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Acquistare in mondo responsabile | Mettiti nei miei panni

Gli abiti che indossiamo possono contenere sostanze nocive per la salute ed essere realizzati sfruttando i lavoratori e danneggiando l’ambiente. I consigli per scegliere in modo responsabile

 

Mettiti nei miei panni

Con l’arrivo della primavera giunge l’immancabile appuntamento del cambio di stagione che mette a dura prova la calma interiore di ogni abitante su questa terra. Cosa tenere? Che cosa dare via? Sono questi i grandi dilemmi ai quali dobbiamo sottoporre il nostro io. Ironia a parte, siamo al corrente davvero di cosa c’è nei nostri guardaroba e di cosa ci mettiamo addosso? Vale la pena ricordare che siamo persone e non manichini e che la nostra pelle, dove poggiano i vestiti, è l’organo che rappresenta la prima barriera di difesa del nostro organismo. E che camicie, pantaloni, intimo e altri indumenti sono fatti da persone che meritano retribuzioni dignitose e ambienti di lavoro salubri. Argomenti “dimenticati” nelle rubriche di moda dove conta il brand, la griffe o l’estetica pura e non la sostanza. Sicuramente quello che indossiamo esprime la nostra personalità, ma tralasciare i diritti dei lavoratori o la possibile presenza nei tessuti di sostanze chimiche dannose per il corpo appare insensato. Sappiamo molto sulla sostenibilità alimentare, ambientale, ma sembra non interessarci quello che indossiamo. Eppure il dietro le quinte della moda non è ignoto, basta avere il desiderio di indagare e agire in modo consapevole. Ecco qualche consiglio per il nostro bene e la tutela di chi li produce.

Acquistamo meno vestiti usa e getta

Saldi? Black friday? Scontissimi nel negozio sotto casa? Non facciamoci ingannare: abbiamo veramente bisogno di quel capo? Spesso dietro la presenza dei prezzi bassi, c’è una realtà fatta di sfruttamento degli operai e lavoro minorile, di uso di prodotti chimici e danni ambientali. Quando acquistiamo capi di abbigliamento dobbiamo scegliere abiti di qualità, fatti per durare nel tempo e non per essere utilizzati per un’unica stagione. Spenderemo un po’ di più, ma di certo risparmieremo nel lungo periodo.

Scegliamo prodotti solidali e sostenibili

È vero che ancora molti brand non investono per il cambiamento del settore, tuttavia non dobbiamo pensare alla moda etica come inesistente. Esistono molti marchi che hanno fatto scelte solidali seguendo determinati criteri:

• retribuzione corretta dei lavoratori.

• produzione artigianale.

• tracciamento della filiera delle materie prime e della produzione.

• impiego di fibre naturali e biologiche.

• assenza d’uso di sostanze chimiche dannose per lavoratori e ambiente.

• valutazione e certificazione dell’impatto ambientale dell’intero ciclo produttivo del prodotto.

 

Impariamo ad autoprodurre

Saper cucire è un arricchimento delle capacità personali. Anche senza realizzare l’intero vestito, il solo il rammendo è un ottimo modo per sistemare abiti o accessori che altrimenti finirebbero nella differenziata e per contribuire alla sostenibilità della moda. Lo stesso vale per i lavori a maglia o con il telaio. Per imparare esistono corsi, tutorial e forum online, manuali e molto altro. E ci sono pure realtà che fanno del cucito una vera arte della solidarietà, come l’associazione Cuore di maglia (METTERE LINK http://cuoredimagliablog.blogspot.it/p/chi-siamo.html) che realizza a mano abiti per scaldare i piccoli nati prematuri.

 

Vestiti non da buttare, ma da recuperare

Quando i vestiti sono rovinati o usurati e non sono adatti per essere donati, si possono recuperare le parti preziose. Scucire cerniere, staccare bottoni e fibbie, ritagliarne pizzi, elastici, fodere, tutto materiale riutilizzabile per fare altri lavori di cucito. Per i capi in buono stato c’è quello che era noto come baratto e oggi si chiama swap party. Ritrovarsi tra amici o colleghi per scambiarsi i vestiti, per rinnovare il proprio guardaroba senza spendere un soldo e salvando dalla discarica abiti e accessori non più desiderati. La pratica si è talmente diffusa che ci sono luoghi o siti online dove poterlo fare anche con persone che non si conoscono. Un altro canale per evitare di gettare gli abiti è donarli alle associazioni che li recuperano per i meno fortunati o per destinarli ad altri scopi utili come, ad esempio, allestire le cucce per gli animali ricoverati.

 

L’etichetta che non c’è

Gli obblighi di legge sulle etichette del comparto della moda sono piuttosto modesti per consentire una scelta consapevole. Di fatto per essere a norma basta l'indicazione del produttore o del rivenditore, la composizione fibrosa espressa in lingua italiana e in percentuale, e l’etichetta di origine “Made in…”, per altro poco significativa in quanto non indica la provenienza dei materiali, ma soltanto dove è avvenuta l’ultima trasformazione o lavorazione sostanziale atta a dare le caratteristiche di prodotto nuovo. D’obbligo è pure la marcatura CE sui prodotti che riguardano la sicurezza e la protezione. Viceversa sono volontarie le informazioni riguardanti la manutenzione (istruzioni per lavare e stirare) e i marchi di certificazione rilasciati da organismi riconosciuti come Ecolabel, Global Organic Textile Standard, Oeko-Tex Standard 100 e Blue Angel Mark. Indicazioni, queste ultime, utili, ma spesso omesse sui capi. Meglio allora scegliere abiti con tinte chiare, poiché i colori scuri (soprattutto nero, blu e rosso) possono nascondere tracce di nickel, e di fibre naturali che limitano l’assorbimento di possibili sostanze nocive.

 

Qui il numero completo della rivista

 

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