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10 consigli per crescere un bambino bilingue: intervista a Danuta Wojtaszczyk

Vi siete mai domandati perché nelle nostre società multietniche abbiamo ancora pochi poliglotti? Perché tutti vorremmo che i nostri figli imparassero almeno una lingua straniera, investiamo soldi in corsi e lezioni, ma facciamo fatica a insegnare loro la nostra lingua madre? Da queste premesse parte il libro “Naturalmente Bilingue. Guida pratica per genitori (e non solo)” a cura della giornalista polacca Danuta Wojtaszczyk.

 Il tema del bilinguismo è centrale nelle famiglie straniere o miste che vivono in Italia e che devono guidare il processo di apprendimento dei propri figli. Quello che spesso si sentono dire dagli insegnanti è di aiutare i bambini cercando di parlare in italiano tra le mura domestiche, ma questo può non essere un consiglio valido e, al contrario, può avere effetti completamente opposti. 

Per approfondire questo argomento Stranieriincampania ha incontrato Danuta Wojtaszczyk, insegnante, giornalista, attivista sociale, che ha ricevuto la Croce di Cavaliere dell’Ordine al Merito della Repubblica di Polonia. Danuta dopo la laurea quinquennale in filologia polacca presso l’Università di Danzica si è trasferita in Italia nel 2001. Anche se di mestiere fa l’insegnante di polacco, da 18 anni lavora come giornalista collaborando con diverse testate, in particolare la rivista d’informazione per i polacchi in Italia “Nasz Świat”, che fa parte del gruppo editoriale Stranieri in Italia. Nel suo libro sono raccolti i 10 consigli per crescere un bambino bilingue, l’opera è pubblicata con licenza Creative Commons Attribution 4.0, grazie al cofinanziamento del Senato della Repubblica di Polonia e può essere scaricato gratuitamente a questo link. 

Come nasce il libro Naturalmente Bilingue?

Lavorando in un ambiente internazionale, mi sono accorta che ci sono persone provenienti da diversi parte del mondo che hanno una capacità incredibile di parlare una seconda lingua. Queste persone di solito sono multilingue o bilingue fin dalla nascita perché sappiamo che in diversi paesi si parla più di una lingua. Poi io sono polacca e vivo in Italia, ma lavorando con i bambini polacchi e quando è nato mio figlio, mi sono accorta che c’è qualche problema nell’insegnamento delle lingue ereditarie, le lingue madri. Tante famiglie di immigrati hanno qualche difficoltà nel tramandare la propria lingua madre ai propri figli. Ed è un peccato perché poter parlare fluentemente più di una lingua è un investimento per i ragazzi. Nel libro volevo raccontare di questi ragazzi, ormai adulti, che io conosco, e che sono multilingue fin dalla nascita, per spiegare che insegnare la propria lingua madre, vivendo all’estero, non è una cosa complicata come spesso pensiamo. Anzi è una cosa molto semplice, basta adottare le giuste strategie.

A chi è rivolto il libro?

A tutte le coppie miste e a tutti i migranti che hanno scelto l’Italia come patria adottiva.

Qual è l’età per iniziare ad imparare una seconda lingua?

I ricercatori dicono che più piccoli sono meglio è, quindi da quando sono nati fino a 7 anni. In realtà ogni età è perfetta per insegnare ai bambini la seconda lingua. Non è mai troppo tardi! Ci sono diverse storie che mi piace raccontare, per esempio, lo scrittore Joseph Conrad, che è considerato uno dei più grandi scrittori moderni in lingua inglese, ma pochissimi sanno che non solo era polacco, ma che l’inglese era la sua terza lingua, che ha iniziato a studiare all’età di 21 anni. Quindi non è mai troppo tardi per imparare la seconda lingua. In questo libro io racconto le storie dei bambini e dei ragazzi che hanno iniziato a studiare la seconda lingua all’età di 16-17 anni, da adulti. Questo perché, di solito, i genitori hanno deciso di trasferirsi in un altro paese per lavoro. 

Che vuol dire essere bilingue?

Io quando parlo di bilinguismo infantile intendo che non è necessario parlare due lingue perfettamente. Essere bilingue vuol dire utilizzare due lingue regolarmente, sapersi esprimere senza problemi. Questo non vuol dire che dobbiamo conoscerle entrambe senza problemi.

Quali sono i vantaggi?

Dico subito che esistono solo vantaggi nell’essere bilingue. Per i bambini conoscere due lingue modifica la capacità di apprendimento in modo significativo. I bambini imparano qualsiasi lingua senza sforzo, per loro è come imparare a camminare. Inoltre sono avvantaggiati nello studio, è noto che quando passano dallo studio di una materia ad un’altra si adattano molto più velocemente, si concentrano meglio e focalizzano immediatamente l’attenzione sui dettagli di un compito. C’è anche un vantaggio sociale, comprendere due lingue e due culture aiuta ad essere tolleranti e a conoscere bene anche la cultura di un paese. Le persone bilingue diventano dei ponti tra culture. Ovviamente aiuta anche a trovare lavoro in campo internazionale. Gli svantaggi non ci sono. 

Nelle coppie miste capita che ci sia una resistenza del partner italiano sul far studiare la seconda lingua ai figli?

Sì, capita che lo faccia non solo il partner, ci sono casi in cui anche i suoceri possono opporre qualche resistenza. Di solito perché temono che l’istruzione bilingue confonderà il cervello del bambino, che avrà problemi a scuola e quindi che non impareranno bene l’italiano. Il problema è che vivendo in società principalmente monolingua non abbiamo dei modelli da seguire. Lo vedo anche tra i miei colleghi giornalisti che sono nati in paesi dove il bilinguismo è una cosa naturale, le nostre paure sono ai loro occhi ridicole. 

Possiamo sfatare questo mito?

Sì, io nel mio libro spiego i danni che comportano queste resistenze. Immaginiamo il papà italiano che vieta alla mamma straniera di insegnare la sua lingua al bambino. La mamma dovrà parlare al figlio esclusivamente in Italiano, ma questo italiano sarà poco corretto e spoglio, povero dal punto di vista lessicale, per non parlare della pronuncia e della grammatica. Succederà che questo modo sbagliato di parlare sarà trasmesso anche al figlio. Ai nostri figli dobbiamo parlare sempre la lingua che sappiamo meglio in assoluto, così da poter esprimerci in un linguaggio ricco dal punto di vista lessicale e corretto da quello grammaticale. Quando insegniamo ai nostri figli a parlare, non gli stiamo insegnando solamente un linguaggio inteso come codice, in realtà gli stiamo insegnando ad esprimere le proprie emozioni, a descrivere il mondo e comprenderlo attraverso le parole. Quando i bambini sono piccoli non insegniamo solo la lingua, ma attraverso la lingua. Nel mio libro ho inserito dieci regole che aiutano a crescere un bambino bilingue. E’ molto utile anche in quelle famiglie in cui ci sono resistenze.

Quale può essere il ruolo delle istituzioni, come la scuola o le amministrazioni locali, per favorire l’inserimento dei bambini stranieri?

Sicuramente devono intervenire e in alcune regioni lo fanno, ma ci sono delle differenze nei territori, penso che anche gli italiani se ne rendono conto. Nelle regioni in cui il bilinguismo è una cosa naturale non ci sono problemi neanche a livello scolastico. A 18 anni possono prendere anche un patentino che attesta che hanno studiato due o più lingue. In altre regioni non funziona così e capisco anche le insegnanti che si trovano a lavorare con questi bambini, perché hanno tanti ragazzi in classe e devono garantire un livello medio della classe senza avere gli strumenti adatti. Io che ho un figlio di circa dieci anni, mi accorgo che ci sono dei problemi anche nelle valutazioni. Dalla seconda elementare in poi si fanno gli invalsi e altri test, da cui possono emergere dei disturbi dell’apprendimento. Il rischio è che questi bambini risultino con problemi di apprendimento quando non ci sono perché magari si esprimono nello stesso modo in cui si esprime il genitore non italiano. Questi bambini tendono a ripetere gli errori dei genitori anche di pronuncia.

Quali sono le difficoltà che incontrano i genitori stranieri?

Una cosa che noto negli immigrati che arrivano in Italia portandosi dietro figli che non parlano per niente l’italiano è che gli insegnanti consigliano ai genitori di non parlare più la loro lingua di origine a casa, ma solo l’italiano. Il problema è che neanche i genitori parlano l’italiano quindi come devono fare a comunicare con i fligli? E’ meglio che insegnino la loro lingua madre perché tanto questi bambini sono comunque circondati dal mondo italiano. L’importante è che il bambino sviluppi una curiosità verso la lingua, legga libri, che abbia un lessico vasto, perché chi sa usare la propria lingua è facile che abbia un lessico vasto anche quando parla un’altra lingua. 

Potrebbe essere un vantaggio che le scuole intervengano permettendo di studiare anche agli italiani la lingua e la cultura dei compagni di classe che vengono da altri paesi?

Certamente, così come avviene in altri paesi europei. In Germania c’è una forte componente polacca e nelle scuole pubbliche tedesche gli studenti possono studiare anche il polacco. Lo fanno durante l’orario scolastico con un voto sulla pagella e poi alla fine possono sostenere anche l’esame di lingua. Questa è una cosa molto utile per il futuro. Per quanto riguarda il Governo polacco, ci sono delle scuole pubbliche dove studiare il polacco, ma ci sono anche scuole dove gli insegnanti sono volontari e fanno fatica a portare avanti le attività.

Un consiglio per gli insegnanti su come possono favorire il processo di apprendimento?

Riguardo ai bambini che arrivano con i genitori e non parlano l’italiano, quello che vorrei dire agli insegnanti italiani è di smettere di consigliare ai genitori di non di parlare la propria lingua adesso che sono in Italia. Questo crea solo un danno e non aiuterà il bambino ad apprendere prima l’italiano. 

Un cosiglio per i genitori?

Invece ai genitori dico di portare i propri figli al parco, nelle ludoteche, consiglio di partecipare agli eventi culturali, in modo che il bambino sia a contatto con la lingua e la cultura italiana. Dico questo perché sappiamo che ci sono comunità che tendono a chiudersi, non escono mai fuori e questo è un problema. Per i figli delle coppie miste in cui si crede che il bambino avrà problemi imparando due lingue, bisogna dire che assolutamente non è così, anzi avrà vantaggi rispetto all’apprendimento scolastico. 

Il consiglio è quello soprattutto di ricordarsi che i bambini seguono il nostro esempio e non i nostri consigli. Io ci tengo che mio figlio impari la lingua polacca, pur essendo nato e cresciuto qui, ma sono io che devo dare l’esempio, mi deve vedere con un libro polacco. Lo dico a tutti gli stranieri che vivono in Italia, dobbiamo dare il buon esempio anche in questo modo, frequentando le nostre comunità e parlando noi stessi la lingua che vogliamo tramandare. Altro consiglio e non dire mai ai figli “tu devi” perché avremo l’effetto contrario. Un rifiuto iniziale può essere anche normale, ma poi tantissimi ragazzi che hanno questo rifiuto intorno ai 15-16 anni, poi a 20 anni non ce l’hanno più e anzi lo sfruttano per poi trovare un lavoro che gli permetta di utilizzare entrambe le lingue. Quindi è importante non fare tanta pressione sui propri figli perché ha un effetto completamente contrario. Tantissimi bambini che sono nati e cresciuti in Italia, pur conoscendo il linguaggio dei genitori, non amano esprimersi in quella lingua, poi da soli cambiano idea quando visitano il paese oppure quando iniziano a frequentare le scuole della comunità.

Questo articolo è stato pubblicato qui

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