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Animali, umani e visioni (parte I): ’Aiutami’ di Paolo Grugni

"... una canzone che fu un’animalista sollevazione, un manifesto di cui tutti dovrebbero conoscere il testo." 
(pag. 67 - Aiutami di Paolo Grugni, Barbera 2008)

Heifer whines could be human cries
Closer comes the screaming knife
This beautiful creature must die
This beautiful creature must die
A death for no reason
And death for no reason is murder
And the flesh you so fancifully fry
Is not succulent, tasty or kind
It’s death for no reason
And death for no reason is murder
And the calf that you carve with a smile
Is murder
( Meat Is Murder - The Smiths, 1985)

Testo completo della canzone QUI.
Su YouTube.

Recita la quarta di copertina di Barbera: questa storia è la storia di cinque animalisti: Ricky, Bruno, Claudio, Sara e Giovanni. È la storia dei loro ideali, dei loro dubbi, dei loro sogni, della loro voglia di un mondo più giusto per uomini e animali. Siamo nel novembre 2008, a Milano, quando in un convulso fine settimana i cinque protagonisti mettono in atto il rapimento di Luigi Banes, cacciatore e assessore della regione Lombardia. Lo trasportano in Valtellina e lo tengono sotto sequestro, poi all’improvviso tutto cambia e i ruoli di forza all’interno del gruppo portano a una piega degli eventi diversa da quella prevista. Fino alla conclusione che inchioda ognuno alle sue responsabilità, lettore compreso.

Paolo Grugni, giornalista, autore televisivo e scrittore, ma anche vegetariano e animalista con ‘Aiutami’ (Barbera Editore, 2008, qui il booktrailer) ha voluto colpire proprio lì, tra le piaghe di una società che vive ‘contro’ gli animali. Un libro che denuncia ma non trascura l’impatto narrativo, dove le parole hanno un peso specifico preciso, le scelte non sono né casuali tanto meno ‘comode’.

Pubblicato nella collana ’Armi da taglio’ sottotitolo: libri che affondano il colpo, collana diretta da Gabriele Dadati, ’Aiutami’ è un romanzo molto ambizioso. Cinque animalisti e un rapimento. C’è un vago senso di familiarità tra le parole e la cronaca, con qualche scritta in piccolo che scorre sugli schermi mentre un mezzo busto parla. Familiarità scrivo, perché la ’causa animalista’ ogni anno ritorna, accade qualcosa o qualcuno fa accadere qualcosa che riporta alla ribalta certe frasi per alcune ore, magari un paio di giorni a essere molto fortunati. Ci fu quella volta che una modella famossima, pantera nera feroce, venne cacciata da una certa campagna contro le pellecce, o qualcosa del genere. Fatti così, che poi ’fatti’ possono anche non esserlo, basta un accadimento extra normale, uno scintillio improvviso che nomina gli animali e allora tutti lì a scuotere la testa (no, no, così non si fa, gli animali sono creature, esseri viventi indifesi). Solo che la ’faccenda’ è un tantino più complicata di così. E Grugni parte proprio da qui, dal bisogno di sbriciolare falsi interessi, frasi fatte per non essere ascoltate, dalla necessità di scavare, svelare, affondare nelle numerose implicazioni legate al movimento animalista, dunque cinque giovani animalisti diventano i protagonisti di questa storia. Poi un rapimento reso necessario, imposto quasi, dall’andamento immutabile di questo nostro vivere oggi. Dall’assenza di coscienza, pare anche. Dal menefreismo che è poi anche egoismo individuale di volere questo o quello, comprare, comprare, avere poi gettare. 

Ma chi sono, innanzi tutto, Riccardo, Bruno, Claudio, Giovanni e Sara? Cosa vogliono davvero? Cosa sperano di cambiare? Lo svela l’autore, nel corso della narrazione, senza troppe presentazioni ufficiali.
 
"... Le idee, per dimostrare di essere giuste e cambiare lo stato delle cose, non possono mai diventare indottrinamento, verrebbero imposte e non comrpese. E’ così che, degenerando, portano alla nascita delle dittature" dice Giulia, conosciuta da poco da Riccardo ( il personaggio che più spicca nella storia ) ma già – subito - importante. Una prima ’imbeccata’ al lettore, attraverso le parole di un personaggio estraneo al gruppo. Poi un’apparente precisazione più avanti, a pag. 87: "... ma la cosa appariva ancora un gioco che altri, solo i criminali veri, quelli che finivano con la foto segnaletica sul giornale, potevano pensare veramente di portare a termine". Portare a termine, diventa un concetto-chiave dunque. 

Poi la consapevolezza, anzi, l’ufficializzazione della consapevolezza (in parte sottintesa dalla stessa quarta di copertina di Barbera) qualche pagina dopo: "Uno sguardo gli bastò per capire che erano il punto di interesezione d’infiniti determinismi, in apparenza liberi di agire e creare il loro destino, ma la situazione in cui si erano ritrovati, come tutte le situazioni, era solo apparentemente frutto di una loro scelta." Punto d’intersezione-infiniti-determinismi sono incastri precisi, netti, come pure apparenza-liberi-apparentemente-scelta. Qui la terminologia diventa ricerca espressiva fondata sulla sostanza, una frase per chiarire ogni sottinteso che fino a quel momento, attraverso la narrazione di oltre metà libro, era rimasto in volontaria latitanza. 


Ma c’è anche, una collocazione sociale, una serie di potenziali ruoli attribuibili ai personaggi: "La gente li avrebbe chiamati delinquenti, i politici li avrebbero definiti terroristi, tutti pronti all’unanime condanna... [...] Le rivoluzioni devono cambiare tutti i tempi, rivedere il passato, mutare il presente, modellare il futuro. Per questo i cambiamenti della società non erano mai stati e non potevano essere indolori ma dovevano servire a sgretolare le false certezze e ribaltare le posizioni mummificanti il metabolismo cerebrale. [..] Ma ci voleva la scintilla, quella che avrebb fatto sollevare gli animalisti in tutto il mondo..." (pag.98). Cambiamenti e scintilla. Ecco chi sono questi ragazzi che Grugni tratteggia con imperfezioni fisiche ma soprattutto interiori, ognuno con demoni diversi da tenere sotto controllo, paure, incertezze, consapevolezze e memorie quasi mai facili da portarsi in giro. 
 
In realtà c’è già, molto prima, una definizione trasparente lasciata da Riccardo stesso in una sorta di corrispondenza epistolare unilaterale col ’Maestro’ Ennio Morricone sulla cui dinamica tornerò dopo, Riccardo dice: 

"Maestro, mi piace immaginare che io e gli altri siamo mucchio selvaggio pronti per quello che la gente definirà un pubblico oltraggio, per me è solo un gesto di alto linguaggio. [...]... anche se le diranno che sono dei criminali, non è vero, hanno solo difeso gli animali." (pag. 46)

C’è dunque, questa netta spaccatura, da subito, tra come verranno ‘qualificati’, ‘etichettati’ dalla gente, e ciò che invece pensano i personaggi stessi, quello che le voci tentano di trasformare in materia, in scelta consapevole e motivata, seria insomma, ’mucchio selvaggio’ dice Riccardo, ma capace di procurare quella ’scintilla’ che potrebbe avviare il cambiamento. Se ne percepisce la purezza negli intenti, che naturalmente contrasta con l’idea stessa del ’rapimento’ e del suo svolgimento pratico raccontato da Grugni con un’interessante scelta strutturale ovvero la spaccatura in ’frame’ poi assemblati, in ogni frammento è l’angolazione di un personaggio a dominarne contenuti e osservazioni, in modo tale da ’rivedere’ anche gesti e sequenze più d’una volta ma attraverso ‘occhi’ diversi.

La struttura del romanzo non distingue capitoli, non in senso tradizionale. La narrazione è una successione di ‘parti brevi’ unite dallo stesso registro, dall’intento di raccontare una scena o un personaggio. Ma in queste parti il narratore e la struttura stessa variano alternando così la voce di Riccardo (che però ‘parla’ sempre con Giulia) con - meno frequentemente - la voce di Giulia (che a sua volta ‘parla’ esclusivamente con Riccardo) dal narratore esterno fino alla lunga corrispondenza al ‘Maestro’ (Morricone, già citato sopra). Quattro macro strutture di fatto, ognuna funzionale, spezzate poi unite a formare un composto preciso, dal ritmo serrato.

Le voci di Riccardo e Giulia, che si parlano a distanza, pensando, ragionando finiscono piano, piano con l’avvicinarsi facendosi bastare rari e preziosi incontri che restano nell’aria, li rendono vicini nella lontananza, nonostante gli avvenimenti che pressano, e l’affondare in logiche difficili, complesse quali le conseguenze delle azioni umane sugli animali. Una storia d’amore delicata, non scontata, che si alimenta di bisogni semplici e restituisce l’immagine di un protagonista pieno di sfaccettature, che non è solo il ‘capo’ del gruppo, bensì molto altro.

Poi Morricone. Una scelta notevole, secondo me, perché attraverso questa sorta di corrispondenza silenziosa (è Riccardo che scrive al Maestro, non c’è bilateralità) Grugni ha la possibilità di introdurre numerose tematiche ‘spinose’, dolorose e difficili, quel genere di scavi che normalmente annoiano, infastidiscono o peggio, tediano. Affrontati in questo modo, invece, veloci, frasi secche, in rima, quasi non ci si accorge di averli letti. Quasi. Perché i sensi restano, graffianti fino all’osso, ferocissimi. In rima, si. Perché a Riccardo viene ‘naturale’ scrivere così. Un espediente strutturale interessante insomma, che spezza il ritmo, non pesa al lettore e ‘fa passare’, trasmette, nozioni crude, necessarie. E’ proprio scrivendo a Morricone che Grugni, usando la voce di Riccardo, denuncia: caccia e cacciatori ( utile il sito della Lega per l’abolizione della caccia ), caccia alle balene, vivisezione, corrida e circhi, gavage, macellazione, mucca pazza, Laika (la cagnolina lanciata nello spazio nel ’57), pesca e pescatori, le ricerche per l’Aids, cyber hunting (caccia visivamente riproposta on line, di solito attraverso web cam ), finning, diventare vegetariani, l’uso di medicinali sugli animali, alcune abitudini alimentari dei cinesi, cavie, i danni del linguaggio (frammento di un’ironia fulminante), abbandono degli animali, combattimenti tra cani, infine il concetto di ‘uguaglianza’ tra uomo e animale.

Ma non solo, scrivendo al Maestro, Riccardo si permette nomi illustri, della politica quanto del mondo dello spettacolo (moda e sport compresi ovviamente), dell’economia e delle arti; e lo può fare solo in questo modo, non intervenendo nella narrazione principale, evitando l’effetto ‘boomerang’ ovvero la strumentalizzazione di talune affermazioni in bocca a personaggi o dentro scene. 

Lo stile di Grugni, merita una considerazione a parte.

La presentazione di scene e personaggi frantuma schemi e regole di sintassi, in favore della semantica. Il lettore potrà sentirsi confuso, all’inizio, l’assenza di distinzioni oggettive, distinguibili facilmente, può spiazzare. Ma è una percezione labile, che passa presto, secondo me. L’amalgama di Grugni è pulsante, piena di passato, presente in corso, pensieri e discorsi diretti che si flettono, mischiano, incastrano, restituendo un flusso narrativo visivo, sensoriale quanto frizzante.

"In casa girava una gatta che nessuno aveva mai pensato di sterilizzare, di notte rimaneva in giardino e ogni anno restava incinta, sua madre prendeva i cuccioli appena nati e li buttava nel cesso, lei li guardava galleggiare per un secondo poi giù nelle foglie (1). In viale Porpora per la fretta prese un rosso senza accorgersene, evitò l’impatto all’ultimo istante (2), brutta troia dove vai (3). Insieme al suo gruppo di preghiera stava ore inginocchiata a recitare il rosario, le ginocchia gonfie, la lingua secca… […] (1) Arrivò all’appuntamento che gli altri erano lì per andarsene, solo Richy era ancora in piedi… (2)"

(1) frammento passato – n.d.r.
(2) frammento degli sviluppi in corso – n.d.r.
(3) scheggia discorso diretto –n.d.r.

Mettendo temporaneamente in stand-by le cause animaliste nel complesso (a tal proposito ripropongo un sito segnalato dallo stesso Grugni trai i ringraziamenti nel libro: AgireOra per gli animali. ), ci sono, a mio avviso, due ’macro tematiche’ sfiorate da questo libro e che hanno scatenato dibattiti e pareri contrastanti.

L’essere, ma anche il diventare vegetariano oppure (risottolineo ’oppure’) vegano.

E la ’speranza’ intesa come messaggio ’finale’, come eventuale approccio alle denunce stesse sollevate dal romanzo.

Tornerò su questi elementi con un altro pezzo, sperando di riuscire a unire la voce di Paolo Grugni con quella di un altro autore, Jeffrey Moussaieff Masson, che con un saggio, pubblicato in Italia da Cairo Editore da neanche due settimane, si propone di chiarire ’Cosa c’è nel tuo piatto?’.

Ultime annotazioni personali: per chi ha letto, legge o leggerà ’Aiutami’, da non perdere alcune frecce linguistiche preziose.
“Siamo tutti vivi terminali”;
“Il senso contromano della vita”;
“ammobiliare in fretta un pensiero”,
“Gli occhi senza sonno, marmellata di luce”.
Poi certamente: ‘la maggior parte della gente quando scopa, scopa se stessa’.


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