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366 morti (premature) all’anno. Per Greenpeace costa caro il carbone delle centrali Enel

Parliamo di persone che diventano un costo ”nascosto” o da ignorare, che neanche appare sui bilanci delle imprese esposte sull’ambiente, semplicemente perché a pagarlo è la collettività. Quindi meno se ne parla meglio è: di sicuro aumentano i ricavi.

Ma la salute è un tema caro a chi si occupa di tutela dell’ambiente e, rinunciando alle tipiche azioni dimostrative, Greenpeace, ha preparato un dossier che pone Enel di fronte a precise responsabilità.

Lo ha realizzato l’olandese SOMO – Centre for Research on Multinational Corporations, società di ricerca non profit con quasi quarant’anni di esperienza e una indiscussa credibilità internazionale. Tutto si è concretizzato nel rapporto “Enel Today and Tomorrow – The hidden costs of the path of coal and carbon versus possibilities for a cleaner ad brighter future”, sintesi in italiano con il titolo "Enel, il carbone costa un morto al giorno", presentato a Roma nel corso del convegno “La produzione elettrica da carbone: impatti, esternalità, danni sanitari. Il caso Enel”.

Presente Fleur Scheele, ricercatrice di Somo e coautrice dello studio, Lauri Myllivirta, economista di Greenpeace International, Andrea Boraschi, responsabile Campagna energia e clima di Greenpeace Italia, Massimo Scalia, ordinario di Fisica ambientale all’Università La Sapienza e Giuseppe Onufrio, direttore esecutivo di Greenpeace Italia.

Non deve essere stato semplice entrare nel merito di valutazioni sugli impatti sanitari, ambientali ed economici della produzione elettrica da carbone di Enel in Italia e in Europa, e prospettare addirittura uno scenario molto promettente che la stessa azienda - leader nella produzione di energia elettrica in Italia e seconda in Europa per capacità installata, con presenze in numerosi paesi dell’America latina - potrebbe cogliere per passare ad energie rinnovabili con ricadute positive in termini economici, occupazionali e ambientali.

Ma purtroppo l’azienda Enel non appare tanto innovativa o smart come spesso la pubblicità vorrebbe far credere. Sono infatti ancora il carbone e l’idroelettrico le due fonti principali per la produzione di energia, seguono gli impianti a gas a ciclo combinato e quote minori per rinnovabile (un 7% dentro cui finiscono le biomasse che sono rinnovabili solo per legge) e impianti a olio combustibile e gas.

Ma ritornando al Rapporto Somo, il punto di partenza o meglio la metodologia utilizzata per analizzare una quantità impressionante di dati su Enel è stata fornita dall’Agenzia Europea per l’Ambiente (EEA) che lo scorso anno ha pubblicato uno studio sugli impatti sanitari, ambientali ed economici dell’inquinamento atmosferico prodotto dai principali impianti europei. In questa classifica, la ormai famigerata centrale a carbone Enel Federico II di Brindisi è posta al 18° posto sui 20 considerati. Ed il costo aggregato dei danni sanitari, economici e ambientali è stimato attestarsi tra i 536 e i 707 milioni di euro, per le emissioni relative al 2009 (fonte registro E-PRTR).

Utilizzando quindi la stessa metodologia dell’EEA (CAFE methodology), Somo e Greenpeace hanno ricavato un algoritmo/modello mirato ad evidenziare come le stime relative alle morti premature (vedi Tabella) “associabili alle emissioni della produzione elettrica con fonti fossili di Enel, per l’anno 2009, sono 460 in Italia, di cui ben 366 sono imputabili al solo carbone (ecco quindi il perché del titolo “Enel, il carbone costa un morto al giorno”).

Se quindi si estendesse la medesima metodologia all’Europa, dove Enel è presente con produzione elettrica da carbone, i morti (esclusa l’Italia) sarebbero stimati in oltre 720. Eppure la politica di Enel non sembra cambiare, cavalca sempre il carbone, quasi una punizione inflitta agli italiani per aver bocciato il nucleare, e non riesce a convincere le popolazioni su nuovi insediamenti, costretta in pratica a convertire impianti già esistenti. E se, come sembra, il gioco riuscirà con Porto Tolle e Rossano Calabro, per l’Enel la produzione elettrica da carbone superebbe il 50% e si stimerebbero in ulteriori 95 le persone morte prematuramente.

Il rapporto Somo, ricorda anche che il carbone viene utilizzato nel nostro paese da altri 5 impianti che fanno capo a EdipowerTirreno PowerA2A e EON, che insieme contribuirebbero per ulteriori 190 morti premature.

Ma per capire le dimensioni degli inquinanti immessi in atmosfera dalle centrali elettriche, Lauri Myllyvirta, economista di Greenpeece, contabilizza per l’Europa oltre 2 milioni di tonnellate di SOx (ossidi di zolfo) e NOx (ossidi di azoto), ben 70.000 t di particolato (PM), 140 t di arsenico, 140 t di piombo, 100 t di Nickel, 30 t di mercurio, 120 t di cromo e poi, se non bastasse, 190 t di Acetaldeide, 80 di formaldeide, che sono solo una parte di un elenco nutrito di altri composti nocivi.

Il particolato (PM2,5 e inferiore), di cui per capire le dimensioni è sufficiente ricordare che la sezione di un capello equivale a circa 60 micron (vedi immagine), arrivando agli alveoli polmonari è la minaccia dominante per i problemi legati alla funzionalità respiratoria e cardiocircolatoria, oltre che per la probabilità di contrarre, nel lungo periodo, un tumore. E il 90% delle morti premature sono proprio legate all’esposizione al particolato sottile e ultrasottile.

Ma l’affondo di Lauri Myllyvirta è sulla conversione della centrale di Porto Tolle a carbone, su cui erano intervenuti anche Scalia e Onufrio, che sia per i costi in morti premature (che in 40 anni potrebbero raggiungere le 2100 persone) da sommare alle 65.000 giornate perdute per malattia, sia per i maggiori costi dovuti all’impiego di nuove tecnologie di filtraggio fumi, renderebbe anche economicamente vantaggioso il gas o l’eolico, quest’ultimo basato su costi di investimento per le turbine, stimati da Bloomberg Energy Finance inferiori a quelli di IEA-International Energy Agency. Ad esempio una combinazione di gas ed eolico ridurrebbe la mortalità almeno del 95% e le emissioni di CO2 dell’80%, avrebbe minori incompatibilità ambientali e non danneggerebbe le economie dell’area legate al turismo.

E se proprio l’Enel fosse un’azienda smart, allora dovrebbe guardare oltre il carbone per progettare grandi impianti solari fotovoltaici come sta già avvenendo in Spagna con la centrale "Nunez de Balboa", in cui verranno investiti 750 milioni di euro, creando circa 2.100 nuovi posti di lavoro.

Suggeriamo, per un'agenda delle innovazioni possibili e dei risparmi economici e ambientali ottenibili, l'utilità di progettare reti di teleriscaldamento o la realizzazione di shore connection nei porti che contribuirebbe a diminuire l'inquinamento delle navi ormeggiate.

La dottoressa Fleur Scheele, ha anche voluto precisare che l’Enel è stata messa al corrente del progetto di Somo-Greenpeace e della metodologia seguita per analizzare i dati, ma l'azienda, pur non contestandoli, non ha approvato le conclusioni dello studio. Eppure, come sottolinea la ricercatrice olandese in “Enel: Today and Tomorrow”, disinvestire negli impianti a carbone è fattibile perché le rinnovabili sono disponibili, si risparmierebbero le vite di 366 persone, la società realizzerebbe risparmi sino a 1,8 miliardi di euro e potrebbe creare 427.000 posti di lavoro nella fase di costruzione e 8000 posti addizionali stabili.

E pensare che per anni chi si interessa di salvaguardia dell’ambiente è stato tacciato di essere sempre contro tutto, idealisti del non fare. Ora le cose stanno cambiando, ora che si vanno affermando strategie alternative e solide, sembra che siano le aziende, in uno stravagante scambio di ruoli, a non voler cambiare nulla.

Accade così che l’Enel, godendo di un consistente budget per la comunicazione, stimato, nel 2011, da Massimo Mucchetti, essere pari a 120 milioni di euro solo per l’Italia, mostri di essere interessata qusi esclusivamente a convincere le comunità locali della bontà del carbone . Ecco le sponsorizzazioni di feste, palazzetti dello sport, squadre sportive, esaltando sempre il potere salvifico dei benefici ricavabili dall’occupazione. Una parola magica che però regolarmente perde le sue virtù ad impianto ultimato, lasciando al territorio solo il fumo di un carbone che pulito non è; e, agli abitanti, costi sanitari crescenti nel tempo, oltre che danni economici alle imprese incompatibili con quegli impianti.

Ma anche sindaci e politici sposano spesso l'atteggiamento di coprire i buchi di bilancio o soddisfare regalie di ogni genere, chiedendo ad Enel di tutto e di più. Illuminante il caso di Civitavecchia, dove il sindaco uscente del PDL, prima del ballottaggio, ha promesso l'abolizione dell'IMU perché l'avrebbe pagata l'Enel. Davvero un'idea geniale. Chissà quanti abboccheranno e cosa succederà dopo le elezioni.

Così bisognerebbe ricordarsi di Alvin Toffler che circa venticinque anni fa scriveva: “Una società moralmente, politicamente, esteticamente o ecologicamente degradata non è una società ricca”. Potremmo aggiungere che non lo è neanche quella dove la vita delle persone è solo un numero e dove quasi nessuno viene punito per i danni procurati. Ecco anche perché diventiamo sempre più poveri, e non solo economicamente.

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