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Alcol in gravidanza | Disturbo dello spettro fetale alcolico: il "perché" sommerso di tante vite difficili

Il FASD può presentarsi nei bambini la cui madre ha bevuto alcol in gravidanza, ma la diagnosi è difficile e può arrivare anche dopo una vita di sofferenza. Ce lo racconta Claudio, che per far conoscere e affrontare il problema ha fondato l'associazione AIDEFAD.

 

di Cristina Da Rold

Quando Claudio comincia a prendere atto che l’idea che aveva di se stesso e quella che gli altri avevano di lui poteva non essere la verità, era già alla soglia dei trent’anni. Tanti anni di depressione, di psicofarmaci, di diagnosi diverse fino a quella di Disturbo bipolare. Anni di consumo di droghe e alcol e anni spesi solo nel suo appartamento isolato in un piccolo paesino della Toscana a fissare lo schermo della televisione – mi racconta – completamente spento dall’azione sedativa dei farmaci e profondamente convinto che in quanto ‘malato di mente’ nessun’altra alternativa gli spettasse.

“Per tutta la vita, ogni giorno, mi guardavo allo specchio la mattina e non riuscivo a ritrovarmi in quel riflesso. Come se non fossi davvero io, ma vivessi in una bolla ovattata e non fossi in grado di trovare la strada per cominciare a cercare la verità su di me”.

La storia di Claudio

Siamo a Venezia, è il 1979. Il bambino che diventerà presto Claudio Diaz ha 10 giorni e viene adottato da una famiglia dell’alta borghesia cittadina. Da subito ci si accorge di qualche alterazione nel comportamento, ma non ci si fa troppo caso. In quegli anni si pensava ancora che i problemi del bambino si risolvessero automaticamente con l’adozione, che un contesto sereno e agiato avrebbe appianato qualsiasi difficoltà iniziale.

Oggi sappiamo che l’ambiente, pur importante, non è sufficiente, soprattutto i danni sono permanenti. Claudio non lo sa e non lo saprà per trent’anni, ma lui è stato esposto durante la gravidanza ad alcol e droghe e alcuni suoi problemi rientrano nel disturbo dello spettro fetale alcolico, FASD (Fetal Alcohol Spectrum Disorders) un insieme di effetti negativi che possono manifestarsi nei bambini la cui madre ha bevuto alcol durante la gravidanza. I danni causati dall’alcol in gravidanza sono ampiamente descritti nella letteratura scientifica, minori conoscenze invece si hanno sulle droghe.

Il FASD può determinare ad esempio deficit cognitivi e di sviluppo psicomotorio, iperattività, problemi di linguaggio e di attenzione, fino ad arrivare alla sua espressione più grave che è la FAS (Sindrome Alcol Fetale) che può manifestarsi con malformazioni caratteristiche al volto, ritardo di crescita, disfunzioni del sistema nervoso centrale.

L’Associazione AIDEFAD, la prima e unica in Italia, è stata fondata da Claudio appena due mesi fa e vuole rispondere alla necessità di far conoscere questo problema, promuovere la possibilità di far diagnosi e di prendere in carico pazienti bisognosi di interventi di cura e riabilitazione.

Crescere senza una diagnosi

In Italia sono ancora poche le persone che hanno avuto una diagnosi FASD, ma il problema è più diffuso di quanto si pensi, come si evince da uno studio fatto dall’Università La Sapienza di Roma effettuato su bambini di scuole primarie nel Lazio. La ricerca ha stimato una prevalenza compresa tra il 4,0 e il 12,0 su 1000 di FAS, e tra il 2.3% e il 6.3% dell’intero spettro della FASD, mentre a livello mondiale i disturbi FASD riguardano circa 1%. della popolazione globale.

Poiché non si conosce la quantità di alcol (ma anche di droghe) che possa recare danno, le raccomandazioni dell’OMS sono di astensione assoluta in gravidanza. Nei bambini adottati i danni da esposizione ad alcol sono particolarmente frequenti, specie per chi arriva dai paesi dell’Est Europa, mi spiega Claudio. Il problema è che non ci sono sintomi uguali per tutti, né fisici né psicologici, e non c’è nemmeno, nella maggioranza dei casi, un vero e proprio ritardo mentale, ma solo un raggiungimento più lento delle tappe evolutive.

Claudio cresce e nonostante non presenti tutti i dismorfismi facciali che interessano praticamente solo il 10% delle persone con FASD, si vede che qualcosa non va. Claudio non è felice, la sua ingenuità – lui la chiama così – gli rende difficile relazionarsi con gli altri, capire di chi fidarsi. Claudio è spesso nervoso, iroso, aggressivo, e si trova a disagio all’interno della famiglia adottiva del Lido Veneziano. A un certo punto, mentre mi racconta la sua storia, Claudio mi dice una frase che mi colpisce.

“Dai 5 anni ai 30 io non mi sono mai sentito davvero accolto, specie a scuola”.

Quando arriva l’adolescenza, siamo a metà degli anni Novanta, inizia il consumo di alcol e poi di droghe, comportamento frequente per chi è esposto ad alcol o droghe in gravidanza, assieme a problemi di salute mentale, con il lavoro, la giustizia, la scuola. Claudio si mostra sempre più instabile e cominciano le prime diagnosi psichiatriche fra cui quella di disturbo bipolare, che ha portato alla prescrizione di diversi psicofarmaci.

Nel 2010 Claudio ha quasi trent’anni e la comparsa di una cisti coccigea lo obbliga a farsi operare, pensando a una cosa di lieve entità, senza immaginare che invece sarà l’inizio di un calvario che esiterà solo molto tempo dopo nella diagnosi di ‘paraparesi spastica ereditaria’, una malattia del primo motoneurone. A Claudio in realtà questa notizia salva la vita.

“Sembra quasi irrispettoso dirlo, nei confronti di chi soffre della malattia, ma da quando ho avuto questa sentenza, che significa comunque per me non riuscire a camminare autonomamente e avere tutta una serie di problematiche riconducibili a una mielopatia, ho capito che dovevo fare qualcosa. Mi ha spinto a indagare finalmente su me stesso, a guardare finalmente oltre lo specchio”.

L’inizio di AIDEFAD

Claudio inizia a indagare ma solo pochi mesi fa, nel febbraio 2018, viene a sapere finalmente la verità su di sé. Non può conoscere i suoi genitori, sono entrambi morti. Sua madre in giovane età, nel 1992, di AIDS. Claudio scopre infatti che entrambi erano tossicodipendenti sin dalla prima adolescenza e che la madre non ha mai smesso durante la gravidanza di assumere alcol e droghe in maniera massiccia.

“Sono in contatto con la mia famiglia biologica, in particolare con mia nonna, che mi ha aiutato a ricostruire il mio passato. Mi ha raccontato tutto senza reticenze. Anche che il marito, cioè il padre di mia madre, era a sua volta alcolista, e dei quattro figli che ha avuto, tre sono morti per le conseguenze del consumo di droghe in età giovanile.” Ha un fratello biologico Claudio, anche lui adottato, ma che ha vissuto una vita peggiore della sua. “Lui l’ha conosciuto nostro padre. L’ha portato lui a fare il primo buco”.

La storia è molto forte, ma tutto ha finalmente un senso per Claudio. Le difficoltà relazionali, l’aggressività, la depressione, i disturbi dell’integrazione sensoriale. Claudio non ha un Disturbo bipolare, Claudio è un bambino che è stato esposto ad alcol e droghe durante la gravidanza della madre.

“Fondamentale per non avere una vita come la mia e quella di mio fratello e delle nostre famiglie adottive è la diagnosi precoce per mettere in campo un approccio multidisciplinare, ma sono pochi i medici che ci pensano, ancora oggi. Io oggi non assumo più psicofarmaci e, grazie alla cannabis terapeutica, posso fare a meno di assumere dei farmaci legati alla paraparesi spastica. Ho seguito dei percorsi psicologici che mi hanno aiutato a capirmi, a gestire i momenti di aggressività che mi capitano quando sono sovraccaricato sensorialmente o emotivamente. Sbotto, e poi mi scuso e spiego il perché del mio gesto inappropriato. Capisci, è questa la differenza rispetto a prima: io ora posso spiegare perché mi capita. E non mi vergogno più di me stesso”.

Oggi Claudio mi dice di essere felice. Ha una vita piena, una compagna, dei progetti importanti e “aver dato vita all’Associazione AIDEFAD è stato per me fondamentale poiché ha dato un senso al mio travagliato percorso di vita”.

Il 16 novembre 2018 a Roma si è tenuto il convegno “La Sindrome feto alcolica: stato dell’arte” organizzato da CRARL e SITAC. In quell’occasione è stata presentata AIDEFAD e il Comitato Scientifico comincerà a definire i rapporti con i massimi esperti in Italia su FASD al fine di perseguire uniti gli obbiettivi dell’associazione. Oltre a formare e informare, AIDEFAD si prefigge di mappare il territorio italiano e cominciare a mettere le basi per ampliare e concretizzare la diagnosi e la presa in cura non solo per i bambini e per la FAS, ma anche per gli adolescenti e adulti e per l’intero spettro FASD.

AIDEFAD – APS ha sede a Spresiano (TV), ma sin d’ora è ramificata su tutto il territorio italiano e aderisce ad EUFASD Alliance (www.eufasd.org). Per informazioni è possibile scrivere a [email protected], visitare il sito www.aidefad.it, la pagina FB Associazione Italiana Disordini da Esposizione Fetale ad Alcol e/o Droghe o iscriversi al gruppo collegato alla pagina.

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Questo articolo è stato pubblicato qui

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