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Anche baci tra Israele e Iran

Confesso che qualche illusione me la faccio. Anche se so che in politica estera le illusioni sono merce rara e si pagano facilmente con una “paccata” di disillusioni.

Mi riferisco in particolare alla questione israelo-iraniana che verte intorno al contestato programma di sviluppo dell’energia nucleare finalizzata ad usi pacifici o militari, a seconda del punto di vista.

Come sappiamo infatti l’Iran sostiene con forza il suo diritto di stato sottoscrittore del Trattato di non proliferazione atomica, a sviluppare impianti di produzione per usi strettamente civili (e, ad oggi, non esiste alcuna prova, pare, che l’uranio venga arricchitto alle percentuali necessarie per usi diversi da quello dichiarato).

D’altra parte l’occidente, Israele in testa, non si fida per niente e, accusando la Repubblica Islamica di non trasparenza, ha emanato una serie di robuste sanzioni economiche. Lo stato ebraico, non soddisfatto, ha messo sul piatto anche pesantissime opzioni militari per eliminare quella che ritiene una minaccia potenzialmente fatale per la propria esistenza, così come fece nel passato verso i reattori iracheno e siriano in costruzione.

A fronte della mancanza di prove che assolverebbe l’Iran, esiste però un ampio ventaglio di minacce di distruzione totale che gli ayatollah e il presidente negazionista Ahmadinejad hanno rivolto alla cosiddetta “entità sionista”, ma soprattutto ambiguità mai del tutto chiarite come l’acquisto di missili da crociera ucraini capaci di trasportare armi atomiche che, all’interno di un programma dichiaratamente “pacifico”, sembra un'iniziativa piuttosto incongrua e forse spiega il rullo dei tamburi di guerra (il nono rapporto sull'evoluzione delle relazioni transatlantiche predisposto dall'Istituto Affari Internazionali per il Senato che a pagina 14 parla dell’affaire, si può scaricare da qui.

Più esattamente, come recita il rapporto 2012 dell’Osservatorio di politica internazionale:

“Un recente rapporto dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica sulle attività nucleari iraniane con potenziale applicazione militare ha rafforzato l’ipotesi che l’Iran stia perseguendo una strategia di nuclear hedging, letteralmente di ‘tergiversazione nucleare’: acquisire le necessarie conoscenze e capacità per costruire un arsenale atomico rimanendo però nei limiti del Tnp (di cui l’Iran è parte), senza cioè oltrepassare la ‘soglia’ nucleare”.

Proprio nei giorni scorsi l’AIEA si è pronunciata ufficialmente con un “l’Iran non ci sta dicendo tuttoaffermato alla CNN da Yukiya Amano in persona. Nonostante ciò, nelle ultime settimane di tutto questo si parla un po’ meno e la tensione sembra leggermente più bassa, forse per l'incontro Obama-Netanyahu, ma per chi conosce la prassi israeliana di colpire all'improvviso e in silenzio, potrebbe anche suonare come un campanello d’allarme.

In compenso si parla molto nel web dell’iniziativa curiosa e un po’ romantica di un insegnante israeliano, Ronny Edry, che ha postato su Facebook un messaggio di amore verso gli iraniani, accompagnato dalla foto di lui che bacia una giovane iraniana (con tanto di passaporti in vista). “Iraniani, non vi bombarderemo mai” è il titolo dato all’iniziativa.

Qualche settimana fa scrivevo

“Non vedere l’Iran solo come Ahmadinejad, come gli ayatollah o i pasdaran o i basiji; come le minacce e i negazionismi da fascistello di borgata, ma vedere uomini e donne, vecchi e bambini e svelarne le umane fragilità, le umane dolcezze, le umane difficoltà e le umane affinità è il miglior antidoto, sembra, contro la progressiva “disumanizzazione” del nemico che si ritiene mortale”.

L’iniziativa dell’insegnante israeliano va in questa direzione: guardare negli occhi gli uomini e le donne dell’altro paese permette di sfuggire alla disumanizzazione dei programmi di distruzione reciproca che si fondano su una completa astrazione dell’avversario. E questo vale per gli uni come per gli altri. Ai militari di ogni paese (e suppongo anche ai kamikaze o ai piloti di droni comandati a distanza) viene sempre insegnato di non guardare mai negli occhi il “nemico” perché nella vitalità dello sguardo si coglie l’umanità dell’altro, si riconosce il proprio simile; e non può più uccidere. Solo accecandosi, per violenza o per paura, si può togliere la vita ad un altro essere umano.

Dire su Facebook “iraniani non vi bombarderemo mai” purtroppo non fermerà la “grande” politica delle controversie internazionali, ma è comunque un gesto che parla di rapporti umani, non solo delle ragioni e dei torti, del giusto o dell'ingiusto, del vero o del falso. La "grande" politica ha dato frutti disastrosi nel corso del tempo, non ultima la questione palestinese che avrebbe potuto essere risolta già da molto tempo se gli uni e gli altri avessero pensato meno a ciò che era "giusto" e un po' di più a ciò che era "umano".

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