• AgoraVox su Twitter
  • RSS
  • Agoravox Mobile

 Home page > Attualità > Società > A Savona un libro sugli immigrati (quasi) lontano dagli stereotipi

A Savona un libro sugli immigrati (quasi) lontano dagli stereotipi

“Un libro lontano da stereotipi, lontano da schieramenti di parte, lontano dai luoghi comuni”, lo ha definito l’Assessore alla Provincia di Savona Pietro Santi ma non è proprio così.

Quando fu presentato per la prima volta lo scorso giugno in Provincia, l’ente pubblico che con i soldi di tutti i cittadini ne ha sponsorizzato la stampa e la diffusione, l’Assessore ai Servizi Sociali dell’istituzione medesima Pietro Santi, del Popolo delle Libertà, ebbe a dire:“Finalmente un libro che ci offre un affresco del pianeta immigrazione lontano da stereotipi, lontano da schieramenti di parte, lontano dai luoghi comuni”. Stiamo parlando di “Mamma vado a vivere in Italia” un volume, scritto fortemente secondo le volontà della provincia di Savona, che si prefigge l’obiettivo di presentarci quasi tutte le diverse nazionalità di immigrati presenti nel nostro paese in un’ottica positiva mediante la tecnica dell’intervista ad alcuni di loro operata da alcuni giovani virgulti della letteratura sotto la supervisione dello scrittore iraniano Hamid Zariati. Ora, però, che il libro sta per approdare sugli scaffali delle librerie del Ponente ligure, ad iniziare dalla nota Libreria Ubik di Savona, dove verrà ripresentato domani alle sei del pomeriggio, è necessario al di là dei commenti trionfalistici dell’assessore provinciale Santi e dei suoi estensori approfondire un po’ alcuni temi che lo stesso vuole toccare.

 Innanzitutto il libro desidera fornire un mosaico, il più preciso possibile, del fenomeno immigrazione in provincia di Savona ed allora ecco che vengono tratteggiate le personalità di un attore argentino, un medico albanese, un benzinaio senegalese, un’infermiera somala, un muratore peruviano ed una cameriera brasiliana. Personalità e figure, dunque, lontane anni- luce dagli stereotipi dell’immigrato extra- comunitario clandestino e criminale tanto care a buona parte della società italiana di quest’inizio del secondo decennio del terzo millennio. D’altronde è stato scritto grazie anche all’apporto di esponenti di spicco delle comunità immigrate in Italia come l’ecuadoregno Antonio Garcia, presidente di Usei, l’ Unione degli ecuadoriani in Italia. Tutto bene quasi per tutti però: i tanto vituperati romeni, considerati dall’opinione pubblica insieme ai magrebini, come la peggior feccia che abbia mai messo piede sul suolo italico, ne escono, infatti, con le ossa rotte. A rappresentarli non c’è una persona che, come gli esponenti delle altre nazionalità, vive di un lavoro regolare ma una giovanissima prostituta che vende per poche decine di euro il proprio corpo sui rettilinei dell’Aurelia nell’Albenganese. Anche dei marocchini si parla male: infatti a rappresentarli è un carcerato. “Per voi italiani noi donne romene siamo sempre e solo delle prostitute, delle ladre e delle rovina- famiglie da cui bisogna stare lontani se non si vogliono guai. Non vi sopportiamo più. Ci avete rovinato con i vostri giudizi terribili. Tante di noi, oneste lavoratrici, sono uscite di testa dopo aver avuto a che fare con voi, sono diventate pazze. Adesso è ora di dire basta con questa continua denigrazione ed umiliazione”: a parlare così alcune operaie provenienti dalle cittadine della provincia valacca o della Moldavia romena, incontrate alle fermate degli autobus nel centro di Savona, che si chiedono : “Ma le nostre Associazioni, la nostra Diplomazia perché non intervengono?”. A dir la verità pure a qualche esponente dell’opposizione in Consiglio provinciale è venuto qualche dubbio sul fatto di ritenere “Mamma, vado a vivere in Italia” un volume lontano dagli stereotipi sugli immigrati e si è chiesto perché mentre albanesi, sudamericani od asiatici vengono tratteggiati mentre svolgono lavori più che onorevoli, i romeni debbano sempre far parte del mondo dell’emarginazione o della criminalità ma poi ha pensato di lasciar cadere la cosa non pensando magari a quali distorsioni culturali possa portare la lettura di questo libro, un vero e proprio lasciapassare verso al “Romenofobia” più truce ed atroce.


 


 

 


 


 



 


 


 

Commenti all'articolo

  • Di Sergio Bagnoli (---.---.---.189) 8 ottobre 2011 17:23

    Buongiorno a tutti:

     

     

     

    Risposta a Sergio Bagnoli ed alla comunità romena in Italia.
    Pronunciarsi in maniera decisa contro qualsiasi cosa o situazione senza averne approfondita la conoscenza costituisce errore. E’ ancora più grave quando un’opinione viene divulgata pubblicamente cercando di fuorviare la visione altrui sull’operato di persone che da anni si dedicano agli altri per scelta di vita.

    “Find the cure” è un gruppo di individui di diversa estrazione, priva di preconcetti di ordine politico e religioso, basti pensare che non conosciamo reciprocamente la simpatia politica dell’uno o dell’altro, ammesso che ve ne sia una. Dal 2006 il presidente fondatore di FTC, Daniele Sciuto, si muove per il mondo condividendo la propria vita con le persone che incontra. Lui è un medico e cura chiunque senza chiedersi chi sia il buono o il cattivo.

    Si immagini ora che quest’uomo, per riconoscenza dell’accoglienza ricevuta, contatti uno come me e gli chieda di fare un libro, per dire benvenuti a tutte quelle etnie che lo hanno accolto e fatto sentire a casa quando era uno straniero nel mondo. Da questa volontà nasce “Mamma vado a vivere in Italia”. Un progetto di 12 mesi di duro lavoro, con la partecipazione di persone che vedono nell’immigrazione una grande risorsa, un’energia nuova. Italiani che vedono un’Italia aperta sul mondo, che ha nell’accoglienza la possibilità
    di sublimare il proprio territorio.

    Dunque le affermazioni di un certo Sergio Bagnoli ci amareggiano: descrive il nostro libro come pregiudizievole nei confronti di Romeni e Marocchini, solo per aver saputo che gli intervistati erano, la prima una prostituta, ed il secondo un carcerato. Se lo stesso signore avesse letto i due racconti, avrebbe capito che sono uno, una storia di grande coraggio di una ragazza che si libera di una vita che le è stata imposta con la violenza, e che l’altro parla di un uomo vittima di una “mala giustizia”, inoltre avrebbe notato che, riguardo la provenienza dal Marocco, vi sono due storie e l’altra parla di un’ottima infermiera professionale. La scelta degli immigrati è stata volutamente casuale; abbiamo creduto che la casualità avrebbe portato una testimonianza oggettiva del fenomeno, priva di interpretazioni nostre. E credo che così sia stato. Non volevamo scrivere un’ode all’immigrato. La sorte ci ha portato davanti, anzi sbattuto in faccia, una ragazza di strada di origine romena. Lo stesso caso ci ha privato all’ultimo della sua dichiarazione poiché sparita all’improvviso. Proprio questo ci ha fatto decidere di scrivere quel racconto. Forse anche una provocazione diretta a chi passando ogni sera sulle nostre strade dimentica che quelle ragazze sono sorelle, madri, figlie. Ci siamo resi conto che quando si parla di prostitute il significante supera di gran lunga il significato, condannando loro alla schiavitù con la complicità dell’indifferenza. Dunque perché non scrivere di chi non è mai rappresentato e nemmeno ascoltato? Perché non riportare alla dimensione di vera donna chi per condanna non esiste più socialmente? Ho personalmente scritto quel racconto con grande senso di responsabilità, ed ho scritto di una vera donna piena di speranza e generosità che fugge via augurandosi che a nessuno tocchi la stessa vita.

    Quindi orgogliosamente raccontiamo di quelle ragazze che sono state dimenticate sia dall’Italia che dalla Romania, altrimenti non sarebbero in quella condizione. Per concludere, ritengo che sia fatta loro grande offesa da chi non vuole che se ne parli, umiliate ancora di più da chi le disprezza poiché un fenomeno che riguarda anche la propria nazione, ancora una volta sfruttate persino da un tale che non sa leggere ma vuole scrivere.

    Il problema delle donne di strada riguarda molto l’immigrazione Romena in Italia e non vogliamo tacere l’argomento, ma nessuno di noi ha voluto rappresentare la Romania con la prostituzione, esattamente come non vogliamo rappresentare la Somalia con un’infermiera od il Senegal con un benzinaio… Chi offende la Romania è chi cerca di fomentare l’odio xenofobo con dichiarazioni completamente lontane dalla realtà del nostro libro.

    6/10/2011

    Alberto Barbero

     

    Gentili Direttore, Vicedirettore e Caporedattore,

    sono il dott. Daniele Sciuto, medico fondatore del progetto umanitario Find The Cure, associazione no profit nata nel 2006, con progetti in campo sanitario, istruzione e alimentazione in India, Africa ed Haiti. L’associazione oltre a seguire progetti in campo internazionale, porta avanti sul territorio italiano diverse iniziative, compresa la tutela e sensibilizzazione dell’immigrazione e interculturalità, una tra queste la campagna nazionale “Io curo non denuncio” contro l’emendamento volto a sopprimere il comma 5 dell’art. 35 del Testo Unico sull’Immigrazione che sancisce il principio di non segnalazione alle autorità dello straniero che accede alle strutture sanitarie, messo in pericolo tre anni fa. Sono l’autore insieme allo scrittore Alberto Barbero del libro “Mamma vado a vivere in Italia” oggetto di forte critica da parte del vostro giornale con articolo pubblicato in data 4 ottobre dal vostro giornalista Sergio Bagnoli. Ritengo tale articolo molto superficiale ed inesatto nei contenuti, e soprattutto nelle ultime righe, distante dal diritto di critica e più vicino alla diffamazione. Più di tutto, mi amareggia constatare che tale articolo distorca il messaggio negli occhi della opinione pubblica, di un lavoro fatto con grande animo verso tutta la comunità migrante, a noi molto cara, rendendolo invece uno strumento dai toni politici e atto ad aizzare ingiustamente gli animi della comunità rumena. A tal proposito abbiamo preparato una risposta ai contenuti espressi nel vostro articolo che chiarifichi i nostri intenti e le nostre motivazioni. Fatene l’uso che ritenete migliore, sicuramente ne apprezzeremo la pubblicazione da parte della vostra rivista per correttezza verso il vostro pubblico e la nostra associazione. Mi preme segnalarvi che un danno di immagine a Find the Cure non incide su di noi che siamo tutti interamente volontari, ma bensì verso quei popoli bisognosi che Find The Cure sostiene tutto l’anno. Se interessati, saremo lieti di inviarvi copia del libro in questione in modo che possiate constatare il messaggio che questo testo porta con sè.

    Cordiali saluti

    Dott. Daniele Sciuto

Lasciare un commento

Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina

Se non sei registrato puoi farlo qui


Sostieni la Fondazione AgoraVox







Palmares