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«Al referendum ho votato “sì”, anche se…». Intervista a Margherita Hack

«Il problema non è il nucleare, sono gli italiani a essere inaffidabili»: Margherita Hack, in un’intervista, spiega la propria posizione

Margherita Hack è stata la prima donna a dirigere un osservatorio astronomico in Italia, dando un considerevole contributo alla ricerca per lo studio e la classificazione di molte categorie di stelle. Svolge tuttora un’importante attività di divulgazione scientifica, con una mente straordinaria, che non sembra allontanarla dalla realtà delle cose e dalle questioni importanti. A seguito dei risultati di un referendum che ha toccato un tema a lei caro, il nucleare, seppur contesa tra tutti i media, ha risposto con passione e prontezza alle nostre domande.

Professoressa, si è svolto da poco una tornata referendaria importante, che ha riguardato anche la questione del nucleare. Qual era e qual è il suo pensiero?

«Sul nucleare sono a favore della ricerca: sarebbe un danno gravissimo per l’Italia arrivare a bloccarla com’è successo dopo Chernobyl. Sa qual è il vero pericolo del nucleare in Italia? Sono gli italiani stessi, la loro inaffidabilità e la loro superficialità, le infiltrazioni della malavita nelle questioni sociali ed economiche. Un popolo che non riesce a sbarazzarsi dei rifiuti a Napoli, che paga profumatamente la Germania, mandando treni carichi di rifiuti che potremmo benissimo riutilizzare noi, che costruisce case per gli studenti senza travi, provocando vittime, com’è successo con il terremoto a L’Aquila, non può essere in grado di gestire con competenza e serietà l’attività di impianti nucleari».

Quindi, nuove centrali nucleari in Italia, sì o no?

«Non credo che per il momento in Italia siano necessarie. Vero è che l’Italia è completamente dipendente dall’estero per l’approvvigionamento energetico, comprando energia nucleare dalla Francia, mentre meno del 20 per cento della nostra energia deriva da fonti rinnovabili; acquistiamo energia anche dalla Svizzera, dalla Libia, dall’Ucraina. Dovremmo impiegare l’energia solare, utilizzata più dalla Svezia che dall’Italia, che è il “Paese del Sole”. Certamente, le rinnovabili non saranno sufficienti per i bisogni sempre crescenti dell’industria, quindi si dovrà tornare a riconsiderare il nucleare, anche se, attualmente, mi sembra ci sia una classe dirigente assolutamente inabile a gestirlo. Poi c’è da considerare anche il problema di conformazione geologica dell’Italia, che è un Paese sismico. Purtroppo, tornando al referendum, sono situazioni in cui non si può dare un parere articolato, o è un “sì” o è un “no”: essendo conscia che in questo momento storico in Italia non servono nuove centrali nucleari, ho risposto “si” al quesito referendario, ma senza che questo significhi, in assoluto, la volontà di bloccare la ricerca».

In base a quello che è successo in Giappone, quali sono gli accorgimenti che andrebbero adottati per evitare disastri?

«Intanto, lo ripeterò sempre con forza, proseguire con la ricerca: dai disastri si impara sempre. Quello che ha causato la tragedia a Fukushima è stato lo tsunami: i giapponesi avevano previsto un’onda anomala di 10 metri che invece è stata di 20, altrimenti gli impianti di raffreddamento avrebbero retto. Certamente, se fossimo nelle stesse condizioni del Giappone, l’Italia sarebbe stata già rasa al suolo da tempo immemore. È comunque fuori luogo, dopo quello che è successo a Fukushima, avere tanta paura del nucleare quando, in Italia, milioni di abitanti vivono intorno alle falde del Vesuvio, che non è affatto morto, ma il giorno che esploderà provocherà una catastrofe sicura».

Lei ha affermato che le centrali nucleari vanno gestite con maggiore serietà. Cosa significa?

«Ribadisco: occorre una serietà che, per ora, in Italia non è stata dimostrata in alcun modo da parte della nostra classe dirigente. Viene preso tutto sotto gamba, troppo. Se a questo aggiungiamo che siamo un Paese sovrappopolato, che non ci sono spazi desertici e, quindi, con grandi difficoltà anche a trovare vaste zone per collocare impianti rinnovabili, il quadro che emerge è alquanto desolante e preoccupante».

Giacché ci siamo, tornando al recente referendum: un suo parere sul legittimo impedimento?

«Certamente: anche sull’acqua. Quelli sono stati dei “sì” certi e convinti, perché considero il legittimo impedimento una vergogna, visto che la legge è uguale per tutti. L’acqua è un bene prezioso che deve restare pubblico. Quindi tre delle mie risposte sono state dei “sì” decisi».

E sul nucleare ha davvero votato “sì”? I titoli di alcuni quotidiani riportavano sue frasi che avrebbero fatto pensare a un suo “no” sul referendum: come ha votato in verità Margherita Hack?

«Confermo che anche per il nucleare ho votato “sì”: è stato un “sì” dubbioso e sofferto, perché ho a cuore la ricerca, ma ho votato “sì”».

 

L’immagine: foto di Margherita Hack.

Mafalda Bruno

(LM MAGAZINE n. 17, 20 giugno 2011, supplemento a LucidaMente, anno VI, n. 66, giugno 2011)

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