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AgCom: nel nome del diritto e dello stato di diritto contro lo stato di polizia

Il nostro problema più grave è lo scarto tra il pericolo e l'allarme che siamo capaci di dare. Rischiamo tutti di essere come il bambino che gridò al lupo al lupo. Perché se guardiamo all'entità e gravità delle misure contenute nei regolamenti AgCom, ci rendiamo subito conto di essere di fronte ad una replica. E' davvero il primo attacco alla libertà della rete cui assistiamo?

Andiamo, su: con la scusa del gioco d'azzardo, ci hanno imposto il blocco dei dns stranieri e il principio che debba essere lo stato a decidere cosa è gioco d'azzardo e cosa no. Con il pretesto (incontestabile) della pedopornografia ci hanno fatto ingoiare la pratica che le forze di polizia - non la magistratura, attenti - si rimpallino di giorno in giorno, e modificandolo ogni giorno, un elenco di siti proibiti. E nessuno di noi ha il coraggio di parlare, vista l'infamia del "male" perseguito. E visto che siamo in materia: come si conducono le indagini su fenomeni come l'attacco di anonymous? E ancora: per intercettare un altro cattivo e antipatico, è stato costruito un virus che ha trasformato il computer di quella persona in un perfetto microfono per l'intercettazione ambientale.

Vogliamo spostarci verso la magistratura? Non è per niente scontato che sia passata la convinzione che i blogger non siano da perseguire come giornalisti qualunque? In Sicilia due volte un blogger antimafia si è visto condannare per "stampa clandestina". Avete letto bene: stampa clandestina. Nel 2011.

Ma torniamo ai primi casi segnalati. Guardate lo schema "narrativo" della censura: c'è sempre un cattivo: Bisignani, il pedofilo, il sito che ti ruba i soldi col gioco d'azzardo, l'hacker maligno, il pirata che distrugge l'industria dell'intrattenimento. Noi dobbiamo rinunciare a un pezzetto di libertà in cambio della lotta a questi fenomeni deprecabili. Se l'Italia non fosse appestata da ideologie giustizialiste che hanno da tempo sdoganato ogni violazione della forma e del diritto, qualcuno dovrebbe dire che non è così normale che le forze di polizia si mettano a fare, a loro volta, le cyberguerre, perché è questo che sta accadendo. E noi? Noi gridiamo ogni volta alla censura. Ed ogni volta bombardiamo a tappeto, senza intelligenza. Perché è troppo la parola censura per l'AgCom. Tutte queste sono pillole di censura. Insieme faranno il veleno, ma ognuna si presenta come curativo. Bisognerebbe alzare la voce. Ma nel nome del diritto e dello stato di diritto contro lo stato di polizia. Dite che in Italia c'è questa cultura? Non è vero.

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