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Riflessioni sulla democrazia II° - Democrazia e razzismo

Può esistere la democrazia laddove ci sono discriminazioni razziali? Il Sudafrica dell’Apartheid, il Sud degli Stati Uniti con le sue leggi razziali e il territorio Palestina/Israele di oggi con le sue distinzioni tra israeliani ebrei e israeliani non ebrei e con i suoi soprusi continui sui Bantustan dove sono rinchiusi “indigeni” cristiani e musulmani; questi sistemi costruiti sull’esclusione e sul razzismo possono essere chiamati democrazie?

Forse devo precisare, per cominciare la seconda parte della mia riflessione/provocazione, che il mio discorso non è sulla democrazia nel suo senso etimologico cioè: potere del popolo, partecipazione, libertà di opinione e di espressione... è contro la democrazia liberale che è il prodotto della società capitalistica (di qualsiasi colore, latitudine o religione essa sia) che ha bisogno dello sfruttamento e della violenza per esistere ma ha inventato modi di praticare lo sfruttamento e la violenza lontano dagli occhi e quindi dalle coscienze dei suoi lavoratori-consumatori-elettori.

I sostenitori della causa palestinese spesso parlando del conflitto mediorientale rimettono in causa il concetto caro invece ai pro-israeliani: Israele unica democrazia del Medio Oriente.

Io invece tengo con questi ultimi. Israele è l’unica democrazia liberale di tutta l’area medio orientale. Così come il Sud Africa lo è stato per decenni in tutta l’Africa. Il razzismo, le discriminazioni, la violenza e le esclusioni non hanno mai tolto il titolo di democratico a nessuno. Non si capisce perché dovrebbero toglierlo solo allo stato ebraico.

Quando si pensa ai paesi a lunga tradizione democratica ci vengono subito in mente l’Inghilterra, gli Stati Uniti, la Francia... Questi paesi sono considerati democrazie da quasi tre secoli. Ed è partendo da loro che poco a poco il modello che tutti chiamiamo la Democrazia oggi si è diffuso in buona parte del pianeta. Eppure questi paesi mentre insegnavano all’umanità l’umanesimo, i diritti dell’uomo, la libertà... praticavano schiavitù, violenza, discriminazioni, leggi razziali su larghissima scala, tramite il colonialismo.

Ma oggi tutto ciò non esiste? Esiste e come! Dopo la seconda guerra mondiale. L’esempio americano si è diffuso tra tutte le potenze vincitrici del secondo conflitto planetario.


Il mondo è stato diviso a Yalta, non più in territori da invadere militarmente, anzi, la parola d’ordine è diventata: decolonizzazione. Ma in territori da tenere sotto la propria influenza politica, culturale e, ovviamente economica. Poco a poco il colonialismo fu sostituito dal Neocolonialismo: manipolazione della politica locale, basi militari, legioni straniere, spie, mercenari, contractors vari, mafie e signori della guerra. Ad ognuno i suoi "regimi amici".

In Francia, esiste una associazione che si chiama “Survie” (anche qui e qui). Tramite il suo sito, i suoi libri, le sue ricerche, le sue conferenze cerca di documentare come la Francia dall’epoca della cosiddetta decolonizzazione ad oggi, non ha mai rinunciato a controllare i territori dell’Africa francofona. Assassinii, massacri, Golpe teleguidati, cospirazioni, appoggi militari, interventi armati diretti (quando ce n’è bisogno), nessun metodo è troppo sporco per mantenere gli interessi delle multinazionali francesi. Si potrebbe raccontare la stessa cosa della Gran Bretagna, del Belgio e ovviamente del grande impero nordamericano. Anche l’Italia nel suo piccolo non è stata assente del tutto da questi giochi. Basta pensare al ruolo giocato nell’insediamento del dittatore Siad Barre in Somalia, del restauro della Monarchia in Iran nel 1953, nell’insediamento del dittatore Zinelabidine Benali in Tunisia.


Ora come si faceva e si fa tuttora a giustificare tutti queste ingiustizie sparse per il mondo? Come facevano e fanno questi stati che hanno tutti delle belle costituzioni, dove c’è scritto che gli uomini sono uguali in diritti e in dignità e che tutti hanno diritto alla vita, alla libertà... Come si fa a giustificare la distruzione di popoli interi... In realtà quello che una volta si spiegava con la superiorità razziale, oggi si spiega con la superiorità culturale. Le guerre delle multinazionali per il controllo delle risorse naturali sono travestite da guerre “etniche” o tribali. Si propagano storie di tribù che praticano il cannibalismo rituale (come nel caso dei Maumau, negli ultimi disordini che hanno scosso il Congo), di tagliatori di teste... stando attenti a non fare mai scoprire cosa si nasconde dietro. La superiorità culturale può giustificare anche l’intervento diretto, le guerre umanitarie... Gli interventi continui della Francia in Africa per mantenere i governi “amici” e gli ultimi interventi americani in Medio Oriente sono solo alcuni dei tanti esempi di questi “colpi di mano” dati ai poveri selvaggi che non ce la fanno da soli.

Ma il razzismo travestito, quello paternalista funziona soprattutto in tempi di vacche grasse. Quando all’ora di cena e del telegiornale per non far venire il mal di stomaco al bravo cittadino lavoratore-elettore-consumatore, gli si dice: “sì ma loro sono fatti così! Beato te che sei maturo, civile, e che hai scelto di nascere in questo sistema così perfetto”.

Invece quando le cose si complicano, quando il sistema del Welfare non funziona più, c’è bisogno di ricompattare il gregge. C’è paura di un lupo reale, visibile per far tenere le pecore tutte vicine vicine. Ecco allora che si cerca il capro espiatorio nel proprio territorio: Immigrato, clandestino, terrone, marocchino, zingaro, negro, esteuropeo, senza dimora fissa... non importa chi pur che sia uno facile da incolpare. Uno che faccia dimenticare al popolo l’entità reale dei suoi problemi. Basta che si senta un po’ l’aria di crisi che sul sistema “democratico” comincino a volare le ombre dei Pogrom.

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