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Antica Kroton:in arrivo una pioggia di euro, apparecchiate la tavola

Ho letto con attenzione un editoriale di Francesco Pedace apparso su “Il Crotonese del 26 aprile u.s.: “Vademecum per l’antica Kroton” che incoraggia e formula i migliori auspici per la completa realizzazione del progetto “Antica Kroton”.

 In esso non è per niente trattato l’aspetto più importante della vicenda dell’ex “Area Montedison” che dura da poco meno di 50 anni. Esso è la sostenibilità futura. E’ ovvio che tutti siamo felici e giulivi per la tanto attesa pioggia di milioni che finalmente sta per irrorare l’esangue economia locale.

L’idea di allargare gli interventi destinati per l’ex area industriale ad altri siti di interesse storico della città, è stata, a mio parere, risolutiva per lo sblocco dei fondi stanziati, ma essa, al contempo, la dice lunga sulla vera consistenza e congruità del sito che doveva diventare l’ampliamento della Montedison.

Non mi stupirei se alla fine della giostra il risultato più interessante dell’intervento previsto su quel terreno, si rivelasse il restauro e recupero funzionale di Villa Morelli, ma solo perché quella struttura si presterebbe a divenire una superba trattoria per camionisti con annesso bed & breakfast e parcheggio custodito. Perché, a mio modesto parere, quello sarebbe l’unico investimento in grado di garantire l’auto-sostenibilità, ovvero di dare i propri frutti nell’immediato futuro. Si potrebbe addirittura impreziosirlo con una stretta connessione, in linea d’aria, con l’unico sito archeologico di un certo interesse che sorge lì vicino, ovvero con il santuario di “Vigna nuova” che in tempi andati ho avuto modo di visitare restando stupita dalla congruenza della struttura con i luoghi ove essa sorge.

Una struttura più volte violata da sbancamenti e realizzazioni di opere ad uso industriale, ma che rimane al di là delle mura di fortificazione della città antica. Vale a dire che quello di Vigna nuova è un vero santuario di campagna, che delimitava il confine tra la polis ed i fertili terreni che sorgevano sulla sponda a nord dell’Esaro, laddove Teocrito, negli “idilli” descriveva scene di vita pastorale.

Quel santuario, esteso quanto l’edificio B di Capocolonna, ha restituito reperti afferenti i mestieri umili: zappe, roncole, asce ecc. ma anche preziosi oggetti, (puntualmente trafugati) tra i quali una museruola di bronzo istoriata con scene di lotta tra Eracle ed i serpenti. E, per finire, catene che cingevano gli arti di schiavi, offerte in voto alla dea Hera. Ritengo che nell’ex area industriale non esistano dunque una Crotone di sotto e una Crotone di sopra, ma un lembo di territorio destinato alle colture, solcato da tracciati stradali per la commercializzazione dei prodotti, ora coperto dalla polvere.

Comunque niente che abbia, sia pur lontanamente, a che vedere con una città antica sepolta dal tempo o da fenomeni ambientali. Pompei, Roma imperiale sono sideralmente lontane dalla Antica Kroton; eppoi, se quella è la parte più antica della città magno-greca, arcaiche dovevano dunque essere le strutture abitative (capanne di paglia e argilla, in luogo di case con portico annesso). Per dirla tutta, spendere 61 milioni di euro solo per riportare alla luce “cordoli di marciapiede”; lastroni di pietra e travi di capanna, per divenire, in flussi turistici, competitor di Pompei, Agrigento, Siracusa, sarebbe stato folle, se non osceno.

 Va dunque si apprezzata l’idea di spendere i soldi pubblici in più interventi finalizzati alla valorizzazione delle preesistenze archeologiche dell’intero territorio cittadino. Ma quelli, i denari, basteranno a malapena a dare un spolverata a quanto abbiamo, a costruire qualche tettoia o delle grate in ferro a protezione dei reperti. Spendere 2 milioni di euro in comunicazione e marketing servirà solo ad alleggerire il malloppo a disposizione accontentando o zittendo le prefiche nostrane.

Pochi addetti ai lavori e uomini e donne di fiducia, sentiranno (alcuni già sentono) l’odore dei quattrini dell’Antica Kroton e, molto probabilmente, non basteranno a completare il progetto, neppure di una parte di esso, Gli oneri della conservazione, valorizzazione e custodia nel tempo, richiederanno, come sempre avviene, altri stanziamenti (pubblici) e la costituzione di nuovi capitoli di spesa a carico dei cittadini.

Per cui siamo tutti d’accordo nell’affermare che siffatta pioggia di soldi (quasi un diluvio) mai s’era abbattuta sulla città; una piena provvidenziale ma che sarebbe cosa buona e giusta, non paragonare mai a quelle del Nilo perché non arrecheranno fertilità alcuna a questa terra sempre più arida e cementificata strutturalmente, rapace e ingorda di “piccioli”. Nulla di più, perché è difficile immaginare come si possano attrarre turisti al Louvre offrendo loro la gigantografia delle Gioconda, anzichenò l’opera originale.

Per cui, l’autore dell’editoriale di cui s’è detto, avrebbe dovuto provare a convincere i lettori che 3,6 milioni di euro destinati al “rendering virtuale” della colonia magno greca irrimediabilmente sepolta, per il 90 per cento della sua estensione, sotto case e palazzi , saranno soldi buttati al vento. Il progetto Antica Kroton , così come concepito, è obiettivamente il massimo che si potesse ottenere per onorare gli impegni e al contempo per non perdere la faccia cercando di estrarre l’oro dalla sabbia del deserto.

Quando nel lontano 1980 venne l’allora ministro Oddo Biasini ad annunciare che il parco archeologico nell’ex area Montedison sarebbe stato realizzato, tra 900 posti di lavoro nell’industria che svanivano come un sogno e il sorgere di cooperative di giovani per curare i servizi del la nascente opera, si scusò per i ritardi accumulati che erano dovuti al perfezionamento di espropri e indennizzi ai proprietari dell’area destinata all’intervento.

E dunque a quel punto si disse: “in carrozza, si parte !”. Il percorso è durato “appena” 40 anni, ma il vizio di origine è rimasto; il baricentro della piena e vera valorizzazione archeologica di Crotone non si è mai spostato da accanto le defunte fabbriche. Dovevano essere una contropartita e non un esperimento di riconversione industriale i quattrini destinati alla riscoperta e valorizzazione del glorioso passato della città, che nel frattempo si è inabissato in un oceano di cemento.

Per dirla tutta: Capocolonna, pur dopo gli interventi di Spada e Insolera, è rimasta una giungla di inferriate e di sentieri proibiti; la smania della custodia è prevalsa atavicamente sulla necessità e convenienza della fruizione. Si è aggiunto cemento invece di togliere terra per liberare le vestigia e offrirle alla vista di visitatori di tutto il mondo, al pari di Agrigento o di Siracusa.

Peccato che per Capocolonna sia destinata solo una nuvoletta di quattrini (3,5 milioni di euro). Ma a Crotone si è sempre detto “cu i sordi di beddri, azzi, spinguli e zagareddri”. Forse è una delle maledizioni del fantomatico Pitagora. Dunque, niente di nuovo sotto il sole e nulla che non sia vecchio e spacciato per nuovissimo e addirittura innovativo. N

el 1974 uscì nelle sale cinematografiche d’essai il film di Adrian Maben “Pink Floyd a Pompei”; un capolavoro assoluto e, in assoluto, il primo esempio di virtualizzazione di una città sepolta. Anche su questo versante, il ritardo culturale di Crotone si attesta intorno al mezzo secolo. Alla luce dei tanti anni dedicati a seguire passo-passo su quel giornale gli avvenimenti in materia di ricerca archeologica, affermo che i quattrini continuano a servire per vivere il presente e non a costruire il futuro, per cui dico: “kroton come era (ricca) – Kroton come sarà (misera)”. Questo fa di Crotone una città influenzata dal pensiero mediceo più che da quello pitagorico.

 

Antonella Policastrese 

Questo articolo è stato pubblicato qui

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