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No Tav: forze dell’ordine non identificate

Rieccoci.
Nell’ormai consueto corto circuito mediatico tipico del giornalismo italiano, provinciale e tendente al populismo, ancora una volta si alza un polverone di pietismo nei confronti del poliziotto insultato dal manifestante No TAV, la “pecorella”, come ormai lo conosceranno tutti. Le immagini di "Corriere tv" hanno fatto il giro della rete. E fioccano le citazioni di Pasolini, e i riferimenti allo stipendio basso rispetto al pericolo della sua attività.
 

Leggiamo da Repubblica.it, in un pezzo di di pregiato qualunquismo di Carlo Bonini, che "Pecorella un nome ce l'ha. Scrivi che mi chiamo F.".

F.? Da quando F. è un nome? Sarà Francesco? Fortunato? Federico? Questo non ha da sapersi, così come non ha da sapersi quanto il manifestante, con rara indisponenza, chiede al suo interlocutore.

Perché non possiamo sapere chi c’è dietro gli scudi in plexiglas e sotto i caschi delle forze dell’ordine? Possibile che ancora nel 2012 la polizia italiana, i carabinieri, la stessa Guardia di Finanza possano fare ordine pubblico senza avere un numero o una sigla di riconoscimento sul casco o sulla divisa?

Si invoca spesso, e a ragione, il fatto che i manifestanti debbano avere il volto scoperto, anche per poter essere riconoscibili qualora compiano dei reati. Il principio non dovrebbe valere anche per chi quei reati dovrebbe evitare che si producessero? O forse si è legittimati a pensare che i servitori della legge abbiano qualcosa da nascondere?

Beninteso il buon F. si è comportato bene, soprattutto ha fatto il suo dovere, e comunque la si pensi, va apprezzato.

Non altrettanto si può dire per i suoi colleghi che hanno lanciato sassi dal cavalcavia o lacrimogeni ad altezza uomo.

Chi sono costoro? Come è possibile che possano compiere simili azioni nella sicurezza della più totale impunità?

Il comandante generale dell'Arma, Leonardo Gallitelli, ha gratificato con un encomio solenne per "la fermezza e la compostezza dimostrate" il carabiniere F., la pecorella bianca.

Neanche una parola per le pecorelle nere, che reprimono nella violenza il legittimo dissenso della Valle.
 

Commenti all'articolo

  • Di Barev (---.---.---.73) 1 marzo 2012 23:50

    Veramente un bell’articolo, complimenti.

  • Di Geri Steve (---.---.---.186) 2 marzo 2012 11:46

    Mi associo.
    E’ inacettabile che dopo tante porcherie -non soltanto al G8 di Genova- non si sia ancora arrivati a regolamentare l’identificazione degli agenti. E’ una delle tante stranezze della nostra sinistra, che fa meditare: più che inciucio, io direi COLLUSIONE.

    E’ chiaro che gli agenti non possono operare con nome e cognome scritto indosso, altrimenti i malavitosi opererebbero vendette trasversali sui loro parenti, ma un codice ben leggibile sarebbe una buona garanzia di legalità.

    C’è poi il grosso problema degli agenti in borghese, che spesso -almeno dai tempi di Kossiga- svolgono il ruolo di agenti provocatori. Non penso che gli agenti in borghese possano essere proibiti, ma dovrebbe essere chiara la filiera di responsabilita’ e garantita la loro identificazione se agiscono contro la legalità.

  • Di (---.---.---.146) 2 marzo 2012 14:54

    PERSONALMENTE RITENGO CHE IL COMPORTAMENTO DELLE FORZE DELL’ORDINE SIA STATO FIN TROPPO PERMISSIVO: PERSONE CON CASCHI, VISO COPERTO, ARMI, BASTONI, ECC ECC CHE LIBERAMENTE DANNEGGIANO (E IO PAGO....) L’INTEVENTO DELLE FORZE DELL’ORDINE DOVEVA ESSERE MOLTO PIU’ REPRESSIVO E INCISIVO, NEUTRALIZZARE I VIOLENTI
    GIANNI

  • Di paolo (---.---.---.63) 2 marzo 2012 16:08

    Geri se metti un codice ben leggibile non ottieni una identificazione personale ,a meno che tu non abbia accesso alla corrispondenza dei codici con le persone e allora come ce l’hai tu può avercelo chiunque con le conseguenze che tu stesso paventi.

    Il codice potrebbe invero essere "random" per l’occasione e servire come riferimento per segnalare un " abuso " da parte del milite . Ma a chi ti rivolgi ?alla polizia ? ( tse’) al magistrato ? Tu ci credi ?
    Se invece venisse " tout court " affermato il principio della identificazione palese e visibile , allora dovrebbero sparire per primi gli agenti in borghese ma ,Kossiga (e non solo) a parte ,non pensi che sarebbe anche come togliere strumenti di indagine preziosi in un paese che vanta sei mafie( si è aggiunta la mafia cinese) .
    Possiamo permettercelo? Si potrebbero prevedere delle eccezioni , ma chi è che decide come ,quando ed in quale occasione usarle? Il questore di turno (?!)
    Non siamo in Inghilterra Geri ,questo paese ha parti del territorio sotto il controllo diretto di organizzazioni mafiose che governano al posto dello Stato ,che è tutto meno che sovrano.

    Tornando al merito TAV ,credo che se lo Stato non si decide a prendere provvedimenti duri e risolutivi  ,non solo nei confronti degli estremisti politicizzati , ma anche di alcuni valsusini tutt’altro che moderati , la situazione precipiterà in una spirale senza fine . Ogni balordo in circolazione ,in nome del suo mantra ideologico che magari riempie il fallimento di una vita ,potrà mettere a ferro e fuoco là dove e meglio gli aggrada .Abbiamo già vissuto questa esperienza ,non mi sembra il caso di ripeterla.

  • Di Geri Steve (---.---.---.211) 2 marzo 2012 23:18

    caro Paolo,
    concordo in pieno con te sul discorso TAV, quindi lì non mi dilungo.

    Sulla identificazione degli agenti invece, no: non concordo.

    Nel caso Genova G8 (e in diversi altri) è stato determinate per la non condanna di quegli agenti, il fatto che non siano mai stati identificati. Un codice di identificazione avrebbe consentito alla magistratura di risalire ai colpevoli. Anch’io ho dubbi sull’effettiva volontà della magistratura, ma nel caso G8 sembra ci sia stata davvero, e comunque, cosi’ si toglierebbe un alibi alla magistratura ed una specie di garanzia di impunità alla polizia. Che poi, dopo identificazione, il codice vada cambiato, va da sè.

    Agenti infiltrati in borghese: è certamente un discorso complesso e che va meditato meglio, però esistono alcuni precedenti indiscutibili: nel 1977 sono state pubblicate sui giornali foto di un agente provocatore che sparava e che, in altre foto, era in compagnia di agenti in divisa e commissari.

    Io non pretendo di risolvere qui tutti i problemi connessi alle investigazioni di polizia, sostengo soltanto che quel giorno avrebbe dovuto esistere un rappresentante della polizia che, su richiesta della magistratura, avrebbe dovuto immediatamente rivelare nome e cognome di quell’agente sparatore.

    Quell’agente invece, non e’ mai stato identificato, e quel giorno è stata uccisa Giorgiana Masi: Da uno sconosciuto, mai identificato.

  • Di paolo (---.---.---.249) 4 marzo 2012 23:36

    Ma io in linea di principio non sono in disaccordo Geri , l’identificazione dovrebbe essere d’obbligo ,semplicemente credo che quando si ha ha che fare con reparti operativi anti sommossa ,soprattutto di contrasto a manifestazioni fortemente ideologizzate ,esporre la propria identità può rappresentare un rischio fortissimo di ritorsioni .

     Però da li’ a dire che possono fare quello che vogliono e rimanere impuniti è un altro paio di maniche ,considerando che comunque ci sono i responsabili dei reparti che hanno nome e cognome e che eventualmente sono i primi a dovere rendere conto .
    Pensa per es. a coloro che devono operare nel contrasto alla mafia ,ti immagini se invece del mascheramento avessero il cartellino di riconoscimento ! .Insomma ho qualche dubbio.
    ciao

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