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ATAC: emergenza per chi? La privatizzazione non è una soluzione

I 5 Stelle sono saliti al governo di Roma promettendo cambiamento. Scegliendo la via del "concordato preventivo" per ATAC, la più grande municipalizzata della città, questa promessa viene tradita. 

Si tratta di una forma blanda di fallimento che metterà nelle mani di un giudice e dei creditori le sorti degli 12.000 dipendenti e delle centinaia di migliaia di cittadini che ogni giorno prendono i mezzi pubblici in questa città. La logica dell'emergenza finanziaria, la logica dei sacrifici vince ancora una volta. Il massacro dei diritti che ci sta impoverendo tutti mentre in pochissimi si arricchiscono non si ferma.

Noi non ci stiamo a capitolare così! Le cose devono cambiare davvero e solo una lotta tenace e diffusa, un'alleanza tra cittadini e lavoratori potrà farlo!
Affrontando uno a uno i veri problemi. 

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Emergenza finanziaria?

Tutta la stampa sottolinea il debito di ATAC, 1,3 Mld di €, molto grande per un'azienda che ha ricavi di quasi 1 mld l'anno. Bisogna sapere però anche guardare dentro i numeri: come risulta dall'ultimo bilancio approvato, quello del 2015, gran parte di essi, quasi 500 mln, sono nei confronti del Comune di Roma. Ma non ci sono solo debiti, ci sono anche i crediti. E dei 600 mln di crediti che risultano in attivo, la maggior parte di essi l'azienda li vanta nei confronti dello stesso Comune! Inoltre risultano altri 500 mln di crediti da parte della Regione Lazio, che l'ATAC però ritiene difficilmente esigibili e quindi non iscrive nell'attivo di bilancio. Cosa vogliamo dire con questo? Che il principale problema finanziario dell'azienda in questo momento è un problema di finanza pubblica, di istituzioni che si scaricano reciprocamente i costi e i problemi dovuti a risorse sempre più carenti, con il sistema politico che anziché risolvere il problema lo alimenta con divisioni reciproche e veti incrociati. Sbloccando questa situazione si potrebbe uscire dall'emergenza e avere tempo di affrontare il problema del debito verso fornitori - che è la vera questione urgente - e con le banche, cercando soluzioni di lungo periodo. La scelta del concordato è invece la resa della politica! Decidere per il concordato preventivo senza una discussione in Commissione e in Assemblea Capitolino, per poi delegare a un tribunale e alla decisione di un giudice le sorti dell'azienda pubblica è un atto autoritario che può avere effetti imprevedibili e rischioso per il personale e, paradossalmente, per lo stesso bilancio del Comune.

A decidere ancora una volta sarebbe la logica dell'emergenza, quella della crisi, il ricatto permanente del debito. Ce lo sentiamo ripetere ormai da anni: abbiamo vissuto al di sopra delle nostre possibilità, siamo in debito e dobbiamo pagare il conto. Solo che la crisi l'hanno prodotta banche e speculatori privati mentre a fare i sacrifici dobbiamo essere noi! Mentre le banche private vengono salvate con i soldi dello Stato, le aziende pubbliche vengono svendute o commissariate e noi ci saremo vigilati da un giudice ed espropriati di fatto della gestione e della possibilità di rilancio del trasporto pubblico per ripagare i crediti che le banche ci hanno gentilmente concesso.

Ma noi abbiamo già pagato, è una vita che paghiamo, di sacrifici ne abbiamo fatti fin troppi! Per questo bisogna difendere il trasporto pubblico e al contempo lottare contro il ricatto del debito di Roma, contro i vincoli di bilancio, contro le politiche imposte dal Governo di concerto con l'Unione Europea negli interessi della grande finanza. Altrimenti non si potranno mai cambiare le cose davvero! Mascherarsi dietro i vincoli tecnici ed economici significa solo arrendersi nell'unica battaglia che conta davvero: quella per condizioni di vita e di lavoro dignitose per la maggioranza dei cittadini.

Emergenza strutturale?

I problemi di ATAC non nascono di certo oggi: l'azienda ha bilanci in rosso da diversi anni, per quanto le perdite si siano ridimensionate negli ultimi tempi. In questo periodo le entrate sono rimaste più o meno le stesse, con un aumento dei ricavi dovuto alla vendita dei biglietti: nonostante tante chiacchiere, infatti, l'evasione non supera il 10% e ormai i ricavi da titoli di viaggio hanno raggiunto quasi un terzo delle entrate complessive. 

A fronte di spese che però hanno sempre sforato i conti, quello che manca davvero è il sostegno delle istituzioni, sono gli investimenti pubblici. Lo scrive chiaramente la Cassa Depositi e Prestiti in un documento uscito quest'anno: "per anni, infatti, sono stati quasi azzerati i finanziamenti statali in conto capitale [al Trasporto Pubblico Locale] e i vincoli imposti dal Patto di Stabilità Interno hanno compromesso i finanziamenti degli Enti Territoriali al TPL. A ciò si è aggiunta una significativa riduzione delle compensazioni in conto esercizio che ha ulteriormente assottigliato i margini per l'autofinanziamento aziendale."

A Roma in particolare questo si è tradotto nell'aumento drammatico dell'età media dei mezzi di superficie, che con i loro 15 anni sono ormai tra i più vecchi d'Europa: nel 2016 erano operativi circa 1.200 autobus quando nel contratto di servizio ne erano previsti 1.600. Tutti gli altri soffrivano di continui guasti di esercizio. Oltre ai disagi per gli utenti, l'interruzione delle corse che questo comporta abbassa drammaticamente la produttività e fa levitare i costi della manutenzione e dei pezzi di ricambio, in cui si annidano poi tanti sprechi e interessi opachi. Così è chiaro che l'azienda è destinata a soffocare! Tantopiù che opera in una città difficilissima, nel cui centro si riversano ogni giorno le milioni di persone che vivono nelle periferie e le cui strade scarseggiano di corsie preferenziali mentre abbondano di buche!

La verità è che per risparmiare bisogna investire! Per questo va aperta una partita con il Governo per ottenere investimenti che sostengano l'azienda. Tutelando e promuovendo così il trasporto pubblico, che, ricordiamolo, è un bene di tutti che rende più vivibile la nostra città, decongestiona il traffico e abbassa lo smog; è un patrimonio per tutte quelle persone che ogni giorno si svegliano e vanno a lavorare e non possono permettersi di buttare soldi in macchine e benzina. Unendo a questa lotta quella per una città in assoluto più vivibile, che non sia in mano a palazzinari e speculatori, il cui centro sia abitabile, che non sia bloccata dal traffico e da strade dissestate.

Salvare Atac da se stessa

In un quadro di dissesto strutturale e finanziario l'azienda è stata preda degli appetiti più rapaci. Due clamorosi scandali hanno coinvolto direttamente la politica: quello di "Parentopoli", che travolse la giunta Alemanno, con l'assunzione di circa 300 persone tra quadri e amministrativi, 50 delle quali addirittura illecite secondo la recente sentenza del tribunale; e quello, ancor più sensazionale, dei "biglietti clonati", frutto di un'inchiesta de La Repubblica: una sorta di "servizio deviato" interno all'ATAC in grado di produrre e distribuire dei biglietti in proprio, dividendo i proventi a managers e politici di destra e di sinistra, che secondo le stime del giornale sarebbe arrivato a sottrarre fino a un quarto dei proventi dei titoli di viaggio per dieci anni.

Il torbido però si concentra soprattutto nelle intricate trame di appalti e subappalti dei servizi esternalizzati e delle consulenze, dove si annidano sprechi, conflitti d'interesse e condizioni di lavoro inaccettabili. Tanto che a intervenire è stata spesso la magistratura. Alcuni esempi? Il caso dell'appalto per la manutenzione delle trasmissioni e delle idroguide, che di punto in bianco moltiplica il suo valore da 2.4 a 12.3 milioni di euro. Indagini interne hanno poi rivelato che l'azienda manutentrice, la DriveLine, fatturasse manutenzioni inesistenti o fosse arrivata addirittura al furto di 20 motori di autobus sostituiti con alcuni di camion! Oppure il caso, confessato dall'ex AD Gabbuti alla procura di Roma, delle consulenze da 1,2 mln di € affidate a una società a lui stesso riconducibile. O anche quello degli appalti di manutenzione ordinaria, che alla fine l'ATAC sta reinternalizzando proprio per risparmiare, portati avanti da ditte che puntualmente ritardavano nel pagamento degli stipendi dei propri operai, causando disagi gravi a loro e al servizio.


 

Il problema non è solo l'impatto economico immediato di questi sprechi, che di certo non basta a motivare uno stato di crisi che ha radici più profonde - come abbiamo visto. Il problema è quello che di cui questi scandali sono sintomo: l'uso parassitario dell'azienda da parte della politica, la collusione e la corruzione di una dirigenza strapagata (ricordiamo ad esempio il buono uscita di oltre un milione di euro dell'ex AD Cassano!) con interessi privati esterni che hanno contribuito a spolparla. Perché così anziché invertire la tendenza, anziché allargare e rilanciare una battaglia per salvare l'azienda e il trasporto pubblico, difendendo i diritti di cittadini e lavoratori, si è soltanto contribuito a screditarla e affossarla.

Per questo la lotta per investimenti e risorse per l'azienda e il trasporto pubblico deve essere accompagnata da una lotta contro gli interessi privati e politici che vi lucrano sopra. Innanzitutto attraverso l'internalizzazione della maggior parte dei servizi. E poi cambiando la logica dell'apparato dirigente, la logica di gestione: basta con manager strapagati con buonuscita milionarie, basta con uomini soli al comando che si presentano come salvatori della patria, come i tanti AD che si sono susseguiti negli ultimi anni: per risolvere i problemi del trasporto pubblico romano ci vuole una conoscenza capillare e quotidiana dei problemi della città, ci vuole un contatto con i cittadini e con i loro disagi. Ci vuole maggiore protagonismo degli autisti anche nei ruoli gestionali e un controllo dal basso, popolare del servizio e delle scelte aziendali! 

Colpa dell'autista?

In prima linea a subire le conseguenze dello sfacelo del servizio pubblico c'è il personale operativo, in primis gli autisti, che opera con mezzi fatiscenti con gravi ripercussioni su un servizio inadeguato e sulla crescita delle numerose malattie professionali. Sono anche i primi a subire la rabbia degli utenti, imbestialiti per i disagi dovuti alla disorganizzazione e alle difficoltà dell'azienda e che hanno negli autisti un facile bersaglio con cui sfogarsi. Anche perché i giornali, spesso riprendendo le parole di qualche dirigente strapagato in cerca di visibilità, dipingono una realtà scandalosamente distorta. Ne abbiamo sentite di tutte dai giornali in questi anni: dai macchinisti pagati quattromila euro agli orari di lavoro di tre ore al giorno per gli autisti... Falsità clamorose, ovviamente, di cui anche la politica spesso ha approfittato per lavarsi le mani e trovare il capro espiatorio con cui prendersela.

La verità è questa: l'ATAC ha 12.000 dipendenti, meno di 6.000 dei quali autisti. Il resto altro personale operativo (operai, ecc.) e amministrativo. Gli autisti sono meno di quelli che servirebbero, eppure l'azienda dal 2009 ha smesso di assumere. Per questo in tantissimi hanno innumerevoli ferie arretrate, perché se andassero in vacanza il servizio si bloccherebbe. Fino al 2015, per questo, abbondavano gli straordinari, che arrivavano a coprire il 20-30% servizio. Straordinari a cui tanti autisti ricorrevano anche per recuperare un po' di salario dato che la busta paga media è tutt'altro che stellare, ma si aggira intorno ai 1.200-1.300 €.

Dopodiché nel 2015 è stato introdotto un nuovo contratto di secondo livello che ha reso di fatto strutturale lo straordinario rimodulando i turni, aumentando i carichi di lavoro e penalizzato i diritti dei lavoratori come la malattia e il ricorso alla legge 104 (cosa considerata illegale dalla Cassazione ma che continua a vigere). Parlano tutti di aumento della produttività, peccato però che se le vetture non girano per i guasti continui, per il traffico bestiale, per le strade dissestate, la produttività non potrà mai crescere. La verità è che la maggior parte degli autisti il proprio turno lo passano in rimessa nell'attesa di una vettura, che il più delle volte non c'è! L'unica cosa che crescerà in futuro sarà la perdita dei nostri diritti e lo sfruttamento di chi lavora!

Per garantirsi la pace sociale dentro l'azienda la dirigenza e la politica hanno offerto sponde a molti sindacati, in particolare i confederali, garantendo avanzamenti di carriera ad alcuni iscritti di punta, regalandogli alcuni appalti (come il caso della mensa) e lasciandogli alcuni margini di gestione del personale, ad esempio nella distribuzione dei turni, per continuare ad accrescere le piccole clientele di iscritti, la gestione dei fondi integrativi, come il Priamo. Il risultato? I grandi sindacati hanno smesso di lottare per i diritti di tutti, hanno contribuito a dividere i lavoratori e hanno badato soltanto ai privilegi di pochi. Una vera inversione del ruolo del sindacato!

Gli autisti vengono attaccati dai giornali. Giornali che attaccano quotidianamente i lavoratori pubblici con l'obiettivo di è far apparire ogni diritto come un privilegio, per rendere accettabile e normale il clamoroso attacco ai diritti di tutti i lavoratori, pubblici e privati, che si sta consumano. E nascondere così i problemi strutturali, per la gioia dei politici in cerca di capri espiatori. La verità è che i dipendenti ATAC, lavoratori come noi, sono i nostri principali alleati. Quando difendono le loro condizioni di lavoro, difendono i diritti di tutti lavoratori. Quando difendono i diritti di tutti sono i primi a mettersi di traverso, a spazzare via quello logiche sindacali distorte che badano solo alle proprie clientele e che sono condiscendenti o conniventi con lo sfascio dell'azienda. Per questo sostenerli è nel nostro interesse! Come nel nostro interesse è una battaglia per la diminuzione dei carichi e dell'orario di lavoro. Mentre il nostro Paese e la nostra città sono devastanti da una disoccupazione a due cifre la cosa più razionale da fare non è di certo spremere ancor di più chi lavora ma ridistribuire il lavoro! Ci vuole una politica di assunzioni in ATAC, per lanciare un messaggio a tutto il Paese: lavorare meno e lavorare tutti! 

La privatizzazione non è la soluzione

Si potrebbe parlare a lungo dei risultati reali delle privatizzazioni nel nostro paese. Si potrebbero citare gli ultimi disastri della vicenda Alitalia, oppure, tornando al trasporto pubblico di linea, al caso delle privatizzazioni dell'APS di Padova e dell'ATAF di Firenze, dove il servizio è peggiorato insieme alle condizioni di lavoro. O, sempre per rimanere nel settore ma andando oltre i confini nazionali, del passo indietro che stanno facendo a Londra rispetto alla privatizzazione della metro proprio per gli effetti nefasti che questa ha comportato. Ma non c'è bisogno di andare così lontano: per trovare un esempio di come funziona il privato si può rimanere entro i confini della nostra città. In pochi sanno, infatti, che da più di 10 anni più del 20% del trasporto di superficie periferico è stato affidato alla Roma TPL una azienda privata.

I risultati? Beh i disagi sono gli stessi o anche maggiori di quelli delle altre linee ATAC: corse ridotte la domenica, mezzi vecchi, scarsa manutenzione, lunghe attese alle fermate. E in tutto questo gli autisti ricevono uno stipendio più basso e lavorano più ore rispetto ai loro colleghi dell'ATAC che svolgono le stesse identiche mansioni, subendo inoltre la tragica beffa dei continui ritardi del pagamento dello stipendio. Questo anche perché Roma TPL a sua volta subappalta ad altre ditte e consorzi, creando un sistema opaco e fuori controllo, che ha portato spesso all'esasperazione e alle conseguenti, sacrosante, proteste degli autisti creando un ulteriore disservizio tra scioperi e blocchi.

Non possiamo non essere d'accordo, quindi, con quanto scritto dalla Sindaca Raggi: "Con il privato vige la legge del profitto a discapito di quella della solidarietà e del servizio, scendono in campo interessi economici che tolgono sostanza al servizio e che nulla hanno a che fare con le mirabolanti soluzioni sponsorizzate dai partiti politici. Non vogliamo creare disparità nel trasporto pubblico; non vogliamo linee o tratte maggiormente servite, perché più convenienti, e altre deliberatamente messe da parte perché poco remunerative". Peccato però che la stessa giunta voglia aumentare l'affidamento del servizio a Roma TPL da 30 milioni di km-vettura a 40 attraverso un bando a due lotti!

Per questo diciamo NO a false soluzioni liberalizzatrici che servono solo ad arricchire nuovi speculatori! Chi crede che ATAC sia la causa di tutti i problemi pensi al caso della costruzione della metro C, su cui ATAC non ha avuto alcun ruolo e che ha visto dilungarsi i tempi dagli iniziali 66 mesi a 84 (27% in più), tagliare 10 delle 40 stazioni previste e lievitare i costi dagli iniziali 2.2 miliardi di euro agli attuali 3.7. Una situazione molto sospetta che ha portato anche all'interessamento dell'Autorità Nazionale Anti-Corruzione e che è il frutto dell'attività rapace delle grandi aziende private fuori controllo.

Perché finiscano situazioni di questo genere vogliamo il ritiro del bando a due lotti che aumenterebbe l'affidamento a Roma TPL e, anzi, l'internalizzazione di tutto il servizio con assorbimento della manodopera che dovrà avere a quel punto lo stesso trattamento di quella di ATAC!

Tra i numerosi articoli scritti su ATAC consigliamo:
Autobus immobili, autisti in movimento. Il trasporto pubblico romano tra crisi, privatizzazioni e lotte
ATAC, oltre le menzogne. La verità di chi lavora

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