• AgoraVox su Twitter
  • RSS
  • Agoravox Mobile

 Home page > Attualità > Istruzione > Abolire il valore legale del titolo di studio

Abolire il valore legale del titolo di studio

La Costituzione italiana non dice che la Repubblica promuove i laureati ad ogni costo. Parla di «capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi»: soltanto loro vanno sostenuti. Se il "mercato" tiene sempre meno al "titolo", è perché il titolo è sempre meno vicino alle professioni, al cambiamento, al mondo globale, alle reali capacità e conoscenze dell’individuo. Se la laurea vale così poco, un modo per aiutarla è quello di eliminare la finzione che invece valga molto solo perché lo dice la legge. Il valore legale del titolo di studio è il principale muro che si oppone ad un sistema fondato sul merito.

Professionalità, anzianità, esperienza, formazione permanente e non carta appesa in salotto, per dire finalmente basta all’illusione che nella vita sia sufficiente studiare (!?) una volta sola per fare "carriera" sempre! Più in generale l’abolizione servirebbe a far competere tutti gli aspiranti lavoratori solo sulla base delle capacità e conoscenze, senza dar peso al semplice possesso di un titolo. Naturalmente, la discussione non riguarda il settore privato nel quale ogni datore di lavoro è libero di decidere con quali requisiti operare la selezione del personale! Una laurea con valore legale è il lasciapassare per un’altra colossale finzione: che studiare alla Bocconi, alla Sapienza o a Roccacannuccia sia la stessa cosa.

=================================================
DOPO LA «FREGATURA» DEI 40euro STANZIATI PER IL RINNOVO DEL CCNL, ADESSO ATTENZIONE AI CONTRATTI INTEGRATIVI!
=================================================


Prima la beffa, adesso pure l’inganno! Ne ha parlato la televisione di Stato, ne hanno scritto tutti i giornali e ne abbiamo discusso anche noi su queste pagine. Tutti ricorderanno i famigerati “dottori” della "San Pio V" e di altre pseudo-università più o meno telematiche! Tutti ricorderanno la trasmissione di Rai Tre “Report” nella quale si denunciava il business delle lauree facili per militari, poliziotti, carabinieri, finanzieri e ministeriali.

Lauree ottenute
, o meglio “comprate in offerta promozionale”, senza il ben che minimo sforzo, se non quello economico, nel giro di pochi mesi, in barba a chi sui libri e nelle aule universitarie ha sudato sette camice per arrivare a quello che un tempo era considerato un ambito traguardo! Ebbene, dopo aver finanche premiato i novelli “dottorini” con borse di studio e centinaia di ore di permesso/studio - alle spalle di impiegati meno studiosi che continuavano a portare avanti, oltre alle loro, anche le pratiche dei colleghi universitari - talune pubbliche amministrazioni, di concerto con le organizzazioni sindacali, adesso si apprestano a spalancare le porte delle progressioni di carriera non al merito ed alla produttività, non a chi lavora, non alla capacità e alla competenza, ma a chi presenta il “pezzo” di carta!


La forzatura più evidente la si registra nell’Area Funzionale III del comparto ministeri, (ex Area C con le posizioni economiche C1, C1s, C2, C3, C3s) laddove non avviene, come fatto in precedenza, una trasposiozione sistematica tra vecchie e nuove posizioni economiche (Esempio: C1->F1, C1s->F2, C2->F3, C3->F4, C3s->F5, ecc, ecc), ma si crea uno sbarramento (alla Fascia retributiva F4) che solo chi ha il "sudato" pezzo di carta potrà superare, anche stavolta senza il benché minimo... "sforzo"!

Questi sono "i concreti strumenti" introdotti dal Ddl-Brunetta per la riforma delle pubbliche amministrazioni? Questi sono i metodi di incentivazione della produttività e della qualità della prestazione lavorativa? Questi i "criteri oggettivi" per misurare il contributo ed il rendimento del singolo dipendente pubblico? Questo è premiare i più capaci e meritevoli? La consegna delle future carriere dirigenziali ai "laureati last-minute" sta solo celebrando un funerale già da tempo annunciato, quello della Pubblica Amministrazione!



P.S.

Ci scrive un lettore: «La prima volta che sono andato negli Stati Uniti, dopo la laurea, mi sono firmato "Dr" per fare il figo ed un mio interlocutore mi ha chiesto: "in quale ospedale operi?". Ed io: "no... beh... ho la laurea in scienze della formazione!" Al che lui si è messo a ridere e mi ha detto: "qui in America chiamiamo Doctor solo chi è medico"!».

Caro amico lettore,
se il suo "interlocutore" un giorno avesse la malaugurata sorte di vennire a fare un giro per i corridoi di uno dei tanti, forse troppi, ministeri italiani, avvertirebbe la strana sensazione di stare in una corsia di ospedale, non tanto per la lenta agonia in cui versa ormai da troppo tempo la Pubblica Amministrazione, quanto per la moltitudine di dottori, dottoresse e adesso pure dottorini che vi... "operano" !
 

Commenti all'articolo

  • Di Truman Burbank (---.---.---.114) 22 gennaio 2009 22:49

    Comincio dal fondo:
    Non è esatto dire che negli USA il titolo di dottore è riferito solo ai medici, per esempio basta guardare wikipedia "Doctor of Philosophy, abbreviated Ph.D. or PhD for the Latin philosophiæ doctor, meaning "teacher of philosophy", (or, more rarely, D.Phil., for the equivalent doctor philosophiæ) is an advanced academic degree".
    Il problema è che negli USA, paese di analfabeti, nemmeno sanno il significato delle parole che usano (mi riferisco alle masse, non alle elites sempre più rare).

    Per il resto l’abolizione del valore legale del titolo di studio porterebbe solo a rinforzare il valore del denaro contro il merito delle persone: il figlio di papà si compra il titolo di studio della migliore università mentre il morto di fame resta analfabeta. Il discorso è lungo e non tutti gli effetti sarebbero negativi, ma non è difficile vedere che l’articolo ci propone il modello degli USA, il paese degli analfabeti (ripeto, mi riferisco alle masse).

Lasciare un commento

Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina

Se non sei registrato puoi farlo qui


Sostieni la Fondazione AgoraVox







Palmares