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Antagonisti a chi?

Occupanti, Notav, NuMuos, sfrattati ecc... Evoluzione del termine "antagonista", creato per comodità giornalistica, e che indica tutti e nessuno. E non vuole dire nulla.

Qui potete leggere il numero completo de Il Serale

di Lorenzo Ligas

“Antagonista” è tradizionalmente l’opposto del “protagonista”. Se però i protagonisti di una manifestazione sono gli “Antagonisti”, e quindi le due parole coincidono, si avvìa un corto circuito lessicale difficile da digerire. Chi ha ascoltato il racconto del 19 ottobre perciò o ha provato a capire come mai protagonista e antagonista coincidessero oppure, più pigramente, si è fidato dell’accezione classica del termine e ha cercato inevitabilmente il “buono” da opporgli.

“Antagonista” è una di quelle espressioni, come “guerra al terrore”, che non vogliono dire nulla: non viene specificato mai rispetto a chi si è antagonisti, non viene specificato mai chi di preciso sia antagonista, insomma è una grande fonte concettuale alla quale si abbevera la stampa che non ha il tempo di raccontare nei dettagli la realtà.

Tutti ricordano la manifestazione del 15 ottobre 2011 a Roma. A scendere per le vie della capitale sono gli Indignati, nel cui calderone finisce tutto: black bloc, universitari, facinorosi, mamme, papà e bambini. Gli scontri con la polizia sono indignati, il rogo della camionetta è indignato. L’etichetta esiste già, non c’è bisogno di ricorrere a nessun altro termine né di scomodare quella che già da più di un anno serpeggia tra gli organi di stampa ed è chiamata “area antagonista”.

Il termine è già sottoposto a un uso, blando, dei media e salta fuori per esempio quattro giorni dopo gli scontri romani, il 19 ottobre 2011: «Napolitano in visita a Pisa, contestato dagli Antagonisti» recita il titolo del Corriere Fiorentino. «Una trentina di studenti e precari hanno distribuito un volantino a pochi metri dalla Sapienza. I contestatori sono tutti appartenenti all'area dell'antagonismo universitario». Non sono fornite ulteriori specificazioni: chi legge deduce che antagonista sia un qualsiasi studente che distribuisca volantini e contesti la presenza del capo dello Stato. Antagonista è quando manifestante fischia.
 

Il 22 febbraio 2012 Alessandro Sortino intervista Luca Abbà (nel video qui sopra), il ragazzo salito sul traliccio in Val Susa. Obiettivo delle domande del giornalista di Piazzapulita è capire dove sia il confine tra l’attivismo e l’antagonismo ed ecco come risponde Abbà: «Il Movimento No Tav è fatto di tante componenti, tra cui anche alcuni partecipanti di quest'area "antagonista" che dici tu. [...] Ma questo non vuol dire che il movimento sia gestito da quest'area. Il ruolo dei centri sociali in questi anni c'è stato, ma è stato, non dico marginale, ma complementare». Dopo le proteste pisane, nelle parole del valsusino abbiamo una declinazione dell’antagonismo universitario: i centri sociali. Questa rimarrà la definizione più precisa dell’inesistente area; sono loro gli antagonisti, sono loro che quando c’è da presidiare fanno più “casino” degli altri. Del resto, come dice lo stesso Abbà: «Le persone dell'area antagonista hanno più dimestichezza nel trattare con la polizia, gestire occupazioni di strade e blocchi stradali... Interviene anche questa componente che in qualche modo supporta il movimento».

All’inizio dell’anno scorso l’Antagonismo è perciò solo una componente della protesta e la sua caratterizzazione è anche violenta. Alla fine dell’anno invece tutto è già scivolato di senso: gli antagonisti sono solo violenti.

Testimone ne è la protesta del 2 dicembre 2012, quando «circa 200 persone riconducibili agli ambienti anarchici e antagonisti che sotto il Palazzo del Governo ha lanciato pietre, mattoni, bombe carta e palloncini pieni di vernice bianca contro polizia e carabinieri: agenti e militari hanno dovuto riparare all’interno della Prefettura». Siamo a Livorno: due giorni prima viene negata a un gruppo di persone - nell’articolo del Fatto Quotidiano indicati come «antagonisti e No Tav» - la possibilità di contestare un comizio di Bersani. La protesta sfocia 48 ore dopo davanti alla Prefettura contro gli abusi della polizia; solo il Corriere della Sera parlerà di centri sociali, mentre gli altri organi di stampa preferiranno definire gli autori dell’assedio “antagonisti”.

Ma la consacrazione violenta del termine è in realtà già arrivata qualche giorno prima: il 22 novembre finiscono agli arresti cinque persone accusate di devastazione e saccheggio durante il corteo del 15 ottobre a Roma. Quelli che un anno prima erano semplici indignati, o al massimo black bloc, diventano antagonisti: «Scontri corteo 2011: cinque arresti. I provvedimenti in ambienti anarchici, antagonisti e tifoserie» (Corriere della Sera), «Corteo e scontri Roma 2011: 5 arresti fra anarchici, antagonisti e tifosi» (Youreporter), «Sono scattate le manette per cinque persone vicine agli ambienti anarchici, ai movimenti antagonisti e alle tifoserie violente in seguito agli scontri di Roma del 15 ottobre 2011» (Il Sole 24 ore). La caratterizzazione mediatica è evidente e in più c’è l’occasione di strumentalizzare le tifoserie, che quando capita non si perde mai.

L’uguaglianza però regge poco: si protesta e si scende in piazza in ogni parte d’Italia e non si può sempre far coincidere le due cose. Così l’Antagonismo, dacché nel 2011 era una parte della protesta, viene elevato a grande famiglia che abbraccia chiunque scenda in piazza, protesti, dissenti.
Il 9 marzo 2013 i gruppi antifascisti fiorentini, compresi l’Anpi, organizzano un controcorteo in risposta alla manifestazione di destra in ricordo delle Foibe. Il giorno dopo La Repubblica di Firenze riporta i dissapori tra gli organizzatori e i rappresentanti di partito, ma il titolo, in un entusiasmante profluvio di etichette, è questo: «Antagonisti, liti e "purghe" al corteo antifascista». L’1 giugno nella sala principale del Lem di Livorno un centinaio di cittadini si presenta per contestare Alfredo De Girolamo, presidente del Cispel Toscana; ma l’incontro fissato per quel giorno, tema la privatizzazione dell’acqua, era già stato spostato. Così i presenti occupano lo spazio per qualche ora: «Lem, antagonisti arrivano a un dibattito per contestare De Girolamo, “ma la stanza era vuota”».

Il 7 luglio a Milano invece torna la il neo violento dell’antagonismo: «Expo 2015: Napolitano lancia la corsa, gli antagonisti i fumogeni», mentre il 24 luglio, sempre nel capoluogo meneghino «Un gruppo di antagonisti in presidio dopo lo sgombero dell’ex cinema Maestoso ha fatto irruzione a Palazzo Marino». La differenza tra i due eventi è che mentre la contestazione dell’Expo è stata condotta da cittadini comuni ma non identificabili con nessun logo, l’irruzione al palazzo del Comune di Milano ha avuto dei protagonisti ben precisi: i ragazzi del progetto Ri-Make e gli occupanti del Cinema Maestoso, occupato e poi sgomberato. Non importa chi siano, sono tutti antagonisti. Così ancora il 9 settembre, ancora nella città di Pisapia, sappiamo chi protesta, ma l’aggettivo è prioritario; il Giornale infatti riporta: «Manette all’alba per due esponenti dell’area antagonista: i carabinieri di Milano hanno arrestato Lollo M. (30 anni) e Simone D. (26 anni), studenti alla facoltà di Scienze politiche che militano nel gruppo universitario "Ex Cuem", tra i più "agguerriti" dell’Università Statale». Accanto a loro viene rispolverata addirittura la definizione “no global”, diventata quasi vintage.

La marcia mediatica di avvicinamento al 19 ottobre culmina con titoli come «Roma blindata si prepara al corteo degli Antagonisti» (Euronews.it, 18 ottobre), «Milano, antagonisti occupano la Borsa in vista del corteo No Tav» (Il Fatto quotidiano, 15 ottobre), «Corteo antagonisti, sale la tensione trovato furgone con spranghe e biglie» (Repubblica, 18 ottobre), «Roma, domani corteo degli antagonisti» (Tgla7, 18 ottobre).

È il ribaltamento totale di ciò che il termine significava più di un anno fa e si completerà poi con il racconto di quel sabato: antagonisti tutti, indistintamente. Sono i No Tav e i No Muos, i migranti e i comunisti. E sono soprattutto i movimenti di lotta per la casa, persone cioè che molto raramente si riconoscono in movimenti politicizzati e che anzi spesso non si possono identificare con nessuna etichetta se non con il nome del posto che occupano. Per far spazio alla comoda definizione di “Antagonisti”, il racconto di OccupyPortaPia è nato viziato in partenza, con la volontà di creare una narrazione coerente con la separazione brutale tra buoni e cattivi, senza nessun intenzione di descrivere quelle che invece sono state le reali voci corteo, sfumature ben più difficili da spiegare: i protagonisti.

 

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