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Alla fine Marrazzo è innocente

La vicenda Marrazzo sembra volgere al termine con la sentenza della Corte di Cassazione, che sancisce il ruolo di vittima dell’ex Governatore del Lazio, in una vicenda in cui c’è scappato anche il morto. Da questa storia emergono due aspetti degni di nota, su cui è importante riflettere.

Il primo riguarda il ruolo dei media nell’affrontare situazioni in cui sono coinvolti personaggi di rilievo, che siano essi politici, di spettacolo, dello sport o altro. Il secondo costituisce spunto di riflessione sul concetto di morale e di lealtà, utile a capire cosa aspettarsi dai candidati quando si è chiamati a scegliere in cabina elettorale. Andiamo per ordine.

La Cassazione stabilisce la responsabilità dei militari intervenuti nell’abitazione di Natalie, non essendo rilevati, dagli stessi, elementi utili ad ipotizzare reati, ma avendo solo effettuato riprese, presumibilmente allo scopo di trarne qualche guadagno dalla loro vendita. Ovvio che, stando così le cose, è giusto che, chi si è macchiato di reato, paghi la relativa pena. Ma che ruolo hanno avuto, in tutta questa vicenda, i media? Quanto hanno contribuito all’abbattimento del personaggio Marrazzo tutti gli articoli, i servizi, le vignette, i commenti pubblicati in proposito? Che informazione è stata data? Quella del compimento di un reato o quella di un’abitudine “moralmente” inaccettabile di un personaggio politico? E pur volendo focalizzare l’attenzione sulla “morale”, su cosa ci si è concentrati

Sull’atteggiamento ingannevole del politico (presumibilmente) integerrimo o sui suoi gusti sessuali? Cosa interessa veramente comunicare alle grandi testate, ai grandi TG, ai grandi periodici? Ecco come si concretizza il celeberrimo trash. Attraverso la pubblicazione di informazioni interessanti per chi è avvezzo al pettegolio (purtroppo tanti) provinciale e bigotto, per cui fa più notizia la tendenza sessuale “straordinaria” di un politico che il suo atteggiamento ingannevole. Per fare un esempio con le dovute proporzioni, quando scoppiò il caso Clinton/Lewinsky, il Presidente americano dovette giustificarsi per l’atteggiamento ingannevole nei riguardi della sua famiglia e, per estensione, del popolo americano, non per il tipo di rapporto che ebbe.

Qui si arriva al secondo punto di riflessione che offre la vicenda: cosa ci si aspetta da chi eleggiamo? Che sia un buon politico, senza interessarsi della sua vita privata o che abbia un comportamento allineato alla morale comune tra le mura di casa, oltre che in pubblico? La risposta deriva dal tipo di cultura dominante e dalle influenze che hanno aiutato la stessa a formarsi. In un Paese come l’Italia, largamente cattolico, purtroppo il limite è costituito dalla considerazione della legge religiosa come legge di stato. Non c’è la distinzione tra Stato e Chiesa nemmeno nella considerazione dei fatti, i quali, sulla scia di una morale inculcata radicalmente, vengono valutati attraverso la lente cattolica, che difficilmente riuscirà ad essere sostituita da quella laica, se non con seri provvedimenti di educazione civica, mirati a rendere intima la professione della fede e pubblico il rispetto dello Stato.

In conclusione, in questa vicenda, Marrazzo, come Natalie, per la legge non hanno commesso reati e hanno perso, rispettivamente, la faccia e la vita. I colpevoli, forse, faranno qualche anno di carcere. Forse.

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