a bilanciare “la bestia e l’uomo”, la volpe e il leone.

Il delitto Khashoggi non è la prima azione del giovane governante a calpestare qualsiasi criterio di umanità, ma è invece la prima a rappresentare un danno irreparabile alle traballanti fondamenta su cui il Trono delle Spade provava a rifondarsi. Tanto che l’anziano re Salman potrebbe addirittura pensare di estromettere il rampollo dalla linea di successione al trono. “Per il povero Khashoggi non ci sarà giustizia in questo mondo”, scrive Piccole Note. “Ma se la sua morte porrà un freno a certe derive, può forse evitare qualche crimine futuro. E forse risulterà meno vana di tante altre morti innocenti che tali derive hanno procurato in questi anni, in Medio oriente e altrove” e di cui Mbs è tra i più grandi responsabili.

Andrea Muratore

Questo articolo è stato pubblicato qui

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