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119 giornalisti uccisi dall’inizio dell’anno. L’IPI denuncia troppa impunità

Il giornalista della radio-televisione siriana Basel Tawfiq Yousef è stato assassinato con tre colpi d’arma da fuoco nel soborgo di al-Tadamon di Damasco, a renderlo noto l’agenzia di stampa ufficiale "Sana". Secondo il comunicato gli insorti sarebbero i mandanti dell'attentato, spesso autori di violenti scontri a fuoco in quella zona della città con le forze lealiste. Il giornalista sarebbe stato ucciso perché considerato affiliato ai “shabbiha”, secondo quanto reso noto dall’Osservatorio Siriano per i Diritti Umani.

Giovedì, l’agenzia di stampa G1 riportava dell’esecuzione di cui era stato vittima Eduardo Carvalho, gionalista brasiliano e poliziotto in pensione. L’uomo stava rientrando a casa con la moglie quando è stato raggiunto da tre colpi di proiettile. Carvalho, 52 anni, era specializzato nella pubblicazione di storie critiche su politici e poliziotti, già l’anno scorso aveva ricevuto minacce di morte.

Nel rapporto pubblicato dall’IPI, Istituto internazionale della stampa, risultano essere 119 i giornalisti uccisi quest’anno, il dato più alto dal 1997. La ricerca comprende anche i cronisti che hanno subito vere e proprie esecuzioni mirate. Il paese che ha fatto registrare più vittime, 36, è stata la Siria, confermando il trend negativo denunciato dall’IPI dove i giornalisti diventano obiettivi per prevenire informazioni dall’esterno che possono compromettere le propagande deviate dei regimi. L’Istituto Internazionale della Stampa denuncia anche l’impunità che copre questi omicidi, come i 27 avvenuti in Africa di cui 16 solo in Somalia.

Sono 22 invece i cronisti deceduti in America Latina, tra Messico, Brasile Honduras, Colobia, Ecuador e Perù, in alcuni casi con violenti attacchi mirati. L’Asia conta 26 vittime di cui 7 in Indonesia dove però 5 hanno perso la vita per un incidente in elicottero.

Oggi 23 novembre è la Giornata internazionale per porre fine all’impunità (IDEI) tale evento è fissato proprio nel giorno dell’anniversario del massacro di Ampatuan nelle Filippine. Alla manifestazione organizzata dall’IPI ogni anno partecipano esponenti dell’Onu, dell’Unesco e dell’Ocse.

“È assai preoccupante che, nonostante un netto aumento degli sforzi internazionali per fermare gli attacchi contro i giornalisti, il numero delle morti di quest’anno sia tra i più alti registrati” sostiene il direttore dell’IPI Anthony Mills che continua: “L’uccisione di un giornalista è l’ultima e più insensibile forma di censura. Se non saremo in grado di fermare quest’ondata di impunità, queste uccisioni continueranno”.

 

Commenti all'articolo

  • Di pint74 (---.---.---.153) 23 novembre 2012 18:36
    pint74

    Chi fà il giornalista in zone calde,rischia,soprattutto se è in cerca di verità.
    LA crisi siriana non è come descritta da gran parte dei media ma qualcosa di ben più complesso,come in Libia...
    Forse questi giornalisti avevano scoperto qualcosa di scomodo e che non doveva essere diffuso?
    Fatto stà che hanno pagato cara la loro curiosità...
    Forse sono ancora i pochi giornalisti che cercano di fare il loro lavoro fino in fondo...

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